INTRODUZIONE
Area illustrata con circa 100 foto
Torre del Greco e posta al centro del
golfo, sulla grande Strada Statale N.18, già Regia delle Calabrie, che
da Napoli conduce appunto a Reggio Calabria; e compresa fra i territori
dei comuni di Ercolano (già Resina), Torre Annunziata e Trecase e
affaccia sul mare.
Ricostruita in gran parte dopo le eruzioni del 1794 e del 1861, si
estende in pendio, sul suolo accidentato, dal mare verso il Vesuvio e
può essere distinta in quattro zone.
La prima zona è quella media,
che costituisce il centro: ha il lungo Corso Vittorio Emanuele ed è
chiusa come in un cerchio fra Via Diego Colamarino, Piazza S. Croce,
Largo Comizi, Via Beato V. Romano, Corso Umberto I, Piazza L. Palomba,
Via Purgatorio,Via Circumvallazione. In questa vi sono quasi tutti i
monumenti cittadini, quali le chiese di S. Teresa dei Carmelitani, di S.
Maria del Popolo, di S. Croce, della Madonna delle Grazie, di, S.
Michele, dell’Assunta, di S. Maria di Costantinopoli, della Madonna
del Carmine, il vecchip, palazzo Comunale, il Museo del Corallo,
ecc.
La seconda zona è quella bassa
della Marina formatasi sul ”mare
’seccato” e va lungo la direttrice Calastro -Via Fontana - Via
Cavour - Via S. Giuseppe alle Paludi: presenta le chiese di S. Pietro e
S. Maria del Principio, di S. Maria di Portosalvo, di S. Giuseppe alle
Paludi, la Fontana pubblica.
La terza zona comprende la parte
alta che è al di sopra della
Circumvallazione, con via Marconi, via De Nicola, Via Montedoro, via
Curtoli, la zona di Cappella Bianchini - Scappi.
La quarta zona è quella
periferica che si dilunga sulla
Nazionale verso Torre Annunziata, fiancheggiata da ville settecentesche
e comprende le contrade di Cappella Nuova, S.Maria Ia Bruna con la
chiesa omonima, Leopardi col Santuario della Madonna del Buon Consiglio,
il colle dei Camaldoli sovrastato dalla chiesa di S. Michele. Qui si
presentano molte zone verdi dedicate all’agricoltura e alla
floricoltura e costruzioni sparse anche di tipo residenziale.
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Itinerario 1:
zona media o centrale Venendo da Napoli, si
entra nel Corso Vittorio Emanuele, parte del Miglio d’Oro ove, agli
inizi del Novecento, erano alberghi per il soggiorno dei napoletani e,
dopo la chiesa di S. Geltrude con la Casa delle suore benedettine, s’incontra
a sinistra, su una salita la
CHIESA DI S. TERESA
DEI FRATI CARMELITANI
Dopo l’eruzione del 1631 la città di Napoli, per lo scampato
pericolo, fece costruire sulla Strada Regia per Torre, prima che si
arrivasse alla porta urbica, una piccola chiesa dedicata al Patrono di
Torre: S. Gennaro (l'Immacolata, compatrona dal 1861 per aver fermato la
lava con inizio del rituale del Carro n.d.r.) perché vigilasse sul
Vesuvio.
Poco dopo la stessa città vi edificò accanto un convento ove si
stabilirono dei Padri Carmelitani detti di S. Teresa e la chiesa prese
il nome della santa. I monaci che avevano rendite e poderi, col sussidio
ancora di Napoli e di diversi devoti, ampliarono la chiesa che fu
inaugura nel 1686. Come ci informa lo storico torrese Balzano, questa
aveva fra l’altro una piccola sagrestia più bella di qualunque altra,
dotata di pregevoli armadi in legno d’olivo scolpiti e con i ricchi
arredi. |
Il monastero aveva una vasta biblioteca per cui i
Padri istituirono uno studentato religioso i cui giovani si trattenevano
in dispute teologiche; c’erano poi bei giardini e terreni coltivati a
vigneti.
Nel 1751 la chiesa, che era ridotta in cattivo stato venne ristrutturata
per opera di sette benefattori napoletani che, a ricordo dell’opera,
affissero una lapide marmorea sulla facciata destra dell’ingresso. Con
la soppressione dei beni ecclesiastici voluta dallo Stato italiano nel
1867 il comune di Torre ottenne il complesso per pubblica utilità;
andati via i monaci tutto rimase, però, in abbandono e decadde.
Nel giugno 1897 il Municipio di Torre concesse il tutto ancora ai
Carmelitani per trent’anni, con l’obbligo, da parte ai questi, di
somministrare ai poveri della città una minestra calda per sei mesi all’anno.
La chiesa venne restaurata nello stesso anno col concorso di diversi
benefattori, fra cui la contessa Teresa Piscitelli, e riaperta al culto.
Scaduto il trentennio, il comune di Napoli citava dinanzi alla
magistratura quello di Torre perché appropriatosi indebitamente di quei
beni, ma, sopravvenuta nel 1929 la Conciliazione fra lo Stato e la
Chiesa, il comune di Torre, come atto di coraggio, cedette di nuovo
tutto in vendita”ai Carmelitani, mentre Napoli rinunziava ad ogni suo
diritto di patronato, esigendo solo che i suoi stemmi cittadini
rimanessero sempre sulla facciata della chiesa e sulla balaustra dell’altare.
L’intero complesso salvatosi dalle eruzioni vesuviane, rimase
gravemente danneggiato nel bombardamento aereo americano del 13
Settembre 1943 ed ha perduto tutte le antiche opere di pregio. La
chiesa, ad una sola navata, ha due cappelle su ogni lato. L’altare
maggiore in luogo delle tre antiche tele raffiguranti il viaggio da
Benevento a Napoli, il martirio e la glorificazione di S. Gennaro, ha un
dipinto moderno con monaci e devoti che implorano S. Gennaro e S.
Teresa, opera del napoletano Gennaro Cuocolo (1969); anche la sagrestia
è del tutto spoglia dei vecchi arredi. Distrutto pure l’antico
convento col chiostro, sostituito da un edificio moderno in parte
abitato dai pochi monaci attuali e in parte adibito a scuola elementare
comunale.
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