pag. 11 Il Treno 8017

Balvano, 03 marzo 1944

30  morti  torresi

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Mario Restaino
Un treno, un'epoca: storia dell'8017

Aprile 1944, "Arti Grafiche Vultur" Melfi.

L'affascinante saggio del giornalista Mario Restaino è già da anni esaurito in libreria.
 I contenuti del libro sono stati esplorati da Pietro Spirito in un articolo del 1995 su "Linea Treno" (vedi pag. 10).
La squisita cortesia del dottore Mario Restaino mi ha consentito di riceverne una copia fotostatica del libro, dalla quale ho tratto alcuni brani che riporto qui di seguito.
L'accurata ricerca dei documenti e la passione profusa in questa lavoro meriterebbero, per il piacere dei lettori, la ripubblicazione del libro "Un treno, un'epoca: storia dell'8017"  



Locomotiva 476

(da "Un treno, un'epoca: storia dell'8017" di Mario Restaino)

CHISSA' QUANTE STORIE

La lettura degli atti redatti nei giorni successivi all'incidente è emozionante. Cinquant'anni dopo, quelle carte ingiallite "parlano" ancora e raccontano storie che non conosceremo mai del tutto. Ci vorrebbe un romanziere - e non uno che tenta una ricerca storica - per prendere un particolare ed esaltarlo ad "affresco" di un epoca.

Una delle cose che mi hanno colpito di più si trova nell' "Elenco degli oggetti rinvenuti su persone rimaste sconosciute". Ad un certo punto si dice: "Sesso femminile, sconosciuta. Età apparente anni 28 circa, capelli castani, abito blu con camicetta fiorata. Stato interessante. Oggetti rinvenuti: un fazzoletto grande con bandiera e croce uncinata ed una fotografia". Nient'altro, nemmeno una lira. Che ci faceva questa donna su quel treno? E' impossibile credere che volesse scambiare una bandiera nazista con del cibo, una volta giunta a Potenza. Ma allora? Era insieme a qualcuno? Ma perché, visto che era incinta? Tutte domande alle quali non sono riuscito a rispondere.

Ma è meglio procedere con ordine, nella consultazione delle carte relative alle vittime -identificate e non identificate - e agli oggetti trovati sul treno.

 

  In un documento figura "uno sconosciuto soprannominato Peppe il contrabbandiere". A matita, è stato scritto successivamente: "Identificato", senza altre indicazioni.

Poi c'è "un ragazzo dall'apparente età di anni 15, con pantaloni neri, probabilmente figlio di ferroviere. Rinvenuta la somma di lt. 570".

Sempre fra le persone non identificate, figura un "uomo apparente età anni 16, con biglietto ferroviario recapito Scafati. Ha indosso fotografia non somigliante allo stesso".

Più avanti si trova una "donna vestita abito maschile color blu, anni 30 circa, capelli castani", seguita da una "donna età 60 anni circa, vestito nero, capelli bianchi, ha indosso un medaglione di ragazza che non rassomiglia ad essa. L. 143/10".

E' poi la volta di un "uomo età apparente anni 30, vestito cappotto militare. Portafoglio contenente figurine religiose".

Viene trovato anche un "uomo sconosciuto vestito da marinaio apparente età anni 24. Ha indosso L. 1 antica, due boccette di « nero folletto », un coltello", ma a matita si avverte che è stato poi "identificato".

Palumbo Michele di Giulio fu identificato attraverso "una tessera partito comunista di Napoli n° 03295. Oggetti rinvenuti lire 35,50"

Fra gli sconosciuti si trova: "Sesso femminile, sconosciuta. Età apparente anni 15 circa veste sottana e giacca blu con sciarpa strisciata rosso nero al collo, capelli castani, statura normale. Oggetti rinvenuti una penna stilografica".

Segue, subito dopo: "Sesso maschile, sconosciuto. Età apparente anni 40 circa, mano destra paralizzata, sciarpa nera al collo. Oggetti rinvenuti N.N.".


Locomotiva 480

Più avanti: "Sesso maschile, sconosciuto. Età apparente anni 25 circa. Veste cappotto militare g. v. un secondo cappotto americano, sciarpa bianca di lana al collo scarpe militari pantalone grigio scuro. Oggetti rinvenuti lire 600.00". E' certo che uno dei due cappotti, se non entrambi, sarebbe rimasto a Potenza. Cosa certissima per uno sconosciuto elencato poco più avanti, trovato coperto da due giacche e senza soldi.

In questa lista, vi sono anche due uomini in possesso di biglietti ferroviari, da Battipaglia a Potenza e da Salerno a Potenza.

Apre un altro documento "Pepe Salvatore di Pasquale di anni 17, contadino, da Muro Lucano oggetti rinvenuti, lire 5,50, un portafoglio di tela cerata, un permesso per viaggiare, un pettine, 11 pacchetti di tinta nera"

Dopo di lui si trova Forte Antonietta che, oltre a 1.806,00 lire, ha "un portafogli di tela cerata con una fotografia, ed un notes, due fedi una di oro e una di argento".

Non meglio di Scarano Luigi, che possedeva "lire 3.309,00 con portafogli di pelle ed una fede di ottone". Fra gli sconosciuti -poco prima de1la donna incinta -si legge ad un certo punto : "Sesso maschile, sconosciuto. Età apparente anni 35 circa, …………

 

(Si tratta di un elenco di povere cose, di persone diverse, di miseria e di mistero. 

