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Argomento presente: « CRAC DEIULEMAR:TUTTI DENTRO »
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ID: 15240  Discussione: CRAC DEIULEMAR:TUTTI DENTRO

Autore: camillo scala  - Email: doncamillo57@libero.it  - Scritto o aggiornato: giovedì 20 novembre 2014 Ore: 01:57

Crac Deiulemar, in manette l'intera dinastia di armatori. Scatta il blitz: 9 arresti ordinati dalla Procura
Sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, truffa aggravata ai danni dello Stato, infedele dichiarazione dei redditi, riciclaggio e raccolta abusiva del risparmio
Crac Deiulemar, scattano gli arresti a Torre del Greco e nell'inchiesta più seguita degli ultimi anni è il giorno della svolta. Sono nove le ordinanze di custodia cautelare che la Guardia di Finanza della compagnia di Torre del Greco ha eseguito ore su disposizione della Procura di Torre Annunziata. In manette sono finiti, uno dopo l'altro, i vertici della compagnia di navigazione, dichiarata fallita dai giudici della sezione fallimentare dopo lo scandalo dei bond carta-straccia.Destinatari delle ordinanze di custodia cautelare sono: i fratelli Angelo e Pasquale Della Gatta, la madre dei due, Lucia Boccia - finita agli arresti domiciliari - la sorella Micaela Della Gatta, Giuseppe Lembo - l'unico fondatore superstite dell'impero Deiulemar, agli arresti domiciliari - i suoi figli Filippo e Leonardo Lembo, la sorella Maria Lugia Lembo - arresti domiciliari per la vedova di Michele Iuliano, morto per un infarto pochi mesi fa - e la figlia di quest'ultimo, Giovanna Iuliano, finita dietro le sbarre del carcere.Le accuse della procura sono pesantissime: associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, truffa aggravata ai danni dello Stato, infedele dichiarazione dei redditi, riciclaggio e raccolta abusiva del risparmio. La finanza ha, inoltre, eseguito il sequestro di beni per un valore di circa 323 milioni di euro. In particolare, i provvedimenti riguardano 10 motonavi, partecipazioni societarie e beni immobili e scaturiscono dall’attività investigativa relativa all’ingente bancarotta della compagnia armatrice, che ha danneggiato incolpevoli risparmiatori (circa 13.000) che avevano investito nelle obbligazioni della società.La Deiulemar, secondo le accuse supportate da una pioggia di denunce, ha rastrellato un tesoro stimato in almeno 800 milioni di euro, un tesoro messo insieme grazie alle obbligazioni «vendute» a migliaia di famiglie di Torre del Greco e dei Comuni limitrofi. E' l'affare dei «carati del mare», che dura da oltre venti anni. Prestiti obbligazionali in cambio di cedole annuali con interessi ben più alti di quelli garantiti dagli investimenti bancari. Il guaio è che dopo anni di raccolta, durante i quali i fondatori della Deiulemar hanno costruito rapporti di fiducia con i propri investitori, le obbligazioni sono svanite nel nulla, risucchiate da investimenti sui quali la magistratura ha acceso i rifloettori.Lo scandalo e' esploso all'inizio del 2012, quando, anche a causa della crisi del settore dei noli, gli armatori di Torre del Greco non sono riusciti più' a far fronte alla richiesta di restituzione di capitali agli obbligazionisti. Secondo il censimento della stessa compagnia, sarebbero oltre 13mila le cedole in mano ai cittadini, che adesso sperano di poter recuperare almeno in parte i risparmi di una vita.di RAFFAELE SCHETTINO e ALBERTO DORTUCCI
 
 
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ID: 16663  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: giovedì 20 novembre 2014 Ore: 01:57

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ID: 15249  Intervento da: camillo scala  - Email: doncamillo57@libero.it  - Data: giovedì 19 luglio 2012 Ore: 20:00

Navi svendute, beni distratti e operazioni per eludere le tasse: così è sparito il tesoro della Deiulemar

