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aumentò la disponibilità riducendone i costi, a
discapito, chiaramente, della qualità. ’O sparagno nun è mai
guaragno, diciamo in gergo. La produzione raggiunse, qualche
decennio fa, livelli mai toccati. Ancora oggi tutti gli stampati
commerciali o editoriali non destinati alla lunga conservazione vengono
impressi sulla carta fabbricata con pasta di legno. Negli anni ’50
rifiorirono molte case editrici in tutta Europa per rimpiazzare le
centinaia distrutte nel corso dell’ultimo conflitto mondiale. L’editoria
napoletana ha conservato solo la fama di un tempo, quella relativa al
primo giornale italiano con disegni illustrati; L’Arlecchino,
uscito nella metà del secolo scorso, o al primo rotocalco d’Italia:
Il Mattino Illustrato, o al primo periodico a fumetti: Il
Corriere dei Grandi.
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degli stampatori contro edizioni contraffatte. Restava la difficoltà di far rispettare queste legittime regole oltre frontiera. L’importanza della stampa era ritenuta tale che lo stampatore aveva priorità sull’autore, anche perché la paternità di opere classiche era inconfutabile; inoltre gli intellettuali dell’epoca capaci di scaturigini si contavano sulla punta delle dita, e nessuno osava firmare 1’opera di un altro. Il Copyright Act inglese del XVIII secolo pose in parte fine a certe illegalità. Un’altra legge francese, sembra della fine di quel secolo, proteggeva questa volta anche 1’autore per appena due anni dopo la sua morte. Avevano fatto lo sforzo... I tedeschi, ma qui cade bene i teutonici, emanarono un’altra legge che li proteggeva oltre trent’anni dalla loro dipartita. Ma ciò che pose fine definitivamente allo sconcio del plagio fu, come molti sanno, la Convenzione di Berna, che riconosceva il Principio Internazionale dei Diritti d’Autore. E finalmente nel 1950, e questa e storia contemporanea, l’UNESCO promosse la Convenzione Universale del Copyright, esclusi i paesi dell’Est. Ed ora, ahi, ahi, ahi, mi tocca sfiorare |