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Cap. 4 - Pag. 144 |
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pantaloni casual unisex variopinti e guallarosi. Forse, però, i progressisti l’avranno vinta. La mia cittadina alle falde del Vesuvio, amena e ridente, come leggo da secoli sui libri di storia locale, non ridarà mai più alle fanciulle quelle labbra carnose sulla bocca larga e voluttuosa senza il belletto, il roseo naturale alle guance prive di fard, lo splendore ai denti d’avorio tersi con bicarbonato, gli occhi luminosi privi di mascara. Alcuni dedali sono stati risanati nella mia Torre del Greco. Falansteri di cemento armato fagocitarono le romantiche magioni-giardino delle costruzioni spagnole. Mai più vedrò fanciulle alle finestre dagli infissi detti pezzi d’opera, da lavare e lucidare nelle prossimità pasquali. Occhi dolcissimi e sereni, mimetizzati tra vasetti di garofani e rose, le nostre rose, i garofani di Torre del Greco, rossi come il fuoco del Vesuvio. Immagini a mezza strada tra il mistico mariano e la passionalità shakesperiana. La mente richiamava epos trovadorici e cavallereschi che accendevano il meridionale ardore. Ahimé! Il Decadentismo si faceva avanti, la letteratura moderna analitica ed introspettiva aveva a mano a mano i consensi |
popolari ed
interessava pure gli editori campani. La retorica alla gogna. Pure i giovani dei dedali erano
suggestionati dai dialoghi interiori di Joyce e di Svevo o dallo
sconvolgente pensiero di Nietzsche. Ancora Fromm e Jung e tutti i
neofreudiani. Il giovane meridionale si accorge di aver addentato la mela.
Determina che l’attrazione intensa per la fanciulla del cuore è solo una
condizione mentale, un’elaborazione culturale dell’idea dell’amore.
E sospetta, con amarezza, che quella folle passione che intende placare,
non è, in fondo, amore per lei, ma per se stesso, attraverso lo specchio
di lei. La vecchia Napoli dei guantai, dei ciabattini, dei dolcieri, degli
ambulanti, dei tipografi del piombo fuso tramonta inesorabilmente.
Facciamo una capatina in queste botteghe, finche saremo in tempo. |