Disgraziatamente il
mare continuava a rappresentare un'integrazione alimentare spesso
imprescindibile ed una via di comunicazione priva di alternative (11),
per cui se dovunque lo spostamento dei più piccoli centri abitati verso
l'interno divenne la soluzione per antonomasia (12),
la pesca ed il cabotaggio rimasero le attività più miserabili ed
evitate. Ed in quella residua,modestissima frequentazione non è sensato
ravvisarvi una vera marinareria, tranne quella prodromica delle mitiche
Repubbliche Marinare (13),
quanto piuttosto il formarsi di un atipico bracciantato del mare che ogni
giorno ne affrontava, prudentissimamente,l'insidie senza allontanarsi mai
tanto dalla costa da perderla di vista (14).
Navigatori quindi dell'acqua costiera,o più propriamente,con terminolo già
attuale,utenti delle acque territoriali (15).
7
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Amalfi al di sopra della
cattedrale si scorge il torrione dello Ziro, facente parte delle
fortificazioni della Repubblica.
Come per Amalfi tuttavia, stretta tra il mare ed i monti, tali
apporti si dimostrarono insufficienti, se non alla fame almeno alle
ambizioni dei più intraprendenti abitanti, così per Torre del Greco
parvero inadeguati alle pressanti esigenze. A differenza della Repubblica,
però, nella cittadina vesuviana non si determinò l'insorgere di una
intrapresa commerciale mediterranea (16),
ma l'avvio di una singolare e più suggestiva avventura, trasformatasi
purtroppo non di rado nel corso del suo dipanarsi in raccapricciante
sventura: la ricerca e la pesca del corallo.
Le pagine che seguono non pretendono,e non lo potrebbero del resto
per le competenze specifiche dell'autore, fornire un dettagliato profilo
storico della suggestiva epopea dei corallari torresi. Al riguardo
esistono già, e di notevole spessore scientifico, numerose opere.
Tendono, invece, sulla base di mie precedenti ricerche sulla
conflittualità mediterranea ispano-ottomana,e sulla guerra di corsa in
particolare,ad evidenziare il contesto rischiosissimo in cui siffatta
vicenda si dipanò, per meglio configurare l'ardimento, e spesso la
temerarietà di quei pescatori, presupposto archetipale, e chiave di
lettura, dell'altrettanto coraggiosa e dinamica conquista del mercato
mondiale del contemporaneo artigianato corallaro. A conforto di siffatto
apparentemente marginale angolo d'indagine le conclusioni del Tescione,
senza dubbio uno dei più accorti ricercatori del settore, secondo cui,
proprio nella corsa e:"...nel gioco di questa vergognosa taglia
imposta dai pirati barbareschi ai paesi civili, contro il quale eran
falliti tutti i tentativi europei, da Luigi IX di Francia in poi, per
l'alimentazione di questa barbara speculazione, si trova la chiave della
maggior parte delle vicende e delle traversie della pesca corallina..."(17).
Non si trattò,a voler
esser precisi,di una 'taglia' ma di una interminabile quanto efferata
vessazione inflitta non già da estemporanei 'pirati' ma da agguerriti e
fanatici corsari e, soprattutto, pur attuandosi certamente a danno dei
paesi civili si perpetrò con il beneplacito proprio della
Francia,che,alla fine, dovette farsi carico della loro eliminazione,
scontandone le conseguenze ancora oggi:per il resto la puntualizzazione è
ineccepibile. Per lunghi secoli il famoso 'oro rosso' fu letteralmente la
materializzazione del sangue.
Lontani dalla loro terra,lontani da ogni terra amica, privi di credibili
protezioni,diplomatiche o militari, perfettamente consci degli immani
pericoli che in ogni istante della spossante giornata lavorativa li
sovrastavano,osarono sfidarli (18).
Spesso pagarono con una morte atroce tanto sprezzo, spesso non rividero
più le loro case concludendo la misera esistenza nella estrema
aberrazione della schiavitù nordafricana, ma non per questo rinunciarono
mai alla loro 'vocazione', promuovendo, lentamente ma irreversibilmente,Torre
del Greco a capitale mondiale del corallo, senza peraltro essere stati tra
i promotori dell'ascesa ma forse tra le ultime vittime, rimontando il suo
avvento quasi al prologo dell'età contemporanea.
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