Anno 2005: inizia il piano di svuotamento della «Deiulemar Compagnia di navigazione». E’ tutto qui il nocciolo dell’inchiesta coordinata da un pool di magistrati della procura di Torre Annunziata. E’ il progetto architettato a tavolino dai rampolli delle famiglie Iuliano, Della Gatta e Lembo. Ormai i Grandi Vecchi hanno fatto il loro tempo, hanno rastrellato i capitali degli obbligazionisti per tre decenni, sono pronti a passare la mano. Il momento giusto, insomma, per voltare pagine e mettersi alle spalle il passato. O meglio: le gesta dei pionieri e i nomi degli obbligazionisti. L’unico problema è come trasferire le ricchezze del vecchio «Mondo di Oz» al nuovo, nel quale, però, non c’è spazio per le migliaia di famiglie di Torre del Greco, che hanno prestato i capitali per realizzare l’impero Deiulemar, e alle quali i fondatori dalla compagnia più potente d’Italia aveva garantito interessi da capogiro in cambio dei carati del mare.
L'inizio della crisi: stop ai noli. L'esposizione debitoria fa paura
E' la moglie del Capitano Michele Iuliano ad indicare agli investigatori la data di inizio di tutti i guai. Per i vecchi armatori e per gli obbligazionisti. Migliaia a Torre del Greco. E' il 2004 e il Capitano «è preoccupato seriamente per il destino della società». Non era mai accaduto in passato. Un passato fatto di tre decenni di affari e investimenti "fortunati". A lui si rivolgevano tutti gli investitori, perché era l'uomo-garanzia, e perché (lo hanno ammesso anche molti risparmiatori) non aveva mai deluso o mancato di tener fede alle promesse. Fino al 2004, la Deiulemar aveva fatto il pieno di liquidità grazie alla bontà del mercato, ma poi la crisi dei noli aveva cambiato tutto e la società aveva ricominciato a sottoscrivere obbligazioni a raffica. Michele Iuliano confidò alla moglie che «la raccolta dei risparmi, realizzata attraverso il collocamento di strumenti finanziari atipici, era giunta ad un livello di insostenibilità». Tuttavia, gli altri soci gli avevano prospettato un piano di riorganizzazione industriale «teso al risanamento dei conti», da realizzare anche attraverso la vendita dei beni immobili di proprietà. Nel corso del tempo, anche il Capitano si era reso conto che la Deiulemar era stata ridotta ad una scatola vuota. Insomma, era iniziato il piano per spolpare la Deiulemar.L'obiettivo della nuova generazione di armatori: eludere le tasse e tagliare col passato Secondo la ricostruzione della Procura, la Deiulemar inizia ad essere «spolpata» dal 2005 in poi, con la vendita delle navi alla Shipping che rappresenta l'operazione più importante dal punti di vista economico. Per 35 anni, la Deiulemar porta avanti le sue attività senza alcuna necessità di «sovrastrutture societarie», quello che invece inizia a capitare dal 2005 in avanti. Da quel momento, che segna anche il passaggio di testimone tra la vecchia e la nuova generazione di armatori, c'è «una frenetica attività riorganizzazione aziendale» e «la costituzione di una pletora di società italiane ed estere tutte riconbducibili ai rampolli delle tre famiglie fondatrici della Deiulemar. L'operazione consente loro di «distrarre dai patrimoni della Deiulemar Comnpagnia di navigazione tutti i più importanti assest societari», «pianificare un complesso sistema di elusione delle imposte sui redditi», e «realizzare il passaggio generazionale senza pagare l'imposta di successione». Unico obiettivo, era quello di «continuare a guadagnare mediante la raccolta dei capitali tra gli obbligazionisti».Dalla Deiulemar alla Shipping, l’impero cambia pelle
