L'inusitata
e rivoluzionaria promozione non scalfì minimamente la ormai consolidata
reputazione curativa. Anzi, nel frattempo, complice la universale
suggestione, e superstizione, con cui veniva riguardato il prezioso
corallo si era conquistato un mercato alternativo, e forse ancora più
remunerativo: quello della gioielleria. Per la verità l'archeologia ci ha
restituito alquante realizzazioni artistiche,quali minuscole sculture,
intarsi ed ornamenti ricavati da pezzi di corallo. Fiorita in età romana
la rinomata tecnica trovò lungo l'intero medioevo significative
riproposizioni, in particolare negli accessori sacri (31).
Il duplice impiego, comunque di prestigio, spiega a sufficienza la
bramosia della ricerca e la rimozione dei gravissimi rischi ad essa
connessa, propri del mare e del valore intrinseco del bene. Il che
contribuì al consolidarsi della fama di 'oro rosso', riproponendosi in
pratica per la sua acquisizione tutti gli incerti, le illusioni e le tragedie
precipue della corsa al giallo metallo. Di certo altrettanto antica come
l'utilizzo, terapeutico od ornamentale, del corallo ne risulta la pesca
consapevole, non difettando mai qualche sporadica estrazione di rametti
impigliati nelle tradizionali reti.Tra i precursori, ovviamente, i Greci
che vi si dedicarono nell'Egeo e quindi i Liguri,all'interno del loro
golfo, in Corsica ed in Sardegna. Seguirono gli Etruschi ed ancora i
Fenici ed i Cartaginesi, sempre in Sardegna e lungo le coste nordafricane.
Di questa fase della ricerca e della pesca si rintracciano ampie
testimonianze negli scritti classici,e nell'impiego comprovato, come accennato,
dai ritrovamenti archeologici.
Anche ad una superficiale osservazione emerge dalle righe
precedenti la intima connessione tra lo sfruttamento dei banchi corallini
e le talassocrazie coeve. Sembrerebbe a prima vista una constatazione
lapalissiana: essendo il corallo un prodotto del mare è ovvio che i soli
popoli potenzialmente interessati alla sua pesca debbano necessariamente
individuarsi in quelli dediti alla navigazione e quindi dotati di cospicue
flotte (32). In realtà però la questione non è affatto così scontata.
Non bastava disporre delle capacità marinare per accingersi alla
lucrosa,quand'anche spossante attività, ma occorreva soprattutto disporre
di una convincente forza navale da guerra unica garante dell'indisturbato
prosieguo della pesca.Barche di miseri lavoratori del mare sarebbero,
infatti, proprio per la conclamata ed universale valenza del corallo
finite facilmente preda dei pirati attratti da quel variegato e proficuo
bottino, uomini-battello-corallo. Ma, ancora più verosimilmente, mai una
potenza navale avrebbe consentito lo sfruttamento discrezionale, e
gratuito, di quelle ricchezze. La pesca del corallo perciò iniziò subito
a configurarsi alla stregua di una aspra contesa, intrisa di episodi
sanguinosi ed efferati, senza alcuna esclusione di colpi e senza alcuna
certezza di trattati.Per nulla casuale che i corallari chiamassero le loro
stagioni di pesca 'campagne' con chiaro riferimento militare. L'oro rosso
si confermò anche in questo repugnante aspetto del tutto simile a quello
giallo!
Con il dissolversi dell'Impero romano si rarefanno anche le
fonti relative alla pesca del corallo, che tuttavia non cessò mai
completamente nè a lungo, sopravvivendo alle catastrofi sociali dell'alto
medievo. Per ritrovare significativi documenti sull'attività dobbiamo
attendere il X-XI secolo, sotto la ormai stabilizzatasi dominazione araba,
che promosse l'organizzato sfruttamento dei banchi nordafricani. La dominazione
islamica includente oltre alla costa berbera dall'oceano Atlantico al mar
Rosso,l'intera Sicilia,buona parte della Spagna,ed innumerevoli enclavi in
Calabria, Puglia e Campania, consentiva,ed è una ulteriore riprova dello
stretto legame tra forza militare e pesca del corallo, tali
regolamentazioni. Ma suggerisce, al contempo indirettamente, la crescente
pressione dei predoni del mare intorno alle aree di pesca.
Tra le regioni sfuggite all'inglobamento musulmano, od in qualche
modo affrancatesene (33), si distingue la costa occidentale sarda che di lì
a breve divenne teatro di pesca. Tra il 1100 ed il 1300, infatti, lungo
molte marine tra Oristano ed Alghero,in particolare,presero ad
intensificarsi le campagne estrattive (34), ed ancora una volta la lucrosa
attività conferma alle sue spalle una indiscussa supremazia navale.
26
- Capo S. Marco, nei pressi di Oristano, sormontato dall’omonima
torre vicereale.
27
- Castello di Serravalle, a Bosa
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