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Le officine Mondadori? Ho senza dubbio sbagliato epoca per mettermi a fare il tipografo nella bottega-bazar di Via Purgatorio. Che, poi, questa Via Purgatorio suggerisce sempre tono di dileggio alle verbalità telefoniche dei fornitori grafici irrimediabilmente milanesi. Ma andiamo avanti. I tipografi di allora (voci di corridoio) erano gelosissimi dei propri caratteri, (come se adesso non lo fossero). Li custodivano come reliquie, e pure adesso, poco ci manca, a parte alcuni tipografi sciagurati di mia conoscenza, che fanno una tale bruzzaglia o mmescafrancesca e ’nfranzesaggine, per dirla in gergo, che, sempre per dirla a modo nostro, il padreterno ne vuole il cuore. Si dice che allora la fusione avvenisse manualmente, attraverso arnesi rudimentali auto-fabbricati. Proprio come accade oggi da noi per attuare soluzioni ottenibili, invece, con zuppe sostanziose, alla milanese... Adesso capisco perché dicono che siamo arretrati di cinque secoli. Il torchio da stampa, dopo aver spremuto anni ed anni vino, indossava la marsina o il pastrano e si dava alle lettere. Il famoso mezzo di stampa, a parte le freddure da goliardo, ebbe lunga

vita. Era costituito da una base molto pesante, dal piano portaforme (dove veniva inserita la composizione, cioé i caratteri allineati in righi uguali), e dalla grossa vite che veniva manovrata da una leva, il cui movimento permetteva al piano di pressione superiore di abbassarsi dolcemente, ma con tutto il suo peso, sulla carta inumidita, poggiata sui caratteri preventivamente inchiostrati, del piano inferiore. I rulli erano di cuoio. Pare, pero, che in quel periodo le madri degli inventori prendessero la pillola, o comunque adoperassero anticoncezionali molto efficaci, dal momento che il travaglioso torchio, come direbbero i siculi, fu impiegato per oltre trecento anni. I primi libri stampati, com’è noto, vengono detti incunaboli (in culla). Il periodo degli incunaboli va dall’inizio della scoperta della stampa fino alla metà del diciottesimo secolo. Fu un periodo duro per l’affermazione della stampa. Un giorno i tipografi scesero in piazza insieme ad una sorta di rappresentanti di categoria, postulando che bisognava smetterla, una buona volta, di ritenere il libro stampato una contraffazione. Infatti, nei giorni seguenti, gli incisori di matrici (poiché la petizione