LA  SCRITTURA

Achille esiste soltanto grazie ad Omero. Togliete dal mondo l’arte di scrivere e probabilmente togliete la gloria.
I Natchez - Chateaubriand     
L'orafo di Magonza


                            Geroglifici in creta

Diamo una capatina al neolitico. Tutti sappiamo che i trogloditi insieme ai suoni gutturali, come tentativo di espressione, hanno pure sperimentato qualche scarabocchio qua e là. Poi la pietra divenne lo strumento naturale per i promemoria, anche se si trattava di semplici tagli o scalfitture che ricordavano date, periodi, avvenimenti, ecc. I primitivi emettevano in origine solo suoni che a mano a mano divenivano più regolari e costanti, quindi convenzionali, fino all’articolazione delle prime parole, sebbene rudimentali e facilmente mutevoli. Il mio popolo (scusate il tono campanilistico ricorrente) ha sempre preferito il metodo socratico della comunicazione verbale, il sistema mnemonico allo strumento fissato e tramandato. Da noi nessuno ha mai imparato le canzoni sugli spartiti. Vantiamo una memoria audiofona che ci contraddistingue. Così pure la filosofia popolare, panacea per la sopravvivenza, antidoto per i soprusi di sempre, non è stata mai scritta. Né Vico, né Croce o De Sanctis, o quelli di passaggio, come il Boccaccio o il Goethe l’hanno mai presa in seria valutazione, così immersi, loro, nello strumento della scrittura.
La parola, come mezzo di trasmissione delle idee, germogliò quando quella sorta di ominidi avvertì l’esigenza della socializzazione.

(Nota: la parte aneddotica vesuviana relativa alla scrittura e all'alfabeto va letta nel contesto generale del libro integrale "Da Magonza..." vedi Home

Non si prefiggevano, i primitivi, però, di tradurla in segni da tramandare ai posteri. Erano lungi dal supporre, poveri «incivili», che la parola scritta e tramandata poteva divenire un’arma terrificante, non solo, ma in molti casi l’immagine speculare dell’esasperazione delle idee, cioè della parte inferma dell’uomo.


              Frammento dell'antico libro dei morti

Erano ignari delle apoteosi deliranti di certi santoni o filosofi, e dei vaneggiamenti maniacali di taluni profeti, e dell’inconsapevolezza di alcuni scienziati. Saggi, quest’ultimi, che hanno pensato bene di sostituire lo psicanalista allo stregone, o la lavabiancheria al lavatoio, ma che nel frattempo hanno pure scoperto la fissione dell’atomo perché possa accadere, in un modo o nell’altro, ciò che l’Ebraismo e Confessioni similari stanno preconizzando da sempre, ma questa volta senza sorta di palingenesi. Diceva bene Marcel Pagnol: Bisogna diffidare dei tecnici, cominciano con 1a macchina per cucire e finiscono con la bomba atomica.

ORIGINE DELL’ALFABETO

         
S
tele_perugina etrusca_3 sec. a.c.

Sappiamo che la storia ci è stata ricostruita dagli scavi archeologici e da opere (o frammenti di esse) tramandatici da studiosi anche antichissimi. Molti uomini hanno speso la vita nelle loro accanite esegesi. Storici, filologi ed ermeneuti hanno ricombinato le tessere di un mosaico dell’ampiezza di oltre cinquemila anni, senza contare le congetturate epoche antecedenti. Il comporta
mento umano affonda le sue origini in quei tempi remoti, e poi via via modificato dalle varie culture, specie quella occidentale concentrata, come si sa, nel bacino del mediterraneo.

Anche se, in queste pagine, darò 1’impressione di dir male dei miei convesuviani, e specie dei miei torresi, premetto che il mio sentimento nei loro confronti, pur sfociando in una ironica dicotomia di illaudo-apprezzamento, si dovrà interpretare come un amore irreversibile, come tutti gli innamoramenti mai appaganti. Questo libro, non dimentichiamolo, pianta le sue fondamenta all’ombra del Vesuvio, e da questo sito che i moti dell’animo, le passioni, gli sconvolgimenti, le gioie e i dolori, il folklore, la cultura, la stampa, si convoglieranno in questa prosa. Siamo il popolo più ancestralmente campanilistico del Globo; qui pure quando si truffa o si ammazza è paradossalmente per campanilismo. Io sono convinto che se l’alfabeto, quindi la stampa, non fossero stati mai inventati, il popolo napoletano avrebbe potuto farne a meno, per la sua prerogativa logorroica e mnemonica, non solo, ma se l’uomo non avesse saputo mai parlare, ebbene, il napoletano avrebbe diffuso nel mondo la fonomimica, di cui è detentore da sempre.
Non la pensarono cosi i primitivi, perché a mano a mano che si civilizzarono, dopo i pallottolieri cinesi, le conchiglie, le tavolette d’argilla, ecc. crearono il progenitore dell’alfabeto, che gli addetti ai lavori chiamano pittogramma, il cui significato è facile intuire. Queste parole-concetto avevano molta somiglianza con i geroglifici, di cui oggi si conoscono oltre tremila segni. A titolo di delineamento dirò che i geroglifici erano distinti in scrittura ieratica (religiosa) e demotica (popolare) Una bella mattina un certo JEAN FRANCOISE CHAMPOLLION, nel lontano 1822, si mise in testa di decifrarli tutti. E come tutti i caparbi prese in braccio la famosa Pietra di Rosetta, portata alla luce dal francese PIETRO BOUCHARD e prima di farsela cascare sui piedi la scaravento sul banco del suo laboratorio di

