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L'Alfabeto.
Alcune considerazioni a ruota
libera e senza pretesa di trattazione dotta ed esaustiva, intorno alla pronuncia,
alle derivazioni etimologiche e alle particolarità foneticha
dell'alfabeto torrese. |
a |
Nella scala fonetica delle vocali,
la fondamentale è la /a/.
Attraverso crescenti interventi articolatori della bocca si hanno le
varietà “anteriori” (da /a/ verso /e/ e /i/), e “posteriori” (da
/a/ verso /o/ e /u/), con successive chiusure.
La pronuncia della vocale /a/ può essere di due tipi:
*aperta come in a càsa, a màmma, a sàcca,
*oppure chiusa come in u säcco, u cärro.
Per la rappresentazione fonetica indicheremo questa variante chiusa col
simbolo /ä/,
limitatamente alle sillabe toniche.
Questa particolare pronuncia chiusa della /ä/ non si riscontra
nell’alfabeto italiano ed è poco comune anche nella lingua napoletana,
ma non nelle parlate della provincia. Si ottiene impostando la bocca per
la pronuncia di /a/ e chiudendola leggermente, verso la pronuncia di /o/.
Qualcuno arriva anche a pronunciare la /o/ (viene accà,
pronunciato viene accò). In inglese corrisponde alla pronuncia
della lettera /a/ di car, garden ecc.
Da notare che la /a/ nelle parole di genere femminile è normalmente
aperta: a càsa, a sàcca, a scafaréa. E' chiusa nelle
parole di genere maschile: u tärälläro, u märenäro.
La trasformazione da aperta a chiusa costituisce elemento di distinzione
tra femminile e maschile: A bancarella, u bäncäriello,
– a carosa u cäruso a pazza, u päzzo.
*Nel corpo della parola raramente la /a/ è muta.
*In fine di parola è muta, a cas(a) quando non è seguita da
consonante a casa nost(a). Per tale motivo non abbiamo adottato la
grafia fonetica di (a) muta per le desinenze finali delle parole di
genere femminile.
La rappresentazione in fonetica della muta è (a).
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b |
La
consonante /b/ iniziale di parola si trasforma spesso in /v/
(a varca, a votte, u viglietto ecc).
A volte accade il contrario, cioè la /v/ si trasforma in /b/ (chillo
è biecchio per è viecchio; u bire, per u vire,
lo vedi.).
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c
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La
consonante /c/ può essere dura, come in u carro, a cumeta,
*oppure dolce come in a pace, u ceceniello. In questo secondo
caso, spesso la pronuncia scivola su una /sc/ e, pertanto, a pace
diventa a pasce e ceceniello diventa scesceniello.
Questa è una caratteristica di molte parlate meridionali. Nella
consultazione del Dizionario può capitare di non trovare nella /s/
parole con l’niziale /sc/, vedi sciasciona, sciascillo,
ma sotto la lettera /c/, come ciaciona, ciacillo.
*Molti termini inizianti con /chi/ hanno origine dal latino /pl/,
planus, chiano, plus, chiù, plumbum, chiummo.
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d |
La consonante /d/, iniziale di
parola oppure interna, si muta in /r/, spesso nella lingua napoletana e quasi sempre nella
parlata di Torre. A rummeneca arò vai?, I renari ru riavolo. Vire
e nun caré pe tterra!.
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e |
La
vocale /e/
ha tre suoni.
*Uno aperto come in a fèsta, a capèra. In fonetica accento
grave /è/.
*Uno chiuso come in furcélla, litrattiéllo. In fonetica accento
acuto /é/.
*Infine un suono indistinto, quasi muto, in sillabe atone, come in c(e)c(e)niéllo, a
m(e)sata. In fine di parola è sempre muta, u marchés(e).
In fonetica (e).
*Una particolarità della vocale /e/ tonica è di mutare nella trasfomazione
femminile/maschile oppure singolare/plurale. (Metafonesi).
La
/è/ grave cambia in /ié/ acuta. Zetèlla in zetiéllo, femmenèlla
in femmeniéllo.
La /é/ acuta cambia in /i/. U mése in i misi, u pésce
in i pisci.
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f |
La consonante /f/ presenta alcune
variazioni particolari, nella discendenza etimologica, a inizio di
parola.
Da /f/ a /sc/, come da fiume, a sciummo,da fiore a sciore,
da fianco a scianco.
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g |
La
consonante /g/
presenta alcune particolarità fonetiche all’inizio di parole:
*E’ muta se seguita da /a/, u (g)affio, oppure da /u/ u
(g)uaglione. oppure da /r/ u (g)ranco.
*Si muta in un'altra consonante come da gulio a vulio, da gatta
a jatta, da ghionta a jonta
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h |
La consonante /h/ è muta, come
nella lingua italiana. Si adopera per rendere gutturali le
consonanti /c/ e /g/, prima della vocale /e/ o della /i/.
*Con la /c/ forma la consonante dura /ch/, da leggere /k/ se seguita
dalla sola vocale /i/ o dalla /e/, (chillo si legge killo e chella
si legge kella).
