Teatro sperimentale di Gennaro Vitiello

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Cabaret e forse


Cabaret e forse


Cabaret e forse

            (seguito di Teatro Esse)


luogo fisso, stabile, in cui preparare gli spettacoli, rappresentarli e lavorare sull’attore. Questo spazio viene trovato in via Martucci: "...lo si ritenne adatto a creare uno spazio modificabile per articolare una molteplicità di messinscene che avevamo in mente di realizzare. Si era, scendendo alcuni gradini, di colpo in un locale largo ma amorfo che si estendeva ed allargava in fondo a sinistra. Esso, benchè ampio, si mostrò più adatto all’attraversamento che alla sosta. La sua prima parte, quella immediata all’ingresso, la utilizzammo come atrio e zona per le mostre d’arte figurativa (7), l’altra, quella in fondo, come laboratorio di scenografia e camerini per gli attori. Invece, appena dopo l’ingresso, attraverso un piccolo arco della parete a sinistra, ci si trovava in un ampio stanzone largo una decina di metri e lungo 15. L’ampiezza di un buon palcoscenico. Lo stanzone fu sala e palcoscenico allo stesso tempo. Un’idea semplice ma fondamentale che consentì per anni di sperimentare il nostro lavoro teatrale."(8) . Si iniziò a modificare ed adattare lo spazio di via Martucci, costruendo una serie di pedane che si collocavano in vari punti della sala, a seconda delle occorrenze. "Nel muro di destra ed in quello a sinistra vennero infisse due balconate larghe mezzo metro. Si collocò sulla parete di fondo, ad ottanta centimetri da terra, un breve tavolato. Le sedie per gli spettatori venivano, di volta in volta, disposte nelle zone più disparate secondo le esigenze del gioco scenico..." (9). Chiaramente uno spazio organizzato in questo modo richiese l’eliminazione del sipario che, nel teatro tradizionale, con la sua apertura immette lo spettatore nella realtà della rappresentazione. Vitiello e gli altri spiegarono la sua eliminazione con l’esempio del teatro greco antico, del teatro elisabettiano e del No giapponese: "...Tutti e tre questi modelli ci servirono per tentare di risvegliare l’immaginazione degli attori e degli spettatori, eliminando sia il sipario, sia l’apparato scenografico ottocentesco...Riuscimmo ad ottenere nella nostra sala-palcoscenico un rapporto fisico tra attore e pubblico e il gioco rituale scenico, come opposto alla qualità illusionistica della rappresentazione. Tolto l’illusionismo dell’apertura del sipario, del buio della sala e della musica-interludio, liberamente, come parodo da dramma greco, l’attore con la sua propria capacità recitativa-mimico-gestuale introduceva il pubblico entro la narrazione e l’azione dell’evento teatrale..."(10) . Gli spettacoli che si realizzeranno in via Martucci saranno, quindi, influenzati da questo spazio e dalla sua conformazione. Ci saranno scene che riempiranno l’intera sala, o la totale assenza di scene, sostituite da suoni e luci. Maggiore importanza assumeranno i costumi, che accentueranno la tipologia dei personaggi. Le attrezzature ed i macchinari di scena saranno ridotti al minimo: un teatro povero, in tutti i sensi, ma ricco di inventiva e di idee. L’inaugurazione di via Martucci avviene il 27 dicembre 1966 con La magia della farfalla di Federico Garcia Lorca. E da questo momento inizia la storia del TS attraverso le regie di Gennaro Vitiello, o forse è l’inverso?.