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Cap. 10 - Pag. 390 |
Cap. 10 - Pag. 391 | |||||
Chi ha le tempie canute ricorda che il tipografo delle botteghe, nel dopo guerra doveva accontentarsi delle bruschette o delle marenne a base di melanzane a funghetti e friarielli, mentre quello che faticava al giornale poteva permettersi la fetta di prosciutto. Spesso i compositori o gli impaginatori dei giornali davano il loro diretto contributo ai pezzi di cronaca, perchè facevano da tramite tra ambiente popolare e redazione, suggerendo, tra l’altro, espressioni gergali, peculiarità caratteriali e comportamentali del popolo, sconosciute alla classe alto borghese dei giornalisti agiati di allora. Chissà chi furono gli informatori della Serao, forse la masnada di camici neri rattoppati e bisunti che la circondava. Quale tipografo artigiano negli anta può dimenticare le rasserenanti giornate di lavoro in queste officine grafiche. Lazzi, facezie, scherzi da prete e soprattutto spiccava quella sorta di paradossale religiosità nel turpiloquio, poetico, colorito, ilare, puerile ed innocente. Questi erano i soli delitti che si confessavano la domenica in chiesa. Dovevano pur farsi perdonare qualcosa, altrimenti i reverendi avrebbero rischiato la... cassa integrazione. |
IL SOGNO DEL GIORNALISMO |