XILOGRAFIA, 

CALCOGRAFIA,     ACQUAFORTE

Uno dei più antichi sistemi di stampa del mondo è quello cosiddetto xilografico. La matrice, come già ho accennato, è costituita da una tavoletta di legno su cui viene inciso a mano, col bulino, una immagine, delle lettere o altro.

 
                 Giorgio Carpintieri - Acquaforte

Si legge sovente nelle storie della letteratura che tale antico sistema fu inventato dai cinesi nel VII secolo. Le xilografie illustravano i libri degli amanuensi e continuarono ad apparire nei libri stampati fino alla meta del 1800, sino a quando, lo ripeto, fu scoperta la fotomeccanica, altrimenti detta fabbricazione di cliché. Furono realizzate xilografie a più colori sovrapposti, ed alcune eseguite addirittura con tecniche chiaroscurali di eccezionale finezza da non aver davvero nulla da invidiare alle moderne elaborazioni fototecniche; quest’ultime forse più, come dire, ripetitivamente perfette, grazie ai mezzi, ma senz’altro inferiori alle prime come valore artistico. L’esigenza di moltiplicare le immagini fu pressante.
I caratteri di piombo non erano sufficienti ad estrinsecare alcuni concetti che sono e saranno sempre di carattere visivo. Fu sperimentata, ad esempio la calcografia, inventata nel 1450 da TOMMASO FINIGUERRA, parallelamente ai caratteri di Gutenberg. La tecnica consiste nell’incidere col bulino delle lastre di metallo, ma in negativo, in maniera che, all’atto dell’impressione, l’inchiostro, depositato nei solchi, aderisca alla carta con gradevoli caratteristiche di morbidezza. Con buona pace di Gutenberg, questo sistema di produrre uno stampo costituiva già allora il rudimento della moderna stampa rotocalco che sostiene, oggi, forse il 30% del mercato grafico generale. Tratterò ampiamente l’argomento più avanti. Solo nella metà del secolo XVIII la calcografia si traduceva in rotocalco, grazie ai componenti chimici fototecnici. Fu scoperto che collodio e bicromato divenivano sensibili alla luce, così sulle lastre di metallo veniva spalmata una colla mista a bicromato di potassio. Sovrapponendo alla lastra presensibilizzata una garza nera che fungeva da retino (ma in questo caso produceva alveoli e non punti a rilievo) insieme alla maschera costituente il disegno, la si esponeva al sole. Durante lo sviluppo la colla si scioglieva nelle parti non colpite dalla luce. Sulla lastra rimaneva la forma della figura copiata. Dopo la morsura dell’acido, si otteneva una matrice composta da una miriade di alveoli, al contrario del retino del cliché, costituito da migliaia di puntini in rilievo. 
Quindi: impronta digitale come cliché tipografico, sudore dai pori come rotocalcografia.

Furono dei pittori: DURER, tedesco e il nostro PARMIGIANINO a sperimentare un’altra tecnica per riprodurre illustrazioni: 1’acquaforte. Eravamo intorno al 1500. Gli artisti stendevano sulla lastra di metallo una resina speciale e provvedevano a scalfire la vernice indurita senza intaccare il metallo. A disegno ultimato si immergeva la lastra nell’acquaforte (acido nitrico) perché corrodesse le parti scoperte da vernice. Una volta ripulita la lastra da tutti i residui si procedeva per la stampa. Le matrici calcografiche e quelle ottenute con l’cquaforte non presentavano sostanziali differenze, sebbene ottenute con tecniche diverse. Quando lacquafortista, però incideva le lastre procedeva ad una vera e propria fase creativa. Impiegava tutto lingegno e l’estro nel comporre il disegno graffiando la vernice. E’ da notare, però, che a differenza delle altre tecniche ortodosse, non vi era malta possibilità di correzioni e modifiche.  

 IL PROTO NICOLA 

Con l’acquaforte, aguardiente, alcool o che dir si voglia, voleva risolvere i suoi problemi Nicola, un anziano tipografo napoletano che conobbi una ventina d’anni or sono all’ingresso di uno stabilimento tipografico campano. Era quella che si suol dire: una fredda mattinata di febbraio cinerea di bruma. S’intravedeva la figura curva di Nicola che, malgrado il primo dilucolo, compiva il gesto ripetitivo di portarsi la bottiglia alle labbra. Lo osservavo incupito e sentivo le estemità inferiori gelare nella guazza, quando il comando automatico provoco al cancello il suo rigoroso dirugginio.
Qualche minuto dopo Nicola mi esibiva le foto della consorte e dei tre figliuoli in età scolare, che diceva di adorare. Aggiunse che quel mattino aveva fatto storie con la moglie, forse per via del bere, ed era angosciato perché i ragazzi avevano assistito all’alterco. Quando il custode della fabbrica mi favori l’ingresso, Nicola si era gia dileguato nella nebbia trascinando una gamba. L’uomo mi prese sottobraccio e mi suggerì di non far caso a quello che diceva Nicola. Mi assicurò che una volta era il proto dello stabilimento grafico. Il custode si fece scivolare la mano manca sulla guancia canuta come per celare il disagio. Subito ciancicò che era stato adibito alle pulizie. Concluse che erano trascorsi dieci anni, ormai, da quel maledetto giorno che lo volle alla guida della sua Fiat 128, peraltro nuova fiammante, la prima ed ultima auto nuova della sua vita.
Quando la macchina andò a incastrarsi sotto la cabina di un autotreno sulla tortuosa Napoli-Pompei, la moglie e i tre figli morirono sul colpo. Nicola fu superstite per un vero miracolo. Miracolo? I giudici lo condannarono a... vivere insieme all’acquaforte. Quando nel ’70 tornai da Colonia, da emigrante, per mettere su la tanto agognata bottega a Torre del Greco, mi recai da Nicola. Certo: lo prendevo con me, giammai come spazzino, come proto. Bevevo con lui, se necessario, a costo di rigirare a bettola la tipografia nascente. Non sei solo Nicola, sei innocente. Sei in gamba, sai, ilmiglior proto di Napoli. Siamo intorno a te Nicola, non ti vogliamo spazzino. Siamo i napoletani di sempre, dimentichi il nostro cuore, la nostra solidarietà? Lancia via la bottiglia, ti vogliamo bene.
Il custode, quando mi avvistòsul ciglio del viale, abbasso gli occhi. Lungo la strada, nella mia sbandellata Fiat 600 arsa dal solleone, mi si chiuse la gola. Mai gli occhi bassi di un uomo avevano così bene traslitterato lalfabeto. Immaginai inequivocabili le parole. Aggiunsi nel mio pensiero: forse Nicola era gia morto da un pezzo.