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Cap. 6 - Pag. 200 |
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Il poveretto, stressato, esaurito,
avvertì un malessere nell’aereo, ma invece di prendere la direzione
della toilette aprì per errore un portello dell’abitacolo
pressurizzato e precipitò. Non ebbe paura perché non dirupava, ma
veleggiava, ora cabrava, ora picchiava, su, giù, a destra e a manca.
Per la prima volta nella sua vita provò l’ebbrezza della libertà. Ad
occhi aperti agitava le braccia come un volatile. Il suo cuore era
inerte, non discerneva più la gioia e il dolore, il riso e il pianto.
Una dimensione senza principio ne fine. Poi il vento lo spinse sempre più
oltre, raggiunse la velocità della luce e confermò la teoria di Einstein, il tempo si arrestò quando sentì il suolo
dolcemente sotto la regione plantare. |
paura di
vivere e di morire. Quel mondo gli rammentava il candore dell’infanzia,
la fiducia e la sicurezza disgregata dal presente. Scoprì l’epilogo
della teoria spazio-tempo, non già l’eternità, ma la vita a ritroso. A
mano a mano che gli anni andavano, Paperino e la sua meravigliosa compagna
ringiovanivano sempre più fino a divenire due pargoletti paffuti, due
batuffoli di cotone idrofilo, l’uno rosa, l’altro celeste, per poi
addormentarsi dolcemente in una culla di giunco, irradiati dai loro
candidi sorrisi, nella consapevolezza soave di un posto assicurato nel,
cosiddetto (per la quarta volta), retorico limbo. |