ricerche, e allora andò a letto (si fa per dire) quando anche il segno più impercettibile fu smascherato.
Nelle scritture antiche dette cuneiformi si sono addirittura decifrati episodi che hanno attinenza con fatti biblici. Oggi va un po’ scemando l’interesse per l’ermeneutica e l’archeologia. Gli studiosi diranno: a che vale faticare tanto se prima o poi faranno del mondo un cumulo di macerie? Ma dopo 1’invenzione della stampa, dal Rinascimento in poi, vi sono stati molti pionieri dedicati a questi moderni studi e ricerche. Fino al nostro secolo molto tempo umano è stato speso per la decifrazione delle scritture di antichi popoli. Non vi è dubbio che ogni genio umano è sempre un po’ folle, con buona pace di Sant’Agostino e Nietzsche. Diceva Valery: Il genio si muove nella follia, nel senso che si tiene a galla là dove il demente annega. Un certo G. F. GROTEFEN, professore dell’Università di Gottiga, agli albori del 1800, decifro così bene la scrittura cuneiforme che finì col comunicare egli stesso con chiodi e cunei disposti in modo prestabilito a frequenze ripetibili.

Così, quando doveva dire alla moglie: desidero mangiare, o dormire o fare l’amore, disponeva i suoi chiodi, come dire, ora sul desco, ora sul talamo. Ma la consorte non capiva un chiodo di quel linguaggio, non solo, spesso gli diceva: marito mio, ti sei messo brutti chiodi in testa, perché non utilizzi il tuo tempo per affari più remunerativi? E le donne, credete, da questo punto di vista sono uguali in tutto il mondo, quindi è inutile darsi pena, cari convesuviani.

L’ALFABETO

Ma torniamo alle origini della scrittura. L’alfabeto fenicio consisteva, si dice, in 22 lettere. Gli esperti dicono che da esso deriva l’aramaico e quindi l’ebraico; inoltre il siriano, l’arabo e via dicendo. La palese polemica sulla paternità dei Fenici dell’alfabeto sembra ormai lenita. La storia ci insegna, comunque, che i Fenici non hanno mai brillato in fatto di cultura e civiltà. Ma se avessero estorto davvero l’idea agli egiziani, non ne vedo affatto l’importanza, dal momento che la storia non è che una lunga querimonia di prosa schematica su eccidi, saccheggi ed appropriazioni indebite. Quasi sempre ciascun gruppo etnico vincitore ha frodato a quello sconfitto sostanze, cultura, commerci e carnai umani.
E’ doveroso ricordare, pero, che l’alfabeto il quale ha aperto la strada all’arte scrittoria (intesa come poesia, prosa, teatro, filosofia, quindi teologia, ecc.) è stato quello greco. Non per nulla, come tutti sanno, il termine deriva da Alfa e Beta. L’alfabeto greco era composto da 24 lettere. La lettura, in origine, non era dessiografica, ma procedeva da destra a sinistra. Si dice che il documento greco più antico sia il Papiro di Timoteo risalente al IV secolo a. C. L’alfabeto latino, invece, era formato da 21 lettere, dopo verranno aggiunte G, Y, e Z. Gli addetti ai lavori stabiliscono che l’alfabeto latino si riallaccia agli alfabeti delle precedenti civiltà, compreso il greco. Oggi la letteratura mondiale, diffusa attraverso lo sviluppo editoriale, è penetrata in tutti gli strati sociali, in maniera che ciascun uomo abbia potuto capire quale importanza abbia avuto l’alfabeto nella storia umana.

Come abbiamo visto esso si affermò centinaia di anni fa, quando dai segni legati alle figure si passò a quelli sillabici, dove ogni elemento rappresenta una lettera con un suono proprio. Un insieme di segni, come è noto, che consente da secoli l’umanità di tramandarsi storia, scienze, religioni, e via dicendo. Il suo valore immenso, chiaramente, sta nella sua combinazione in parole, che sono, in pratica, la traduzione di particelle di pensiero. Ma
vien da pensare: dal momento che la storia, come ho gia detto, non ricorda che stragi e saccheggi, la religione riflette spesso fanatismi talvolta paranoicali e allucinatori, la poesia e determinata prosa, per certi versi, alimentano nostalgie e malinconie, la filosofia finisce di solito col proporre vaneggiamenti a catena, la scienza sfocia ad estuario nelle catastrofi; e partendo dal presupposto che molta gente beve per dimenticare, l’alfabeto, per svariate ragioni, è stato davvero di giovamento all’umanità?