Cap. 6 - Pag. 212

Cap. 6 - Pag. 213 

Giorgio mi osservava, con la testa altrove, mentre infilavo nel gruppo di rulli della pianocilindrica dei fogli di prova stampati più volte allo scopo di sottrarre inchiostro eccessivo. Mi fece notare che quelle scartine avevano fatto tutte le guerre. Infatti erano fogli di avviamento, passati per la macchina più volte in un arco di tempo lungo. Dove compariva una scritta, dove un fondino carminio, più in là un tono di colore indefinito, e tanti altri elementi frammentari e alla rinfusa. Un risultato che a volerlo realizzare non bastava Picasso; una di queste scartine di cartoncino rigido non si arrotolò, riuscì spontanea dalla macinazione e veleggiò intrepida per adagiarsi docile ai piedi di Giorgio. L’uomo dilatò le pupille e tentava di dischiudere le labbra nello sforzo vano di profferir parola. Era in completa afasia, tanto che io sospettavo i sintomi incipienti del grande male. Raccolse la scartina con la cautela di un artificiere, la poggiò lentamente sul banco, indi mi si avvicinò e mi estorse dalla guancia l’adesione ad un bacio vigoroso, per fortuna brevissimo. Lacrimava di cuore, poi si dimenava nel corpo, batteva i piedi sul pavimento, indi faceva le fusa e sorrideva ebete.

Prima che incominciasse a rotolarsi per terra capii che provava una gioia autentica, puerile. Tra riso e pianto, tremante, in pieno orgasmo fece il gesto di rilasciarmi un assegno, poi, per mia sfortuna, si. rimise il carnet in tasca dicendo che una tale opera non aveva prezzo, il cui compenso non rientrava nelle sue possibilità. Il suo conto corrente era sempre in rosso...
Quella scartina, per me, onestamente, insignificante, fu la vita per Giorgio. Quando gli dissi - più dietro lo spavento che dietro la generosità, che poteva tenerla - ricominciò con quei, devo confessarlo, disgustosi baci a labbra piene. Fosse stato un russo o un mafioso, povero me! Quella scartina fu l’emblema del suo genere artistico, che, nemmeno nei momenti di pathos di più alta ispirazione, di maggiore follia creativa aveva saputo realizzare. Prese a sbaciucchiare la macchina tipografica, la fece lustra, (anche se un tantino maleodorante), come il gatto fa col proprio corpo. Malgrado le apparenze paranoicali, Giorgio era tanto buono, non solo, pure culturalmente preparato, e di una intelligenza singolare.