Il piano di svuotamento punta insomma a trasferire tutte le ricchezze della «Deiulemar Compagnia di Navigazione» alla «Poseidon». La prima è la società controllata al 100% dalla «Deiulemar Holding», i cui soci, attraverso un sistema di scatole cinesi, sono Michele Iuliano, Giuseppe Lembo e Lucia Boccia, moglie di Giovanni Battista Della Gatta. La seconda, invece, è la società che controlla al 100% la «Deiulemar Shipping» le cui quote azionarie sono nelle mani di tre società lussemburghesi: la «Sbf», la «Azzurro» e la «Hamburg». Società controllate al 100%, rispettivamente, da Pasquale e Micaela Della Gatta, Filippo e Leonardo Lembo, e Giovanna Iuliano. Ovvero i rampolli delle tre dinastie di armatori.L’associazione a delinquere 
Giuseppe Lembo, Angelo Della Gatta, Pasquale Della Gatta e Leonardo Lembo, secondo l’accusa «rappresentano una associazione a delinquere finalizzata alla commissione di plurimi reati di bancarotta fraudolenta aggravata, di falso in bilancio e tributari». Fin dal 2004, in qualità di amministratori di fatto della Deiulemar Compagnia di Navigazione, «incassavano dai conti personali di Michele Iuliano le somme raccolta dai risparmiatori» e «distraevano dal patrimonio societario 648 milioni».
La svendita delle navi 
La prima operazione concreta con la quale si inizia a trasferire il patrimonio della Deiulemar alla Shipping è rappresentata dalla ventita, o meglio dalla svendita, della flotta che rappresentava l’orgoglio della società controllata dai Grandi Vecchi. Undici navi cedute al costo di 145 milioni, nonostante avessero un valore di mercato calcolato dagli esperti in 291 milioni di euro. In effetti, un’operazione nella quale spariscono 146 milioni di euro. L’operazione di compravendita tra Deiulemar e Poseidon, che controlla il 100% della Shipping, viene organizzata dai rampolli delle tre dinastie, facilitati dal fatto di essere amministratori di fatto di entrambi le società. In più, negli anni successivi, la Guardia di Finanza ha accertato una serie di operazioni economiche mirate a creare «minusvalenze» consistenti. Nel 2006, per esempio, la Deiulemar Holding acquistava dalla sua controllata, la Deiulemar Compagnia di Navigazioni, quote azionarie della società lussemburghese Progresso e Futuro composta da 324 azioni per un prezzo di 13,5 milioni mentre la Deiulemar Compagnia le aveva pagate 15,5.Acquisti e vendite: le operazioni-follia tra le società
A partire dal 2006, la Guardia di Finanza ha anche accertato una serie di transazioni che non avrebbero alcuna logica di mercato, per significati e cifre, se non quella di smantellare il patrimonio della Deiulemar Compagnia di Navigazione. Operazioni che in pratica servivano per «distrarre» il tesoro patrimoniale che avevano costruito i Grandi Vecchi.L’esempio più lampante è quello del Sakura. La Deiulemar Holding compra dalla «Comnpagnia di Navigazione», società che controlla al 100%, la quota di partecipazione nella società «Sakura Immobiliare srl». La quota nominale vale solo 100mila euro ma la transazione avviene per 5,3 milioni di euro. In sostanza 5,2 milioni di euro passano dall’orbita della Holding dei Grandi Vecchi a quella dei rampolli.
Stesso sistema viene utilizzato per altri affari, tra cui quelli legati alle partecipazioni azionarie riposte nella Deiulemar Real Estate, Energy Shipping (250mila euro), Energy Coal (1,6 milioni), Energy Fin (1 milione) e Italiana Coke (11,5 milioni). Insomma, un sistema che permette di spostare 33 milioni dalla Holding alla Compagnia di Navigazione. Ovviamente, come scrivono i pubblici ministeri, «gli amministratori di fatto della Deilemar Compagnia di Navigazione si dividevano le somme incassate come dividendi», senza effettuare alcun accantonamento e di fatto «distraendo capitali dal patrimonio societario».
