almeno nelle mura domestiche si parli la stessa
lingua e noi stamperemo in rotocalco; dateci un mondo vivibile, dove l’amore,
che è nient’altro che la paura sconfitta, possa trionfare, e
noi stamperemo in rotocalco bobine di carta lunghe quindici miliardi di
anni luce, per informare anche l’ultima galassia, che la terra ce l’ha
fatta, è salva.
Ettore Imparato conclude cosi la sua «Piccola storia di Napoli»:
«I Romani vennero per liberare Napoli dai Sanniti, i Goti dai Romani, i
Bizantini dai Goti, gli Svevi dai Bizantini, gli Angioini dagli Svevi,
gli Aragonesi dagli Angioini, Carlo VIII dagli Aragonesi, gli Spagnoli
dai Francesi, gli Austriaci dagli Spagnoli, i Borboni dagli Austriaci, i
Francesi dai Borboni, i Borboni nuovamente dai Francesi, Garibaldi dai
Borboni, gli Alleati dai Fascisti. (...) Meno male che il napoletano,
quando e come può, sa liberarsi da solo! In mancanza sa vivere libero
anche sotto l’oppressione. (...) Egli ha preso pregi e difetti di
tante razze, dalla cui fusione ha tratto una vivida intelligenza,
invidiata da altri popoli». Magnifica osservazione! Ma le leggi di
natura sono inesorabili.
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Ora che il popolo napoletano poteva far tesoro delle
esperienze acquisite, finite le oppressioni, è incappato
nella problematica esistenziale planetaria, verso cui intelligenza,
scaltrezza ed arte dell’arrangiarsi a poco servono, perché è stata
compromessa non già più la liberta sociale, ma quella individuale
interiore.
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