BIOGRAFIA DI MANZONI Alessandro Francesco Tommaso Manzoni (Milano, 7 marzo 1785 – Milano, 22 maggio 1873) è stato uno scrittore e poeta italiano. È considerato uno dei maggiori romanzieri e poeti italiani di sempre, principalmente per il romanzo I promessi sposi, sua opera più conosciuta ed ancor oggi un caposaldo della letteratura italiana. Si può anzi affermare che Manzoni è lo scrittore italiano per antonomasia (come Dante Alighieri è il poeta italiano per antonomasia) e che I promessi sposi è il romanzo per eccellenza della nostra letteratura.
Nell'immagina a lato: ritratto di Alessandro Manzoni
Il nonno materno di Manzoni, Cesare Beccaria marchese di Beccaria-Bonesana, era un autore ben conosciuto (scrisse il trattato Dei delitti e delle pene posto nell'indice dei libri proibiti), ed anche la madre Giulia (1762-1841) era una donna con qualità letterarie. Il padre ufficiale del Manzoni - Don Pietro (1736-1807) - era ormai sulla cinquantina quando il futuro scrittore e poeta nacque, ed era membro di un'antica famiglia stabilitasi vicino a Lecco ma che in origine esercitava un duro controllo feudale su Barzio, in Valsassina (con una violenza paragonata a quella di un torrente di montagna, come ancora ricorda un proverbio locale). Il suo vero padre potrebbe essere stato Giovanni Verri (fratello minore di Pietro e Alessandro Verri), come confermerebbe una lettera a lui inviata da Giuseppe Gorani ritrovata recentemente. In seguito alla separazione dei genitori (la madre dal 1792 convive con il colto e ricchissimo Carlo Imbonati, prima in Inghilterra, poi in Francia), Alessandro Manzoni dal 1790 al 1803 viene educato in collegi di religiosi, prima dal 1796 al 1798 presso il collegio Sant'Antonio dei padri Somaschi a Lugano, poi presso i Barnabiti. Pur essendo insofferente di tale pedantesca educazione, della quale denunciò i limiti anche disciplinari, e pur venendo giudicato uno studente svogliato, egli da tali studi deriva una buona formazione classica ed il gusto letterario. A quindici anni sviluppa una sincera passione per la poesia e scrive due notevoli sonetti. Il nonno materno gli insegna a trarre dall'osservazione del reale conclusioni rigorose ed universali. Il giovane Manzoni dal 1803 al 1805 vive con l'anziano don Pietro, dedica buona parte del suo tempo alle ragazze e al gioco d'azzardo, ma ha modo anche di frequentare l'ambiente illuministico dell'aristocrazia e dell'alta borghesia milanese. Il compiacimento neoclassico del tempo gli ispira le prime esperienze poetiche, modulate sull'opera di Vincenzo Monti, idolo letterario del momento. Ma, oltre questi, il Manzoni si volge a Giuseppe Parini, portavoce degli ideali illuministici, nonché dell'esigenza di moralizzazione nella società. A questo periodo si devono Il trionfo della libertà, Adda, I quattro sermoni che recano l'impronta di Monti e di Parini, ma anche l'eco di Virgilio e di Orazio. Alessandro si imbeve della cultura francese classicheggiante in arte, scettica e sensista in filosofia (i sensi sono alla base della conoscenza; l'illuminismo è la critica razionale della realtà; lotta al pregiudizio e alla tradizione derivata dall'autorità; i problemi religiosi non si basano sull'esperienza, ma sulla superstizione) ed assiste all'evoluzione del razionalismo verso posizioni romantiche. Manzoni è ormai sulla via del realismo romantico; tuttavia non accetterà mai la convinzione propria sia del romanticismo sia dell'amico Fauriel, che la poesia debba essere espressione ingenua dell'anima e quindi non rinuncerà mai al dominio intellettuale del sentimento ed a una controllata espressione formale, caratteristica di tutto il nostro romanticismo. Solo dopo il matrimonio, sotto l'influenza della moglie, passò al fervente cattolicesimo che colorò la sua vita successiva. Nel 1806-1807, mentre era ad Auteuil, apparve per la prima volta in pubblico come poeta, con due pezzi, uno intitolato Urania, in stile classico, del quale poi lui stesso diventò il più strenuo avversatore; l'altro, invece, una elegia in versi liberi, sulla morte del conte Carlo Imbonati, dal quale, attraverso la madre, ereditò un patrimonio considerevole, compresa la villa di Brusuglio, diventata da allora sua principale residenza. Nel 1810 Manzoni, già anticlericale per reazione all'educazione ricevuta ed indifferente più che agnostico o ateo riguardo al problema religioso, si