era stata respinta a suon di carciofi e cavolfiori,
dai monaci che minacciavano scomuniche in tono sussiegoso e perentorio)
non si risparmiavano nessuno sforzo non già allo scopo di creare
caratteri ripetitivamente uguali e perfetti, ma irregolari ed il più
possibile fedeli alla scrittura manuale. Ma tu guarda le fisime dei
conservatori! Solo molto tardi la stampa fu riconosciuta, non solo come
invenzione utile, ma come moderna forma d’arte. I caratteri, così,
presero il sopravvento sulla scrittura manuale. Un po’ come fanno
molte mogli dopo i primi anni di matrimonio. All’origine i libri
avevano un aspetto molto diverso da quello d’oggi. La carta, ad
esempio, spesso conservava il suo aspetto ondulato a causa delle
bagnature sulla parte posteriore, onde favorire il contatto del foglio
con i caratteri. Veniva lasciato molto margine intorno allo scritto e
soprattutto il libro se richiesto rilegato dal cliente era consegnato
intonso. Gli incunaboli non avevano le pagine numerate, né frontespizio,
né soscrizione o colophon, come dicono all’estero. Si dice che
la massima tiratura. non superasse le duecento copie. (Come avranno
fatto a contare tutte le tirature di
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allora?). Mah, questi storici e filologi, faranno come
gli amanuensi, di tanto in tanto qualcosa se la inventano, Ma andiamo
avanti. Verso la fine del 1500 si ebbe la prima fioritura della nuova
scoperta. Gli studiosi, fedelmente o meno, ci ricordano che agli albori
del 1600 si contavano in Italia ben 150 tipografie. (Oggi manca poco che
si contano nella mia piccola Torre del Greco). Ma, bando alle ciance. La
capitale del libro fu... Napoli. Domando: fu Napoli? Pare proprio di no,
purtroppo. (Fosse mai stata la capitale di qualcosa). Fu la languida
Venezia. Il maggiore prototipografo italiano fu ALDO MANUZIO. Egli si può
considerare il padre dell’editoria italiana. A libro affermato i
prototipografi avevano più fans degli autori di libri. Manuzio produsse
molti.testi classici aumentando la tiratura da duecento a mille copie. (Ci
crediamo?). Con molta probabilità nelle vene di quell’uomo dovera
scorrere sangue milanese o giapponese, perché aveva davvero il cosiddetto
bernoccolo degli affari. Avvalendosi della locuzione: Carmina non
dant panem, la modifico in: Imprimer carmina dant panem,
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