Beckett
a Villa Macrina: un sorriso amaro sul “teatro dell’assurdo”.
di Francesca Mari
Salvo limitazioni di spazi e di estimatori attenti, checchè se ne dica, la
rassegna “Omaggio a Samuel Beckett”, tenutasi a Villa Macrina dal 16
novembre al 7 dicembre, ha lasciato dietro di sé una scia di “profumo”
in questa, troppo spesso, maleodorante città. Padrone di casa
d’eccezione, il prof. Antonio Borriello, studioso e interprete del
drammaturgo, che ha saputo, con fatica e stile, onorare il centenario della
nascita del poliedrico dubliner del secolo scorso scegliendo, come dimora,
la rediviva (e ancora poco rispettata) Villa Settecentesca. Tra queste
storiche mura si è svolta per circa tre settimane, l’affascinante
celebrazione rappresentata da una preziosa Mostra, frutto della fatica
pluridecennale di Borriello, e, da varie tappe di rappresentazione teatrale
di drammi di Beckett, eseguite dal professore Borriello assieme ai suoi
giovani allievi, e razionate nei tre giovedì del percorso (in ordine di
rappresentazione: “Va e vieni”, “Dondolo”; “Non io”, “Cosa
dove”, “Testi per nulla”, con gli allievi del Laboratorio Teatrale
dell’ISIS "Pitagora" di Torre Annunziata; “L’improvviso
dell’Ohio”, con Antonio Borriello e Raffaele Ausiello, regia, scene e
costumi Antonio Borriello). Il tutto corredato da videoproiezioni e
“lezioni” di Borriello, il quale non ha mai bloccato la sua passione, a
costo di inarrestabile attivismo fisico e intellettuale, improvvisando
visite guidate alla Mostra e chiarimenti a tutti i visitatori, compresi gli
studenti giunti fin da Roma e Bologna che premono affinché lo studioso
nostrano possa indirizzarli nella stesura delle proprie tesi di laurea. In
effetti, la “Mostra” messa in piedi da Borriello è un vero archivio
prezioso per i ricercatori che si apprestano a studiare “l’artista del
paradosso”, particolarmente amato dai giovani perché, come ci ha detto
Antonio Borriello “è stato un grande artista ma, soprattutto, un uomo
umile, fuori da ogni steccato sia politico che sociale… perciò
universale”. E dei punti salienti della produzione di questo grand’uomo,
Borriello ha creato con la Mostra un percorso multimediale con
l’esposizione, in ordine cronologico, dal 1953 ad oggi, di documenti
testuali (preziosamente firmati da Dario Fo, Edoardo Sanguineti, Vittorio
Gasmann, Salvatore Quasimodo piuttosto che da Ennio Flaiano, Carlo Bo, Ugo
Piscopo) e fotografici (con i penetranti “scatti d’autore” di Vincenzo
Aliberti, Rosario Pomposo e Augusto Trombetta). Di grande impatto scenico la
collocazione, nel soffitto della prima sala, di due “bombette” appese a
dei fili, che tendono verso l’alto, simulando le bombette di Estragone e
Vladimiro di Aspettando Godot, come monito di una più sublime apertura
mentale dell’uomo. Inoltre, molto suggestiva anche la simulazione,
realizzata da Borriello, di “L’ultimo nastro di Krapp”, che
rappresenta il valore che Becket ha dato alle registrazioni alla fine della
sua vita ed è reso con un fantoccio di cartone davanti ad un banco su cui
vi sono un registratore e tante cassettine. Buono, comunque, il bilancio
della rassegna e totalmente soddisfatto Borriello, il quale, dopo l’ultima
messinscena teatrale, “L’improvviso dell’Ohio” ha detto: “La
rappresentazione ha creato un’aura magica e, ciò che mi ha gratificato è
stata l’attenzione mostrata dagli astanti che mi hanno riempito di domande
sul senso dell’opera”. Domenica sera, invece, dopo la chiusura della
mostra, queste le sue parole conclusive: “Mi ha rincuorato la presenza di
tanti giovani, tra studenti e fruitori. E segno di “voglia di fare” e
intelligenza dei nostri ragazzi”.
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