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Le notizie storiche sulla evoluzione della stampa
napoletana sono inserite in maniera frammentaria nelle pagine seguenti
nel quadro generale della cultura napoletana in relazione all’arte
scrittoria fino all’Illuminismo e via via lungo i secoli successivi di
lenta aderenza allo sviluppo dell’arte nera. |
che serve al senso tattile dei polpastrelli onde allineare i fusti nel compositoio senza bisogno di guardare. Ho sentito doverosa questa sommaria descrizione perché fra qualche anno si finirà solo col descrivere la salma di questi famigerati, e diciamolo pure, valorosi soldatini. Chissà quale intruglio adoperò Gutenberg per realizzare i suoi caratteri, credo pressappoco la lega odierna: piombo, antimonio e stagno. Il piombo per la duttilità l’antimonio per la resistenza, lo stagno come antiossidante, e talvolta un pizzico di rame per rendere fluida la lega. Fino a qualche decennio fa alcuni giornali venivano ancora composti con i minuscoli caratteri mobili. Ricordo con nostalgia un personaggio, in una parola, grottesco, della tipografia napoletana: Don Pietro. Ma sì voglio immortalarlo: DON PIETRO riusciva a comporre un rigo di libro in 15 secondi (in media 50 lettere) quasi 4 bastoncini al secondo e questo per la durata delle giornate lavorative di una volta. In più componendo, si scioglieva in lazzi e scurrilità facete. La palpebra dell’occhio destro si era perpetuamente anchilosata nell’atto di chiudersi |