La raccolta dei capitali. Boom nel 2009, poi la nave affonda Ai rampolli della Compagnia viene contestata anche la bancarotta fraudolenta documentale perché l’associazione aveva «scientemente» distrutto o occultato i «fogli di cassa» giornalieri e la documentazione informatica che testimoniava l’esposizione debitoria nei confronti dei risparmiatori quantificata in 647 milioni di euro circa. Inoltre i rampolli della Deiulemar omettevano sistematicamente di contabilizzare i debiti nei bilanci.Secondo gli accertamenti condotti dalle società incaricate dalla procura di ricostruire tutte le fasi della raccolta dei risparmi, è emerso che il punto di non ritorno si è verificato nel 2009, quando per una difficoltà di liquidità, la Deiulemar era tornata sul mercato delle obbligazioni sottoscrivendo con maggiore forza i «carati del mare». Insomma, con i capitali rastrellati in giro si pagavano anche gli interessi agli stessi creditori.Nei tre anni precedenti, infatti, le voci in entrata e quelle in uscita sul versante delle obbligazioni, cioè il bilancio tra soldi incassati e interessi versati, erano state più o meno in pareggio. Anzi, nel corso del 2008 la Deiulemar ferma quasi completamente la raccolta e avvia una gigantesca opera di rimborso del debito (circa 60 milioni di euro). E' solo un modo per far respirare la Deiulemar che intanto si sta progressivamente spolpando. E' forse anche una manovra per rinnovare la fiducia negli investitori, che dal 2009 tornano ad investire un fiume di euro. Oltre 30 milioni di euro solo nel 2009. Ne arriveranno altri 40 milioni nei mesi successivi.2011, l'anno nero. La Deiulemar è una scatola vuota ma divora ancora i soldi dei torresi
Arriva il 2011, la crisi dei noli è irreversibile e ormai la Deiulemar è soltanto una bella storia. I rampolli delle tre famiglie lo sanno, Michele Iuliano lo sa. In città le voci che il colosso abbia ormai i piedi d'argilla iniziano a circolare, e poi c'è l'effetto del crac Dimaiolines (che ha numeri ben più contenuti). La preoccupazione diventa paura e poi panico. Chi ha notizie di prima mano corre negli uffici e chiede il rimborso dei capitali. Effettivamente l'attività di rimborso del debito cresce a dismisura, come accertato dagli esperti. La Deiulemar riconosce 77 milioni agli obbligazionisti. Ma non tutti sono fortunati, perché non tutti sanno della tragedia che sta per compiersi. Per centinaia di risparmiatori ai quali vengono rimborsati soldi, infatti, ce ne sono altrettanti che continuano a versare soldi. Escono 77 milioni, ne entrano 40. Nelle sedi della Deilemar ancora si sottoscrivono i carati del mare. E succede fino a marzo del 2012. E la dimostrazione della cattiva fede anche secondo i magistrati. Ormai anche le ultime due navi sono state cedute alla Shipping e non c'è alcun modo di rimettere in piedi una società storica, tra le più potenti d'Italia, praticamente spogliata di ogni bene. Eppure, nel tentativo di rastrellare tutto il possibile, ed anche l'impossibile, i «nuovi» armatori danno disposizione chiare ai dipendenti che rilasciano i carati: bisogna sottoscrivere interessi del 7%, cioè 1,2 punti percentuali in più. E nonostante lo scandalo sia già sui giornali, c'è ancora chi versa. Gli stessi che ascolteranno l'ultima arringa del Capitano. E' lui a garantire il rimborso dei capitali a tutti durante un'assemblea pubblica, e lui a garantire la solidità della dinastia. Fu l'unico a metterci la faccia, perché forse i nuovi armatori gli avevano garantito che avrebbero rimesso sul tavolo tutto il tesoro scippato alla Deiulemar. Qualcosa di impossibile, visto che il patrimonio messo insieme in tre decenni era già lontano da Torre del Greco.di RAFFAELE SCHETTINO


