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insomma mi fece una chiavica!». La bottega di Don Antonio aveva le pareti incastonate di gabbie e mi chiarì subito che il suo era un paese d’amatori d’uccelli. Gli feci intanto una chiara relazione sul da farsi per realizzare quel libro. Ad un tratto mi prese sottobraccio per guadagnare l’uscita in aperta campagna. «Quando esco dall’Alfa Sud - mi disse - il tempo che mi rimane lo passo un po’ a stampare, un po’ a zappare. Guarda che bella campagna ! Ci pianto tutto, eh, ma solo per il fabbisogno personale... e di quello dei clienti...».
Lo fissai senza intendere. Mi scosse la falda della giacca con cordiale veemenza ed aggiunse con un tono di rassegnazione nella voce: «Quando sbaglio qualche lavoro - abbasso gli occhi, poi li puntò in alto, in un posto indefinito - e questo capita spesso, tu sei un caro amico, a te lo confesso: quasi sempre, Lui’. - Poi ribadì in tono perentorio, ma ironico - diciamo pure che non ne azzecco una, va! I fogli vengono troppo scagnati, o troppo ’nguacchiati... Il mio forte sono gli errori di grammatica. - Sorrise - Mi volevano dare il
premio Nobello sugli errori di stampa, Marittiè...

Basta! Dopo ogni lavoro, al posto di rifarlo, accontento il cliente con un paio di chili di pomodori freschi, una spaselluccia di fave, che so, due mazzi di ravanelli... Vedessi dopo il lavoro com’è buono!». Ridevo. Presi fiato per domandargli cosa aveva offerto al prete quella volta. «Offerto? Quello se non lo fermavo si scippava pure le radici da terra. Disse che doveva nutrirsi molto, perché le arrabbiature gli portavano l’insonnia e lo facevano dimagrire giorno per giorno. Intanto la perpetua non fece la spesa per tre mesi... Vedi una «t» che mi costò... Ma che vuoi, caro Mari, io non lascerei mai la tipografia, le sono affezionato. Poi in paese hanno soggezione di me, mi chiamano professore, scienziato, uno mi chiama ministro; è gente ignorante, io almeno ho fatto la prima alimentare tre volte, poi mia madre, disperata, mi mandò a imparare l’arte da Ciccio ’o solachianiello che i giorni pari aggiustava le scarpe e quelli dispari faceva i manifesti di morto. Quello sì che era un maestro. Aveva fatto fino alla seconda alimentare senza ripetere neanche un anno».