Ma quanta commozione può nascere dalla lettura di un elenco burocratico, il sesso, l'identità, l'età, un vestito, ecc. ecc.

Eppure quanta importanza assumono quei freddi dati per la ricostruzione di un modo d'essere, di una realtà sociale provvisoria nella nostra storia.

"...11 pacchetti di tinta nera" l'occorrente per mimetizzare la provenienza militare americana della lana.

"...fede di ottone" ricordo della campagna "l'oro alla patria" ecc. ).


L'ingresso della Galleria di Balvano.

FOSSE COMUNI
Nelle quattro fosse comuni scavate nel cimitero di Balvano nei giorni immediatamente successivi all'incidente furono sepolte 402 persone: 324 uomini e 78 donne.
Questo risulta ma non si riesce a stabilire con esattezza il numero delle vittime della sciagura. Il sistema usato fu il seguente: ad ogni cadavere fu applicato un cartellino numerato, che rimanda all'elenco delle vittime.

A seconda della fossa nella quale veniva adagiata la salma, il numero veniva riportato su uno schema.

Il numero più alto fra quelli inseriti negli schemi e 422, fossa numero 4, dove furono seppelliti -si legge nella "legenda" -anche "numero 6 uomini sconosciuti rinvenuti in seguito a ricognizione effettuata alla fine della tumulazione nelle immediate adiacenze del cimitero di cui tre senza cartellino".

Ecco il dettaglio fossa per fossa.

Fossa numero 1:

lunghezza metri 16, larghezza 2,50. Sepolti 86 uomini identificati di cui cinque senza numero essendosi smarrito il cartellino.

Fossa numero 2:

lunghezza metri 21, larghezza 2,50. Sono state seppellite 159 persone di cui 111 uomini identificati e 6 donne di cui 2 identificate, il resto 42 uomini sconosciuti.

Fossa numero 3:

lunghezza metri 21, larghezza 2,50. Seppelliti 79 uomini sconosciuti - 8 persone indicate con la lettera x nello schema perché senza numero andato smarrito a causa di ripetuti trasporti.

Fossa numero 4:

Lunghezza metri 18, Larghezza 2,50, seppellite 72 donne di cui 16 identificate e 6 uomini sconosciuti dei quali abbiamo detto in precedenza.

(Pare quasi che
scopo principale fosse
 che quei morti invadenti 
scomparissero quanto prima
 dalla vista delle autorità. 
La cruda elencazione 
mette angoscia 

per la poca
 considerazione
 avuta per le vittime).



La Lapide

INDIMENTICATI
Quando si va a Balvano, da una curva, la prima cosa che appare e il cimitero: è posto a mezza collina, alla sinistra del paese. L'hanno allargato due volte: nel 1944 e nel 1980. Troppi morti da seppellire in entrambe le occasioni. Fra le cappelle del camposanto, quella costruita per le vittime dell'incidente ferroviario spicca decisamente sulle altre. Bisogna vederla. Su una targa, a destra della porta, c'è scritto:

In memoria della sciagura ferroviaria
accaduta nella notte dal 3 al 4
marzo 1944 Sotto la galleria
delle armi ove furono presi da
gas carbonici e persero la vita 509
persone di cui 408 uomini e 101 donne
in virtù del Signor
SALVATORE AVVENTURATO
in memoria degli stessi
al ricordo dei posteri
fece ereggere questo asilo di pace
ove ricompose i miseri resti
tra i quali giace il suo caro padre
e il fratello Vincenzo
Anno 1972

A Salvatore Avventurato va riservato un posto speciale in questa storia. A Balvano, intanto, chi lo ha conosciuto parla semplicemente di "don Salvatore".
Ne ricordano la generosità, l'attaccamento al paese, la tenacia con la quale decise di costruire un "asilo di pace" per quelle povere vittime e l'ostinazione con la quale portò a termine il progetto. Visto in un primo tempo con comprensibile sospetto (altri, infatti, avevano cercato di speculare su quella tragedia e sul dolore dei parenti delle vittime), piano piano don Salvatore si conquistò la fiducia dei cittadini di Balvano e la loro amicizia. Ora una sua foto, che lo ritrae sorridente, l'espressione sincera e aperta, sta sull'altare del1a cappel1a.

Don Salvatore non la considerò mai un'opera conclusa perché -mi hanno raccontato Ciro e Agostino, due suoi figli -non gli piaceva che il prete, per dire messa, dovesse indossare i paramenti sacri davanti ai fedeli. Perciò stava studiando per realizzare una piccola sacrestia. La morte glielo ha impedito.

La cappella dedicata ai morti dell'8017 è meta di un continuo pellegrinaggio: i fiori freschi non mancano mai. E ciò, cinquant'anni dopo la sciagura, è un fatto straordinario. Vengono da ogni dove, specialmente a novembre e a marzo: vecchi, giovani, ragazzi, bambini, persino qualche neonato in braccio ai genitori. Un culto dei morti che si tramanda di generazione in generazione, senza incertezze. Così si tiene vivo un ricordo che, altrimenti, sarebbe già stato cancellato.

 

(L'opera di don Salvatore continua per l'interessamento dei figli Agostino e Ciro che vivono a Torre del Greco)

"
Testo dell'articolo tratto da www.trenidicarta.it"