ID: 15248  Intervento da: camillo scala  - Email: doncamillo57@libero.it  - Data: giovedì 19 luglio 2012 Ore: 19:56

Crac Deiulemar, la figlia del Capitano preparava la fuga: dal «Mondo di Oz» a quello dorato di Dubai

«Il viaggio è andato bene, il volo diretto è comodo: fai Roma-Dubai». La telefonata parte da San Giorgio a Cremano e arriva a Portici. E’ marzo, e lo scandalo della Deiulemar è esploso in tutta la sua drammaticità. Un parente di Giovanna Iuliano accenna ad un amico del suo soggiorno negli Emirati Arabi Uniti, secondo i magistrati del pool investigativo della Procura è una telefonata importante, di quelle che spingono ad accelerare i tempi. Il viaggio sulle coste del Golfo Persico è durato 3 giorni, un sopralluogo perché «è lì che gli eredi del capitano hanno intenzione di trasferire la loro residenza». Dal «Mondo di Oz» al mondo dorato dei grattacieli in riva al mare, lì dove il lusso è normalità e i redditi pro-capite spesso sono della stessa portata di un pil regionale.La frase è riportata alla fine dell’ordinanza di custodia cautelare - nove arresti per il crac della compagnia di navigazione Deiulemar di Torre del Greco - ed è la premessa che spiega i «criteri di scelta della richiesta delle misure cautelari». Insomma, il pericolo di fuga è concreto, scrivono i magistrati. Ed è possibile che l’uomo intercettato «si sia occupato anche delle pratiche burocratiche relative al trasferimento». Sarebbe stato l’ultimo atto della dinastia Iuliano, l’addio a Torre del Greco. Si sarebbero lasciati alle spalle l’incubo dei «bond-cartastraccia» e il ricordo di un uomo venerato per mezzo secolo e umiliato dopo la morte. Il capitano aveva garantito personalmente gli obbligazionisti nell’unica assemblea post-scandalo, forse aveva creduto di poter rimettere sul tavolo il tesoro scomparso, ciò che gli armatori della nuova generazione avevano sottratto alla Deiulemar Compagnia di Navigazione. Le sue speranze, però, sono finite in fumo, come il suo corpo, cremato dopo l’onta della profanazione della tomba. 
Giovanna, sua figlia, non aveva mai preso posizione, «anche perché», così come ha detto durante gli interrogatori, «non sapevo nulla di quello che decidevano i vertici della compagnia».Lei, si è definita «una semplice dipendente nell’azienda di papà». I magistrati, ovviamente, la pensano in maniera diversa. Secondo i pm, «conosceva il piano di spolpamento della Deiulemar così come tutti gli altri indagati», anzi, su di lei si concentravano le preoccupazioni maggiori, perché «durante il corso delle indagini sono stati raccolti allarmanti elementi dai quali si evince il concreto rischio che Giovanna Iuliano possa fuggire a breve». La prova sta tutta in una comunicazione trasmessa l’11 maggio 2012 dal procuratore generale di Lugano secondo la quale l’indagata stava trasferendo le sue risorse economiche a Dubai e i suoi due figli avevano già trasferito negli Emirati la propria residenza. La relazione arriva su richiesta della procura di Torre Annunziata. In due pagine, si ricostruisce l’impero di Giovanna Iuliano all’estero, dove secondo le intercettazioni avrebbe già spostato 11 milioni, e si scopre che la figlia del capitano è titolare di un trust maltese che, attraverso una serie di società holdings lussemburghesi, controlla il 33% della Deiulemar Shipping. Inoltre controlla controlla altre due società: la Hamburg di Lussemburgo e la Latisha con sede a Cipro. Viene segnalata la richiesta avanzata all’Unione delle Banche Svizzere, di distribuire il totale dei trust find a favore dei sui tre figli. Una richiesta bocciata che fa scattare l’allarme. Il procuratore di Lugano, John Noseda, chiude infatti la sua relazione inviata al pm Sergio Raimondi con la garanzia di «aver posto sotto sequestro i conti bancari di Iuliano segnalate dall’Ubs» perché «c’è il fondato sospetto che su tali conti siano confluiti fondi proventi di reato».di RAFFAELE SCHETTINO



