Cap. 3 - Pag. 106

Cap. 3 - Pag.107 

una nota dolente. Le parole contraffazione, quindi illegalità, truffa, plagio o che dir si voglia, chiamano in ballo i napoletani. Questo modo antico di sbarcare il lunario, oggi, bisogna riconoscere, degenerato, ha origine lazzaronica, nato dall’esigenza di sfamarsi. I lazzaroni, come è noto, erano una torma di emarginati senz’arte ne parte, immigrati a Napoli da ogni dove. Dal Vicereame alla Repubblica le cose per il popolo napoletano proletario non sono cambiate, anzi, la televisione gli ricorda che se non spende, o va in fuoriserie, o fa le vacanze e il fine settimana e un uomo da niente, che non serve, oggetto di scherno da parte del condominio (o dell’agglomerato di bassi fatiscenti) e ce ne sono ancora molti nel centro storico e in tutta la provincia povera. La Campania progredita maschera bene questo squallore. E’ essenzialmente da questi siti, in solco binario del consumismo che si è rinnovata la piaga del disorientamento generale. Oggi, più che mai, essere povero è una vergogna, una umiliazione, in un mondo di ricchi. Una volta i poveri erano moltissimi, e la gente si sentiva dignitosa nella miseria. Oggi sono molti gli agiati, proprio come a

New York, e i poveri sono solo emarginati, da ghetto. Anche se non giustifico niente e nessuno posso assicurare che, a prescindere dalle estorsioni, dal contrabbando, che si riallaccia ai traffici con gli angloamericani, o la droga, piaga planetaria, in Campania, ai giorni nostri, la contraffazione sfama migliaia e migliaia di persone, in più accelera il successo di certi marchi con la maggiore diffusione. Da noi la contraffazione interessa i discografici e i videografici o la moda, più che gli editori.

SCARAFONE 
CONTRAFFATTORE PER AMORE

Incontrai Giorgio Scarafone all’ingresso degli scavi di Ercolano, l’estate scorsa. L’appellativo di scarafone si giustifica dietro la sovrapproduzione melaninica della sua epidermide. Egli, però, si difende dicendo che il suo colorito è consono alla sua professione di tipografo, data la denominazione di arte nera attribuita alla stampa. Giorgio mi narrò, quel giorno, che era costretto, negli ultimi tempi, a lavorare, ironia della sorte, come un negro, nella sua bottega artigiana, non certo per essere coerente