Rivista Marittima - Flavio Russo - L'oro rosso di Torre - Pag. 11

L'inusitata e rivoluzionaria promozione non scalfì minimamente la ormai consolidata reputazione curativa. Anzi, nel frattempo, complice la universale suggestione, e superstizione, con cui veniva riguardato il prezioso corallo si era conquistato un mercato alternativo, e forse ancora più remunerativo: quello della gioielleria. Per la verità l'archeologia ci ha restituito alquante realizzazioni artistiche,quali minuscole sculture, intarsi ed ornamenti ricavati da pezzi di corallo. Fiorita in età romana la rinomata tecnica trovò lungo l'intero medioevo significative riproposizioni, in particolare negli accessori sacri (31).
            Il duplice impiego, comunque di prestigio, spiega a sufficienza la bramosia della ricerca e la rimozione dei gravissimi rischi ad essa connessa, propri del mare e del valore intrinseco del bene. Il che contribuì al consolidarsi della fama di 'oro rosso', riproponendosi in pratica per la sua acquisizione tutti gli incerti, le illusioni e le tragedie precipue della corsa al giallo metallo. Di certo altrettanto antica come l'utilizzo, terapeutico od ornamentale, del corallo ne risulta la pesca consapevole, non difettando mai qualche sporadica estrazione di rametti impigliati nelle tradizionali reti.Tra i precursori, ovviamente, i Greci che vi si dedicarono nell'Egeo e quindi i Liguri,all'interno del loro golfo, in Corsica ed in Sardegna. Seguirono gli Etruschi ed ancora i Fenici ed i Cartaginesi, sempre in Sardegna e lungo le coste nordafricane. Di questa fase della ricerca e della pesca si rintracciano ampie testimonianze negli scritti classici,e nell'impiego comprovato, come accennato, dai ritrovamenti archeologici.
             Anche ad una superficiale osservazione emerge dalle righe precedenti la intima connessione tra lo sfruttamento dei banchi corallini e le talassocrazie coeve. Sembrerebbe a prima vista una constatazione lapalissiana: essendo il corallo un prodotto del mare è ovvio che i soli popoli potenzialmente interessati alla sua pesca debbano necessariamente individuarsi in quelli dediti alla navigazione e quindi dotati di cospicue flotte (32). In realtà però la questione non è affatto così scontata. Non bastava disporre delle capacità marinare per accingersi alla lucrosa,quand'anche spossante attività, ma occorreva soprattutto disporre di una convincente forza navale da guerra unica garante dell'indisturbato prosieguo della pesca.Barche di miseri lavoratori del mare sarebbero, infatti, proprio per la conclamata ed universale valenza del corallo finite facilmente preda dei pirati attratti da quel variegato e proficuo bottino, uomini-battello-corallo. Ma, ancora più verosimilmente, mai una potenza navale avrebbe consentito lo sfruttamento discrezionale, e gratuito, di quelle ricchezze. La pesca del corallo perciò iniziò subito a configurarsi alla stregua di una aspra contesa, intrisa di episodi sanguinosi ed efferati, senza alcuna esclusione di colpi e senza alcuna certezza di trattati.Per nulla casuale che i corallari chiamassero le loro stagioni di pesca 'campagne' con chiaro riferimento militare. L'oro rosso si confermò anche in questo repugnante aspetto del tutto simile a quello giallo!
 
             Con il dissolversi dell'Impero romano si rarefanno anche le fonti relative alla pesca del corallo, che tuttavia non cessò mai completamente nè a lungo, sopravvivendo alle catastrofi sociali dell'alto medievo. Per ritrovare significativi documenti sull'attività dobbiamo attendere il X-XI secolo, sotto la ormai stabilizzatasi dominazione araba, che promosse l'organizzato sfruttamento dei banchi nordafricani. La dominazione islamica includente oltre alla costa berbera dall'oceano Atlantico al mar Rosso,l'intera Sicilia,buona parte della Spagna,ed innumerevoli enclavi in Calabria, Puglia e Campania, consentiva,ed è una ulteriore riprova dello stretto legame tra forza militare e pesca del corallo, tali regolamentazioni. Ma suggerisce, al contempo indirettamente, la crescente pressione dei predoni del mare intorno alle aree di pesca.
            Tra le regioni sfuggite all'inglobamento musulmano, od in qualche modo affrancatesene (33), si distingue la costa occidentale sarda che di lì a breve divenne teatro di pesca. Tra il 1100 ed il 1300, infatti, lungo molte marine tra Oristano ed Alghero,in particolare,presero ad intensificarsi le campagne estrattive (34), ed ancora una volta la lucrosa attività conferma alle sue spalle una indiscussa supremazia navale.

 

 26 - Capo S. Marco, nei pressi di Oristano, sormontato dall’omonima
torre vicereale.

 

27 - Castello di Serravalle, a Bosa