ID: 15246  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: mercoledì 18 luglio 2012 Ore: 14:42










ID: 15245  Intervento da: camillo scala  - Email: doncamillo57@libero.it  - Data: martedì 17 luglio 2012 Ore: 18:29

Deiulemar, il 2008 è l'anno spartiacque: i piani di investimento si sdoppiano. Sui bond la benedizione Consob

Sono 1.800 le denunce contro gli armatori «vampiri», una pioggia di esposti, querele, segnalazioni dentro le quali gli obbligazionisti condensano la rabbia per aver perso tutto. La maggior parte delle 13mila cedole portano la firma di pensionati, operai, casalinghe, marittimi ed ex marittimi. Gente comune, con il sogno di regalare un futuro ai propri figli grazie agli interessi che elargiva la Deiulemar. Tra le tante c’è anche quella di un militare, la cui famiglia aveva gestito un ristorante a pochi passi dalla caserma dei carabinieri a Torre del Greco.
«Il mio bisnonno prima, poi mio nonno, mio padre, i miei zii hanno gestito il ristorante degli armatori. Tutti i vertici della Deiulemar venivano a pranzo, compreso Michele Iuliano».Era il 1995 quando il 39enne che firma la denuncia, inizia a sentir parlare di carati del mare. «Ho firmato obbligazioni al 14% e via via con interessi minori, fino al 5,8%», solo nel 2011 il tasso era stato riportato al 7%. Due cedole per un investimento totale di circa 100mila euro. Capitali versati alla Deiulemar attraverso assegni e contanti.L’uomo ha ritirato gli interessi solo due volte: «2.300 euro nel 2009 e 3.500 euro nel 2010». Alla fine delle precedenti scadenze obbligazionali, «avevo deciso di ricapitalizzare gli interessi».I carati del mare venivano sottoscritti nei locali di via Marconi, poi, successivamente, in una traversa di via Vittorio Veneto o in via Tironi.Chi versava capitali lo faceva con assegni intestati a Michele Iuliano, il capitano ucciso da un infarto durante una “visita” della Guardia di Finanza. I titoli venivano consegnati nelle mani dei fedelissimi del capitano. «A loro restava una copia in carta carbone allegata ai documenti», agli obbligazionisti veniva rilasciato il certificato del versamento avvenuto.Qualcosa cambiò nel 2008, quando la Deiulemar propose ai clienti un prospetto informativo relativo al nuovo prodotto obbligazionario con scadenza 2018 e cedole annuali. Un piano di investimento che avrebbe completamente sostituito le precedenti obbligazioni. Un piano che adesso è finito anche nelle mani dei magistrati.E’ l’anno in cui le «offerte» della Deiulemar si differenziano. Da una parte i contratti decennali di via Tironi, la sede della Deiulemar Compagnia di Navigazioni Spa, dall’altra quelli di via Veneto, la sede della Shipping.Non erano sprovveduti gli obbligazionisti, dice l’uomo di 40 anni che ha firmato una delle tante denunce. «Nella sede di via Veneto erano esposti giornali specializzati e notizie riguardanti autorizzazioni Consob. Inoltre c’erano i dossier sullo stato di salute delle società e l’orientamento dei mercati. Insomma avevamo l’assoluta certezza della validità e della garanzia degli investimenti». di RAFFAELE SCHETTINO


ID: 15244  Intervento da: camillo scala  - Email: doncamillo57@libero.it  - Data: martedì 17 luglio 2012 Ore: 17:07

Fallimento e rabbia, sei mesi ad alta tensione, le tappe della crisi Deiulemar

17 gennaio: le voci sulla crisi - A Torre del Greco si diffondono le prime «incontrollate» voci sulle difficoltà della compagnia di navigazione e scoppia per la prima volta l’incubo crac. Nel pomeriggio del 17 gennaio circa un centinaio di persone si reca davanti agli uffici del capitano nella traversina di via Vittorio Veneto alle spalle della Posta centrale. Vogliono chiarezza.

