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una nota dolente. Le parole contraffazione, quindi illegalità, truffa, plagio o che dir si voglia, chiamano in ballo i napoletani. Questo modo antico di sbarcare il lunario, oggi, bisogna riconoscere, degenerato, ha origine lazzaronica, nato dall’esigenza di sfamarsi. I lazzaroni, come è noto, erano una torma di emarginati senz’arte ne parte, immigrati a Napoli da ogni dove. Dal Vicereame alla Repubblica le cose per il popolo napoletano proletario non sono cambiate, anzi, la televisione gli ricorda che se non spende, o va in fuoriserie, o fa le vacanze e il fine settimana e un uomo da niente, che non serve, oggetto di scherno da parte del condominio (o dell’agglomerato di bassi fatiscenti) e ce ne sono ancora molti nel centro storico e in tutta la provincia povera. La Campania progredita maschera bene questo squallore. E’ essenzialmente da questi siti, in solco binario del consumismo che si è rinnovata la piaga del disorientamento generale. Oggi, più che mai, essere povero è una vergogna, una umiliazione, in un mondo di ricchi. Una volta i poveri erano moltissimi, e la gente si sentiva dignitosa nella miseria. Oggi sono molti gli agiati, proprio come a
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New York, e i poveri sono solo emarginati, da ghetto. Anche se non giustifico niente e nessuno posso assicurare che, a prescindere dalle estorsioni, dal contrabbando, che si riallaccia ai traffici con gli angloamericani, o la droga, piaga planetaria, in Campania, ai giorni nostri, la contraffazione sfama migliaia e migliaia di persone, in più accelera il successo di certi marchi con la maggiore diffusione. Da noi la contraffazione interessa i discografici e i videografici o la moda, più che gli editori. SCARAFONE |