
Collane di produzione Costa
Tra
tutte quelle vecchie carte, un piccolo depliant dei suoi prodotti mi e
parso indicativo in particolare di alcune caratteristiche del signor
Costa: innovatore, perché già adottava il colore nella stampa, quando
tutto era ancora «bianco e nero», meticoloso, perché conservava di
tale depliant persino la prima bozza da lui stesso tracciata benché
impegnato a dirigere un’azienda che
impiegava oltre 1.100 operai tra interni ed esterni. Proprio tanti erano
i nomi segnati nel libro paga di coloro che, uomini e donne, lavoravano
il suo corallo.
Dicevo: aperto alle innovazioni. Infatti, dev’essere stato il primo
fabbricante a ritenere possibile affidare ad una macchina la bucatura
del corallo se nel 1908 si rivolgeva alla ditta tedesca «G. Boley» per
chiederne le caratteristiche tecniche onde considerarne 1’acquisto. E
dev’essere stato anche uno dei primi a importare direttamente dal
Giappone il corallo nuovo: nel 1901 riceve la prima partita di 70 libbre
(pari a ca. kg. 32) di «rosso
scuro Tosa», per la quale pago la fattura n. 1034 dell’importo di
Lstg. 66.18.6 compresi imballo, nolo, assicurazione e provvigione alla
«Popp e C.» di Kobe. Quanto «Sciacca» avesse comprato Costa, potei
valutarlo per induzione da quel che ne rimaneva dopo 100 anni, oltre che
rilevarlo dalla descrizione minuziosa di alcuni acquisti relativi a soli
brevissimi periodi. Della notorietà dei costipati depositi genovesi,
invece, sono venuto a conoscenza consultando qualche documento dell’azienda:
nel 1919 la «Soc. Nippo Cinese» di 
Collane di produzione Costa
Bologna, con capitale sociale di Lit. 4
milioni, scriveva a Costa « ...a conoscenza che le vostre cantine sono
piene di corallo Sciacca, siamo interessati ad acquistarne forti
quantitativi».
L’attività aziendale dovette essere quanto di più esteso e
diversificato si possa immaginare: andava dalla vendita del grezzo di
ogni provenienza e qualità, alla lavorazione e alla vendita di prodotti
semifiniti e finiti. Di questi, nei due registri che il tempo ha reso
appena leggibili, ne risultavano una ottantina di base, che diventavano
1600 circa una volta sviluppati a seconda della qualità, del peso, del
colore, della calibratura. L’entità ed il giro di vendite non avevano
alcun limite e, per forza di cose, a monte la produttività dei
laboratori doveva essere eccezionalmente elevata.
I clienti di Costa si trovavano
in Paesi le cui distanze, anche queste non vanno misurate con i mezzi
dei nostri giorni, in cui la tecnologia annulla tempo e spazio, ma
tenendo presente, ad esempio, che la prima ferrovia d’Italia, la
Napoli-Portici, era stata inaugurata da soli 40 anni. Ma forse le
quantita vendute, rendono meglio 1’idea dell’imponenza della Ditta
Raffaele Costa. Nell’anno 1902 la «Behar» di Sofia acquisto in
aprile tremila collane tutte uguali; nel mese di luglio «Frost’s Son»
di Nuova York passo un ordine per 6.000 collane, di cui 4.000 montate.
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Nel 1903, in gennaio,
la «Melchers e C.», da Canton, dopo aver acquistato 90 pacchi di
corallo, saldo con 1.569 $; nell’ottobre da Livorno vennero chieste
10.000 collane «Sciacca» ed 8.000 «giapponesi» da inviare ad Algeri;
nel dicembre dello stesso anno la «Scher-ven- Ivanoff » di Sofia venne
rifornita di 3.500 colliers al costo unitario di 10 franchi
francesi.
Il 1904 certamente non andò peggio dei precedenti: «Kern & Son»
da Amburgo ordino in soli due mesi 26.000 fili di corallo destinati all’Estremo
Oriente; « Kanhy » dalla Bulgaria chiese 2.500 fili da 24 cm. e 1.000
da 30 cm. «tipo Moro»,- in agosto vennero spedite in Algeria a «Aime
Abendanan» 5000 collane da L. 3,75 e 2500 da L. 5,50; «Scharrer e Kock»
da Bayreuth (Baviera) ordino,
precisando 1’urgenza della fornitura, 5.000 collane «tronchetti» e 1’anno
successivo’ gliene vennero spedite altre 10.000 di «colore rosso
scuro».

Cammei
di corallo della Ditta Costa
Del 1907 citiamo solo tre esempi di vendite effet- tuate in differenti
Continenti. Da New York «Frost’s Son» ordino in una sola volta
25.000 collane; da Parigi la « Compagnie Française
Afrique Occidentale» acquisto varie decine di migliaia di collane
grandi e piccole destinate alla Nigeria, mentre da Amburgo la ditta «Kern»
cbiese offerta per «120.000 fili di barilotti da 8 a 12 mm. ed altri
160.000 da 5 a 8 mm.», tutti pero dovevano essere costituiti da «50
palline »!
Se non fossi in possesso dei documenti originali, non crederei alla
enormità numerica di tali due ultime richieste e tanto meno, alla
possibilità di realizzare collane con coralli di tali dimensioni da
grezzo mediterraneo. La curiosità ci ha spinti a dare alle stesse il
valore attuale; il risultato potrebbe sembrare «impossibile» ma e,
invece, reale: circa 90 miliardi di Lire, di cui 70 per i 120.000 e
circa 20 per i 160.000 fili di barilottini!
Su questa che certamente e stata una delle più grandi aziende che abbia
mai trattato il corallo, vi sarebbe da scrivere per mesi e anni; io
vorrei concludere sulla sua attività creativa e commerciale ricordando
che senza dubbio la «Costa» è stata 1’unica fabbrica che abbia
prodotto e venduto le « mattonelle >> con corallo.

Pettinesse di tartaruga della Ditta Costa
Nel dare uno sguardo al prezioso contenuto dell’archivio genovese
oltre ad averne ricavato cifre e nomi, ho anche riportato 1’impressione
che il signor Raffaele Costa credeva nel corallo e non solo come
investimento od oggetto della sua attività, ma soprattutto come dono
della Natura. E che tale impressione non fosse priva di fonda- mento,
parrebbe dimostrarlo la carica di persuasione, contenuta in tono di
garbata discrezione, che promana dal testo del cartoncino, di seguito
riprodotto nella sua forma originaria.
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