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Dio-amore, così, invece, irrazionalmente elaborata culturalmente, non altro che da fantasiosi bisogni di espiazione terrena. Il suicida, molto spesso, ammazza se stesso per non morire! ... Egli annega negli angosciosi sensi di colpa inconsci, cioè sempre indefiniti, quindi, nell’immotivazione, attribuita spesso ad ingerenze demoniache, vorrebbe uccidere un male senza volto, che in buona percentuale si rivela come consapevolezza celata in cantina, della elaborazione culturale: morte-inferno-sofferenza eterna, pregna di terrore, fulcro inconscio di tutti gli stati depressivi più o meno gravi. Nell’impotenza ansiosa il suicida ripiega, in alternativa, con il possibile annientamento della debole carcassa cerebrale, portatrice da anni, con alti e bassi, l’angoscia oramai incancrenita, tanto più coatta ed ossessiva perché inesplicabile in superficie, dietro l’esclusione di ogni possibilità di rimozione. Il tema, sovente reiterato dell’insoluto esistenziale, non altro 1’angoscia umana che ha origine direttamente dalla consapevolezza di finibiltà e probabile assenza salvifica, in base alle elaborazioni culturali di millenni, fu magistralmente generato dallo psicoterapeuta

Luigi De Marchi, nel suo "Scimmietta ti amo,, citato nella premessa, nella bibliografia e nella nota a margine d’essa, da cui sono stato sensibilmente illuminato e spinto a formulare, lungo il presente libro, alcune riflessioni, che partono dall’assunto del suo geniale saggio. Le difese, (anche sotto le freudiane sublimazioni: artistiche, politiche, religiose, professionali, ecc.) sono molto spesso contrastanti, e vanno dall’annichilimento mistico alla violenza criminale, quando le si sostituiscono all’unico antidoto diretto alla paura esistenziale, cioè l’amore, (specie concretizzato nei contatti fisici, continuità della difesa uterina) inteso come l’opposto dell’angoscia, quando è esente dall’idea di peccato. Dio è anche l’organismo che vive e bisogna sempre favorirlo nei legittimi appetiti, foss’anche nella atarassia epicurea. La morte - diceva intanto il filosofo - non è nulla per noi, perché quando noi siamo essa non c’è, e quando c’è noi non siamo pù. Dunque amore non come opposto dell’odio, ma come inverso della paura. Più è attenuato questo timore, più l’uomo è capace di amare. L’amore come salute mentale, che stabilisce il giusto