18 gennaio: richieste di rimborso - Davanti agli uffici della Deiulemar, quelli in cui da anni i torresi vanno a versare soldi per le obbligazioni, deve intervenire la polizia. Le persone che chiedono chiarezza sono diventate almeno duecento. E la tensione inizia a farsi sentire.

19 gennaio: parla Iuliano - E’ Michele Iuliano, 88 anni, a rassicurare tutti gli investitori in un’assemblea pubblica all’hotel Mercure-Sakura: «Non falliremo», la promessa del capitano. Si commuove l’anziano armatore che stringe in un forte abbraccio Giuseppe Lembo, che con Della Gatta fondò la Deiulemar

23 gennaio: chiude la compagnia - La compagnia di navigazione chiude i battenti: stop all’incasso delle cedole e via libera al censimento di tutte le obbligazioni non iscritte a bilancio. Nel frattempo si decide di nominare Roberto Maviglia, avvocato romano, esperto di crisi societarie, amministratore unico della Deiulemar al posto di Michele Iuliano.

1 febbraio: indagine Consob - La Consob accende i fari sulla vicenda che tiene con il fiato sospeso un’intera città: parte la caccia al tesoro scomparso della Deiulemar. Il censimento, spiegano i vertici della Deiulemar, servirà a confermare

3 febbraio: c’è l’inchiesta - La procura di Torre Annunziata apre un’inchiesta per associazione a delinquere, appropriazione indebita e truffa: sono cinque gli indagati.

6 marzo: assalto ai beni - Parte l’assalto al «tesoro» per i noli non pagati: presentate le istanze per il sequestro conservativo dei beni della società e delle famiglie di armatori

9 marzo: i primi cortei - Un corteo di risparmiatori dà il via ad una manifestazione per le strade torresi. Migliaia di obbligazionisti sfilano per le strade di Torre del Greco. Rabbia contro le residenze degli armatori.

15 marzo: il censimento - Vengono ufficializzati i dati del censimento. Secondo l’amministratore unico ammonta a quasi 600 milioni il debito della società. Soldi che fanno parte delle cosiddette obbligazioni irregolari e che non sono contenute nei bilanci.

24 marzo: istanza di fallimento - Presentata la prima istanza in tribunale per ottenere il fallimento della compagnia di navigazione. E’ l’inizio della fine per la Deiulemar. Inizia la corsa contro il tempo per evitare il collasso di una società che ha rappresentato la forza della città.

18 aprile: via la procedura - Si apre davanti al giudice Massimo Palescandalo la procedura per ottenere il fallimento: a 2 settimane di distanze il verdetto.

2 maggio: no ai legali Deiulemar - Il Giudice Palescandolo non accetta la richiesta di rinviare la decisione come avrebbero voluto i legali della Deiulemar. A quel punto i super consulenti della Deiulemar, tra i quali il professore Astolfo Di Amato, chiedono di poter realizzare un concordato preventivo. Ma è troppo tardi. Il giudice decide per il fallimento e nomina tre curatori fallimentari della Deiulemar.

9 maggio: muore Iuliano - Muore Michele Iuliano, uno dei tre soci fondatori della compagnia di navigazione. Il suo cuore non regge al dolore per il fallimento e per le sorti giudiziarie della Deiulemar. Ha un infarto mentre gli uomini della Finanza sono a casa per una perquisizione domiciliare. La tomba di Iuliano viene profanata. I familiari scelgono di far cremare la salma.

4 luglio: slitta l’udienza - Si sarebbe dovuta svolgere in quella data l’udienza per l’Appello contro il fallimento. Il giudice Celentano rinvia tutto a settembre.

16 luglio: gli arresti - E’ il giorno del blitz, nove le ordinanze eseguite dalla Guardia di Finanza


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