I pparole
sporche di Luigi Mari
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Tutti i termini volgari, specie in passato, sono come i
panni sporchi, si lavano in famiglia. Questo studio rivela
soprattutto l'ipocrisia del perbenismo provinciale.
Recitare:
cazzo, fessa e merda anche se in un contesto letterario
popolare è ancora rilevante trasgressione. Terminologia
proibita perché peccaminosa. Dire pene,
vagina e sterco non ha lo
stesso colore folkloristico e non solletica umorismo. Grazie
a Dio sono finiti i tempi di "Cinema Paradiso"
quando con le parole "sporche" si andava
all'inferno. Ascoltare: fucking,
shit e fool non ci scandalizza,
eppure è la traduzione in inglese di cazzo,
fessa e merda.
Per i perbenisti e
i bacchettoni non ci sono scuse, queste volgarità non si dicono mai in
pubblico, si fanno e si pensano perché la natura è umana,
perché senza sesso l'umabità si spegne e senza andar di
corpo si schiatta. Parole che possono anche dirsi, ma per se e con se
o con la limitazioe del linguaggio aulico eufemistico.
Ma se ancora c'è qualcuno dice che il parente è
"finito" e non "morto", che dice "ciclo" e non "mestruazioni", ecc. Subentra quasi lo stesso tabù di manifestare
l'onanismo; ma se hai bisogno di una indagine chimica sullo
sperma l'ospedale ti fornisce lo stanzino e le riviste
pornografiche insieme alla provetta.
Da sempre la morale, l’etica, l’educazione sintetizzano queste
frasi puro turpiloquio di evidente cattivo gusto, non
altra angolazione.
In questa “infernale” raccolta di
poesie di "oscenità ESTREMA" figurano
autori come Ferdinando Russo e Salvatore Di Giacomo, ma il
resto dei poeti sono quasi tutti anonimi forse anche volutamente
anonimi, visto che si era nei tempi in cui Oscar Wilde fu
condannato ai lavori forzati per omosessualità.
Volgare
viene dal latino VOLGAREM = moltitudine,
gente, pubblico.
Aggettivo: DEL VOLGO =
noto a tutti, pubblico.
Come sostantivo = Lingua
corrente, paesana.
Derivazione: volgarismo,
volgarità, volgarmente
Per estensione: triviale, dialetto, vernacolo, comune, plebeo, diseredato, reietto, neolatino
Il termine purgato dall’ipocrisia della letteratura bene
come analisi scelta sostenuta dagli amanuensi che davano un
senso religioso a tutti i codex sta come:
licenziosità, parolaccia, sporcizia, turpiloquio, grossolanità, materialità, oscenità, sconcezza, scurrilità, rozzezza, porcheria, cafonaggine, villania, impudicizia, trivialità, indecenza, scabrosità, cafonata, immoralità, ecc.
Spesso quella morale ipocrita e bigotta, falsamente mistica, disdegna i partenopei
ed il loro umorismo particolarmente basato sul sesso e sullo
sterco,
perché censurati dal vecchio concetto culturale del peccato
legato all'atto sessuale risalente probabilmente alla
trasgressione di Eva. Non a
caso il demonio nella letteratura classica è spesso descritto come
un petomane rumorosissimo.
Il vernacolo partenopeo nella realtà, nella parlata
popolare, ancora oggi è pregno di intercalari relativi agli organi genitali e alle funzioni corporali della
defecazione. Questo tipo di linguaggio è plurifunzione:
diverte, scandalizza e addirittura stimola l'atto sessuale
per gli inibiti
Tutto ciò che è legittimo e naturale veniva filtrato da
certa cultura bigotta come oscenità. Quella stessa
cultura, stranamente, che accetta o almeno tollera, senza sdegnarsi, la
storia sanguinosa, la cinematografia e la televisione cruenta,
insomma la violenza estrema, e chiama eroi i condottieri
sanguinari che causavano ecatombe.
La raccolta “INFERNO DELLA POESIA NAPOLETANA”
con internet ha fatto
il giro del mondo e va considerata anche come elemento di
studio e di analisi linguistica e folklore, oltre all’umorismo
intrinseco che sprigiona.
L’interpretazione del famoso attore napoletano Aldo
Giuffrè (qui sotto in una foto datata)
rende questi “versacci maledetti” musicalmente civici,
come tutti i nostri rumori vesuviani della strada, come gli sberleffi,
le pernacchie, gli stridori di freni eccessivi, gli "stereo" ad
altissimno volume, ecc., nessuno a noi sconosciuto.
Luigi
Mari
L'attore napoletano Aldo Giuffrè
che recita le poesie
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