alla solerzia di Massimo Genova, il burbero benefico,
che solo a cospetto delle mie piccole Serena e
Veronica lascia trapelare la sua vera natura, quella potenzialità di
disposizione alla tenerezza e alla benevolenza che, spesso, il ruolo
sociale lascia occluse dentro, cristallizzando forme comportamentali di
apparente austerità e riservatezza. Maurizio detiene la pacatezza quasi superficiale del
commerciante sentimentale che ha meno meno
dimestichezza con le cifre e maggiore disposizione alle operazioni di
stoccaggio di magazzino e al trasporto merceologico. Non dimentico,
certo Rafele, Felice e ’Ngiulillo, dal somatico villereccio, sempre
tronfi, in paese, quando ostentano la loro appartenenza nientemeno che
al prestigioso mondo delle arti grafiche, pur se contano solo fogli di
carta da mane a sera. Personaggi con i cui i tipografi hanno contatto,
quasi giornaliero, nell’arco della vita intera. E le voci... accordi
melici ovattati di passato. Il compositore tarchiato e paffuto: Rafe’
’na resema ’e mezzofino, m’ ’a porto ’ncuollo; Il titolare
impressore, legatore e fattorino: Massimo, otto scatole ’e
Diplomatica,
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m’aggio abbuscata ’a jurnata... Però t’ ’o ddico
’a mo’ nun tengo sorde. Segna. E il sedicente
industrialotto-bottegaio di provincia: Mauri’, spicceme tu, i’
m’ aggio scurdato che bboglio, se no frateto allucca.
Signora Maaari - diceva Mario napoletanizzando al massimo quell’espressione
che sottintende un dileggioso assioma partenopeo, martellatoci per anni
dai Genova, sintetizzato dal popolo nella simpatica dicotomia
Provvidenza-effetti bancari, che si traduce nella pluralità delle
figlie-femmine, le cui quattro nostre viste nascere, da loro, e
seguite nell’età evolutiva. Fino a che giustizia fu fatta, nel senso
che Massimo e Mario beneficiarono in prima persona dell’ebbrezza
della prole di conformazione muliebre, che attribuirono al maliardo
influsso scaturito da una sorta di incantesimo da noi perpetrato sul loro
destino proliferatorio, sulla base dell’aver compagno a duolo, scema
la pena. Signora Maaari. Non potremo mai dimenticare questa voce, come
non si scorda mai la voce delle mamme napoletane che raccolgono a se i
figlioletti dall’alto dei davanzali dei balconcini e delle portelle
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