La Grammatica Torrese

 Pag. 1

 La Grafia.

Nella elaborazione del Dizionario si è adottata la grafia storica, cioè quella che riproduce il termine nella sua consistenza letterale, a prescindere dalla sua pronuncia. Tale scrittura consente lo studio della derivazione etimologica del termine e la comprensione di fenomeni grammaticali di variazione vocalica al suo interno ( u pere, i pieri;  a pezoca, u pezuoco; io dormo, tu duormi). (Vedi Apofonia, pag. 6). 
La conseguenza positiva di tale scelta è l'assenza di una miriade di segni grafici, accenti, apostrofi e la difficoltà di lettura per chi già non conosce la parola stessa. Porre l'apostrofo iniziale ai vocaboli come 'ncignare, comporta anche una difficile collocazione alfabetica con i moderni mezzi di scrittura. Assodato che ncignare deriva storicamente da incignare, risulta pleonastico rilevarlo graficamente. Scrivere a secc' per la seppia, e, per eccesso, sch'zz'che' per sch(i)zz(i)che(a) oppure c'c'niéll' per c(e)c(e)niéll(o) è un assurdo linguistico incomprensibile. Allora vale la pena accettare alcune semplici regole di pronuncia, come accettato da altre lingue che hanno adottato la scrittura storica, il francese per esempio, di facile apprendimento e tali da consentire la lettura del napoletano anche ai non campani. E se Pavarotti vuole cantare canzoni e romanze napoletane, si deciderà a imparare le regole della pronuncia, come per le altre lingue da lui frequentate.
Come in seguito si dirà per la Fonetica, anche la Grafia della lingua torrese presenta differenze con quella napoletana. E' questo un campo tutto da inventare, per tentativi suggerimenti e aggiornamenti, data l'assenza di una letteratura storica in torrese. I nostri poeti, pochi in verità, si sono cimentati nella lingua napoletana, seguendone le regole dettate dalla tradizione della madre lingua di Napoli. Il Torrese oggi è un dialetto del Napoletano, probabilmente più simile all'antica lingua di Napoli di quanto non lo sia il Napoletano stesso di oggi. Ma, come accade per l'evoluzione sociale, la città progredisce più speditamente del contado e della provincia e così antiche forme linguistiche, perdute in città, persistono nelle parlate provinciali. Consequenza di ciò è la diversa convenzione grafica, dovuta alle mutate esigenze di individuazione di monosillabi aventi significati diversi. Per quanto sopra si rimanda alla pag. 6.
Per economia di spazio i vocaboli del Dizionario sono stati riportati già comprensivi dei riferimenti di lettura, accenti tonici, indicazione di mute ecc. 

La Fonetica delle Vocali.

La pronuncia delle vocali nella Lingua Torrese presenta delle particolarità non riscontrabili nella lingua italiana e, forse, neanche in quella napoletana.
La simbologia fonetica adottata è sufficientemente semplice e non ha alcun riferimento alla simbologia fonetica internazionale, per voglia di semplicità e ammissione di incompetenza dell'autore.   
***In generale le vocali delle sillabe che seguono la tonica sono indistinte. C
änt(a)r(o), crìsc(e)t(o). Spesso, nella parlata più popolare, ciò si riscontra anche in sillabe pretoniche. Ammalìrse diventa amm(a)lìrse. Quanno vene vierno m'amm(e)lisco.
***Nelle sillabe finali, la vocale
-a- ha un suono quasi indistinto muto, quando non è seguita da altra parola iniziante per consonante. A cap(a). A capa toia. Per questa ragione non è stata segnalata muta nei vocaboli femminili.
 La
-a- può avere anche suono muto in sillabe atoniche interne, come in cànt(a)ro, cac(a)sìcco. 
***La pronuncia della vocale -a- nel corpo delle parole.
 
La -a- può avere un suono aperto, come in càsa, màre, baccalà
 o un suono chiuso, gutturale, come in f
ät(e)cä(re), u mäst(o) u cärro.
Si noti la differenza tra a
sacca (la tasca) e u säcco (il sacco).
Di norma nelle voci di genere femminile con desinenza /a/ e quelle maschili con desinenza /e/ la
-a- è aperta: a scazzata, a racchiau ppane, u pate.
Nelle voci maschili della seconda classe, quelle con desinenza /o/,  la
-a- è gutturale. u sc
äzzäto, u räcchio. Il simbolo di ä gutturale è stato indicato solo per le ä toniche, per non ingenerare confusione sull'accento della parola. Scaravätt(o)l(o) si pronuncia scärävätt(o)l(o). Lo stesso per i verbi in -äre-. Scanagliä(re) si legge scänägliä(re).
I napoletani pronunciano la -a- molto aperta e ciò costituisce elemento distintivo, uno dei tanti, tra la nostra parlata e quella di Napoli.
***La vocale
-e- può avere un suono aperto, come in fèsta, pèzza,
oppure
chiuso come in chiésa, méssa,
oppure essere muta, come in c
(e)c(e)niéllo, f(e)rr(e)ttino.
***La vocale
-i- può essere fonica, come in cimma, pizza
oppure muta, come in finale di maschili plurali, i ceceniell
(i).
Una particolarità torrese della pronuncia della vocale
-i- è quella già in altra occasione messa in evidenza. Si tratta della sospensione anteposta, come se la -i- fosse preceduta da una vocale muta. E' questa una pronuncia antica, oggi rimasta solo in ambiti popolari. Marina, mappina si pronunciano mar(-)ina, mapp(-)ina.
***La vocale
-o- può essere aperta, come cannòla, cònnola,
oppure chiusa come in canal
ône, cannarône.
In finale di parola, è sempre muta, càntar
(o), carus(o).
***La vocale
-u- ha suono chiuso e non presenta alcuna particolarità se non quella di essere una variante torrese e antica della più moderna lettera -o- di molte parole, come l'articolo -o-, da noi -u-, oppure oviccanno per uviccanno ecc.
***Per la particolarità di pronuncia di alcune consonanti si rimanda alla pagina Alfabeto.

(a)

Suono indistinto muto. Cànt(a)ro, giallimm(a).

ä

Suono gutturale chiuso. U cärro ra Maronna. U säcco.

à

Suono aperto, a càsa.

(e)

Suono indistinto muto. C(e)c(e)niéllo, aréf(e)c(e).

è

E aperta, come in a tèrra, a muglièra.

é

E chiusa, come in a méssa, u fésso.

(i) 

Suono indistinto muto come in ntrìr(i)c(i),  a cuc(i)nèlla..

(ie) 

Suono indistinto muto del dittongo finale come in fravägl(ie), cogl(ie).

(io) 

Suono indistinto muto del dittongo finale come in cummuogl(io), cuppulicch(io).

(o)

Suono indistinto muto come in sfunn(o)l(o), .  

ô 

O chiusa, come in vôcca, mezzône. La simbologia giusta della -o- chiusa è /ó/. Abbiamo adottato il simbolo /ô/ per una maggiore evidenza.

ò

O aperta, come in vòccòla.

(re):

Suono completamente muto. Finale dei verbi in -are e in -ire-. Il vocabolo diventa tronco e apostrofato. Parla', abbusca', abbeli'.

(u)

Suono indistinto muto come in màrm(u)lo, magli(u)care.

d

La D è spesso pronunciata R nelle parlate locali. Dummenica, rummenica.

b

La B spesso diventa V. Barca, varca. 

v

La V spesso diventa B. Vriogna, briogna; Avvelirse, abbelirse.

(g)

Suono muto.  (g)ranco, (g)ratiglia.