riavvicina alla Chiesa. Nel 1808, a Milano, lo scrittore aveva sposato la calvinista Enrichetta Blondel di Casirate, figlia di un banchiere ginevrino; il matrimonio si rivelò felice. Tornato a Parigi la frequentazione con il sacerdote Eustachio Degola, genovese, giansenista (che da Sant'Agostino deriva l'interpretazione assolutistica del problema della predestinazione, della grazia e del libero arbitrio), porta i due coniugi l'una all'abiura del calvinismo e l'altro ad un riavvicinamento alla pratica religiosa cattolica (1810). Persa, quindi, la speranza di raggiungere la serenità per mezzo della ragione, la vita e la storia gli parvero romanticamente immerse in un vano, doloroso, inspiegabile disordine: per non abbandonarsi alla disperazione bisognava trovare un fine ultraterreno. Nel Manzoni, quindi, l'irrequietezza esistenziale si compone nella fede conciliandola con la fermezza intellettuale. La sua energia intellettuale immediatamente successiva alla conversione fu impegnata nella composizione degli Inni Sacri, una serie di liriche sacre, ed un trattato sulla moralità cattolica, compito intrapreso sotto la guida religiosa di monsignor Luigi Tosi (cui il Degola aveva affidato la guida spirituale della famiglia Manzoni al loro ritorno in Italia), in riparazione alla sua iniziale lontananza dalla fede. Nel 1818 dovette vendere il patrimonio ereditato dal padre, dal momento che gli affari erano andati molto male a causa di un agente disonesto. La sua generosità si vide in questa occasione da come si comportò con i paesani, che erano fortemente indebitati con lui. Non solo cancellò su due piedi la registrazione di tutte le somme che gli erano dovute, ma disse anche che tenessero per sé l'intero raccolto di granoturco che ci sarebbe stato. Intanto, attorno all'episodio dell'Innominato, storicamente identificabile come Francesco Bernardino Visconti, iniziò a prendere forma il romanzo Fermo e Lucia, la versione originale de I Promessi sposi, che fu completato nel settembre 1822. Dopo la revisione da parte di amici tra il 1825 ed il 1827, esso fu pubblicato, un volume per anno, portando ad un tratto una grande fama letteraria all'autore. Sempre nel 1822, Manzoni pubblicò la sua seconda tragedia, Adelchi, che tratta del rovesciamento da parte di Carlomagno della dominazione longobarda in Italia, e che contiene molte velate allusioni all'occupazione austriaca. In seguito Manzoni, per dare vita alla sua stesura finale a livello formale e stilistico, si trasferì per lungo tempo a Firenze, così da entrare in contatto e "vivere" il dialetto fiorentino, che rappresentava per l'autore l'unica lingua dell'Italia unita. Rielaborò quindi I promessi sposi dopo la "risciacquatura in Arno" facendo uso dell'italiano nella forma toscana, e nel 1840 pubblicò questa riscrittura. Con ciò assumeva che quella era la prima vera opera frutto totale della lingua italiana. Dette alle stampe anche Storia della colonna infame, che riprende e sviluppa il tema degli untori e della peste, che già tanta parte aveva avuto nel romanzo precedente. Scrisse anche un breve trattato sulla lingua italiana: Dell'unità della lingua italiana e dei mezzi per diffonderla La fine della vita di Manzoni fu rattristata da molti dispiaceri. La perdita della moglie nel 1833 fu seguita da quella di molti dei suoi figli tra cui la primogenita Giulia, moglie di Massimo D'Azeglio, e da quella della madre. Nel 1837 sposò la seconda moglie, Teresa Borri, vedova del conte Decio Stampa. Egli sopravvisse pure a quest'ultima, mentre dei nove bambini nati dai due matrimoni solo due morirono successivamente al padre. La morte del figlio maggiore, Pier Luigi, il 28 aprile 1873, fu il colpo finale che accelerò la fine di Manzoni, dopo una caduta all'uscita da una Chiesa milanese, in cui subì un trauma cranico: le sue condizioni ebbero un rapido crollo ed egli cadde ammalato immediatamente; morì di meningite cerebrale, il 22 maggio, a Milano. Nella città ambrosiana si tenne il solenne funerale che vide una grandissima partecipazione e la presenza dei principi e di tutti i grandi ufficiali di stato. Nel 1874, nell'anniversario della morte, Giuseppe Verdi compose la Messa di requiem per onorarne la memoria. Nel 1883, a dieci anni dalla morte, la sua tomba venne spostata nel Famedio del Cimitero Monumentale di Milano.
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