Torre e il corallo     pag. 17 di 17


                Collane di produzione Costa

 Tra tutte quelle vecchie carte, un piccolo depliant dei suoi prodotti mi e parso indicativo in particolare di alcune caratteristiche del signor Costa: innovatore, perché già adottava il colore nella stampa, quando tutto era ancora «bianco e nero», meticoloso, perché conservava di tale depliant persino la prima bozza da lui stesso tracciata benché impegnato a dirigere un’azienda che impiegava oltre 1.100 operai tra interni ed esterni. Proprio tanti erano i nomi segnati nel libro paga di coloro che, uomini e donne, lavoravano il suo corallo.
Dicevo: aperto alle innovazioni. Infatti, dev’essere stato il primo fabbricante a ritenere possibile affidare ad una macchina la bucatura del corallo se nel 1908 si rivolgeva alla ditta tedesca «G. Boley» per chiederne le caratteristiche tecniche onde considerarne 1’acquisto. E dev’essere stato anche uno dei primi a importare direttamente dal Giappone il corallo nuovo: nel 1901 riceve la prima partita di 70 libbre (pari a ca.
kg. 32) di «rosso scuro Tosa», per la quale pago la fattura n. 1034 dell’importo di Lstg. 66.18.6 compresi imballo, nolo, assicurazione e provvigione alla «Popp e C.» di Kobe. Quanto «Sciacca» avesse comprato Costa, potei valutarlo per induzione da quel che ne rimaneva dopo 100 anni, oltre che rilevarlo dalla descrizione minuziosa di alcuni acquisti relativi a soli brevissimi periodi. Della notorietà dei costipati depositi genovesi, invece, sono venuto a conoscenza consultando qualche documento dell’azienda: nel 1919 la «Soc. Nippo Cinese» di


                  Collane di produzione Costa
Bologna, con capitale sociale di Lit. 4 milioni, scriveva a Costa « ...a conoscenza che le vostre cantine sono piene di corallo Sciacca, siamo interessati ad acquistarne forti quantitativi».
L’attività aziendale dovette essere quanto di più esteso e diversificato si possa immaginare: andava dalla vendita del grezzo di ogni provenienza e qualità, alla lavorazione e alla vendita di prodotti semifiniti e finiti. Di questi, nei due registri che il tempo ha reso appena leggibili, ne risultavano una ottantina di base, che diventavano 1600 circa una volta sviluppati a seconda della qualità, del peso, del colore, della calibratura. L’entità ed il giro di vendite non avevano alcun limite e, per forza di cose, a monte la produttività dei laboratori doveva essere eccezionalmente elevata.
I clienti di Costa si trovavano in Paesi le cui distanze, anche queste non vanno misurate con i mezzi dei nostri giorni, in cui la tecnologia annulla tempo e spazio, ma tenendo presente, ad esempio, che la prima ferrovia d’Italia, la Napoli-Portici, era stata inaugurata da soli 40 anni. Ma forse le quantita vendute, rendono meglio 1’idea dell’imponenza della Ditta Raffaele Costa. Nell’anno 1902 la «Behar» di Sofia acquisto in aprile tremila collane tutte uguali; nel mese di luglio «Frost’s Son» di Nuova York passo un ordine per 6.000 collane, di cui 4.000 montate.

Nel 1903, in gennaio, la «Melchers e C.», da Canton, dopo aver acquistato 90 pacchi di corallo, saldo con 1.569 $; nell’ottobre da Livorno vennero chieste 10.000 collane «Sciacca» ed 8.000 «giapponesi» da inviare ad Algeri; nel dicembre dello stesso anno la «Scher-ven- Ivanoff » di Sofia venne rifornita di 3.500 colliers al costo unitario di 10 franchi francesi.
Il 1904 certamente non andò peggio dei precedenti: «Kern & Son» da Amburgo ordino in soli due mesi 26.000 fili di corallo destinati all’Estremo Oriente; « Kanhy » dalla Bulgaria chiese 2.500 fili da 24 cm. e 1.000 da 30 cm. «tipo Moro»,- in agosto vennero spedite in Algeria a «Aime Abendanan» 5000 collane da L. 3,75 e 2500 da L. 5,50; «Scharrer e Kock» da
Bayreuth (Baviera) ordino, precisando 1’urgenza della fornitura, 5.000 collane «tronchetti» e 1’anno successivo’ gliene vennero spedite altre 10.000 di «colore rosso scuro».


           Cammei di corallo della Ditta Costa
Del 1907 citiamo solo tre esempi di vendite effet- tuate in differenti Continenti. Da New York «Frost’s Son» ordino in una sola volta 25.000 collane; da Parigi la « Compagnie Fran
çaise Afrique Occidentale» acquisto varie decine di migliaia di collane grandi e piccole destinate alla Nigeria, mentre da Amburgo la ditta «Kern» cbiese offerta per «120.000 fili di barilotti da 8 a 12 mm. ed altri 160.000 da 5 a 8 mm.», tutti pero dovevano essere costituiti da «50 palline »!
Se non fossi in possesso dei documenti originali, non crederei alla enormità numerica di tali due ultime richieste e tanto meno, alla possibilità di realizzare collane con coralli di tali dimensioni da grezzo mediterraneo. La curiosità ci ha spinti a dare alle stesse il valore attuale; il risultato potrebbe sembrare «impossibile» ma e, invece, reale: circa 90 miliardi di Lire, di cui 70 per i 120.000 e circa 20 per i 160.000 fili di barilottini!
Su questa che certamente e stata una delle più grandi aziende che abbia mai trattato il corallo, vi sarebbe da scrivere per mesi e anni; io vorrei concludere sulla sua attività creativa e commerciale ricordando che senza dubbio la «Costa» è stata 1’unica fabbrica che abbia prodotto e venduto le « mattonelle >> con corallo.


         Pettinesse di tartaruga della Ditta Costa

Nel dare uno sguardo al prezioso contenuto dell’archivio genovese oltre ad averne ricavato cifre e nomi, ho anche riportato 1’impressione che il signor Raffaele Costa credeva nel corallo e non solo come investimento od oggetto della sua attività, ma soprattutto come dono della Natura. E che tale impressione non fosse priva di fonda- mento, parrebbe dimostrarlo la carica di persuasione, contenuta in tono di garbata discrezione, che promana dal testo del cartoncino, di seguito riprodotto nella sua forma originaria.