Rivista Marittima - Flavio Russo - L'oro rosso di Torre - Pag. 3

        5-Fase del taglio del corallo grezzo, secondo la sua migliore potenzia-lità.

           In definitiva le due complementari attività ostentano soltanto un secolo e mezzo di interdipendenza, pur confermandosi nella cittadina, per quanto precisato, immutato il ruolo economico trainante del corallo oggi come quattro secoli fa. Il che potrebbe spiegarsi con l'osservare che tanto alle spalle della pesca quanto della lavorazione e commercializzazione del corallo, al di là delle rispettive genesi distanti e distinte, giocò un ruolo determinante la morfologia del territorio, certamente splendido ma insufficiente a sostenere tanti abitanti e per giunta ricorrentemente inaridito dalla lava. Forse proprio per quella sinistra precarietà dei beni immobili e delle rendite fondiarie si acutizzò il forte spirito mercantile degli abitanti, tanto contrastante con la endemica passività partenopea.
  
          Stretti tra mare e Vesuvio, periodicamente devastati i campi dalle eruzioni,sempre poveri i raccolti, i torresi ben presto compresero che la possibilità di sopravvivere al fuoco della montagna dipendeva, paradossalmente, dal trarre profitto dall'acqua del mare.

 

6 - In questa tavola del Morghen, incisore fiorentino alla corte di Napoli, stampata dopo la devastante eruzione del 1794, appare ben evidente la posizione di Torre del Greco, stretta fra il Vesuvio ed il mare.

Il mare, come già per Amalfi (2), divenne pertanto l'esiziale ambito lavorativo dei suoi uomi­ni che in tale opzione si differenziarono nettamente dalla generalizzata avversione peninsulare a cimentarvisi. I napoletani in particolare,come del resto la stragrande maggio­ranza delle popolazioni italiane rivierasche, ad onta della onnipresenza del liquido elemento, non possono assolutamente definirsi un 'popolo di navigatori' (3). Per un serie di concause storiche variegate ma tutte congiuranti a far indi­viduare nello stesso una  mortale minaccia se ne tennero sempre a debita distanza (4).Tra queste primeggia la  pirateria che, endemica nel Mediterraneo dagli albori della civiltà e solo temporaneamente soffocata dall'Impero romano (5), riesplose al suo dissolversi flagellando senza tregua ogni fascia costiera. L'avvento dell'Islam (6),trasformandola in modalità bel­lica supple­mentare,ravvisando nella razzia (7) e nella cattura dei mercantili la trasposizione marittima del Jahad (8), costituì il momento genetico della sua esasperazione e pola­rizzazione.Assunse con l'occasione la dignitosa etichet­ta di 'guerra di corsa' (9), senza peraltro minimamente scalfire l'originaria abiezione. E la criminalità 'al dettaglio' dei pirati si evolse da allora in quella all'ingrosso' dei corsari (10), con conseguenze terribili.