*Quando la consonante composta /ch/ è seguita dai dittonghi
inizianti per /i/, la pronuncia della /ch/ perde la durezza della
/k/ per assumere una sonorità specifica della parlata napoletana,
(vedi quanto detto alla seguente voce /i/).
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i |
La vocale /i/ è la più
chiusa anteriore (Vedi Metafonia). Nella parlata torrese la /i/ spesso scivola verso la /e/, vocale immediatamente
precedente. A volta è preceduta da un suono muto, indistinto, quasi
come una pausa intermedia. Le parole come marina e cuppino
sono pronunciate come mar(e)ina e cupp(e)ino, dove la (e)
rappresenta un suono muto.
*I dittonghi inizianti con la vocale /i/ presentano una particolare
caratteristica fonetica quando formano sillabe con /ch/ e /sc/.
*Dopo il gruppo consonantico /ch/ la /i/ del dittongo diventa muta alla pronuncia e
il dittongo si esaurisce nella pronuncia della sola seconda vocale. Chiagnere
è pronunciato ch(i)àgnere, chiereca è pronunciata
ch(i)éreca, chiovere diventa ch(i)òvere e chiummo
diventa ch(i)ùmmo.
*Dopo il gruppo consonantico /sc/ ferma restante la funzione della /i/ a rendere dolce la
/c/, sciasciona si legge sc(i)asc(i)ona, sciummo,
sc(i)ummo, struscio strusci(o), dove la /i/,
chiaramente, ha il caratteristico suono muto di tante vocali della
lingua napoletana.
*Nella parlata torrese, l'articolo plurale /le/, che in napoletano suona
/e/, diventa /i/: E ffemmene, i ffemmene.
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j |
La /j/ è consonante all’inizio di
parole e vocale nel corpo delle stesse. La sua pronuncia è la stessa
della vocale /i/. Janàra, ajére, oppure
/gh/ in espressioni composte quali
pe (gh)jonta, pe (gh)jire, i (gh)jorde.
*Molti termini inizianti con /j/ hanno origine etimologica da /bl/,
blank, germanico bianco in janco,
blondus latino biondo in jonno.
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l |
La consonante
/l/
non presenta particolarità di pronuncia.
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m |
Nei
gruppi consonantici come /mb/, la /m/ sostituisce la /b/, raddoppiandosi. Gambe diventa gamme,
tamburo diventa tammuro. |
n |
Come
per la /m/ la consonante /n/ spesso si raddoppia in alcuni gruppi consonantici. Fronda
diventa fronna, bionda diventa bionna e fondale porta
a funnale. |
o |
La vocale /o/ ha tre suoni.
Uno aperto come in cònnola, gattò. In fonetica accento
grave.
Uno chiuso come in u cuôfano, a cuntrôra.
In fonetica accento acuto ma, per meglio evidenziare la differenza,
abbiamo adottato il simbolo circonflesso /ô/.
Infine un suono muto come in pinn(o)l(o).
Come finale di di parola è sempre muta, u panzaròtt(o). In
fonetica (o).
*Una particolarità della vocale /o/ tonica è di mutare
accento, da grave ad acuto, nella trasfomazione femminile/maschile. (Metafonesi:
Alterazione di una vocale sotto l'influenza di una vocale seguente). La
/ò/ grave si muta in /uô/.
Sòcra in suôcro,
bona in buôno. |
p |
La
consonante /p/, come la /f/, presenta alcune variazioni
particolari, nella discendenza etimologica, a inizio di parola. Il
gruppo etimologico /pl/ porta a /ch/. Da piana a chiana, da
pianto a chianto ecc. |
q |
La
consonante /qu/ della lingua italiana, spesso diventa /ch/
nelle forme /que/. Questa diventa chesta e quella diventa chella. |
r |
La consonante /r/, sostituisce
spesso la /d/, spesso nella lingua napoletana e quasi sempre nella
parlata di Torre. A rummeneca arò vai?, I renari ru riavolo. Vire
e nun caré pe tterra! |
s |
La
consonante /s/
presenta diversi modalità di pronuncia, a seconda della vocale o
consonante che segue.
*E’ sibilante sorda all’inizio di parola, salimma; / quando è
seguita da /d/, sdegnuso; / o da /t/, stanfella, pastenaca;
/ quando è doppia, assettarse.
*E’ sibilante sonora in parole come ausuliare, pesemore, adduruso.
*E’ pronunciata come /sc/ di scialo, o dell’inglese shift o del
tedesco Schweitzer, quando è seguito da /c/, come in scarrupare, -
oppure da /p/, come in sparagnare, oppure da /f/, come in sfunnolo,
- oppure da /qu/ come in Pasqua. Questa particolare pronuncia della
/s/ è distintiva delle lingue meridionali.
*E’ pronunciata come /sg/, cioè forma più dolce della precedente /sc/,
simile alla pronuncia della /j/ del francese abatjour, quando è seguita
da /b/ sbalanzare, - oppure da /g/, sguarrare, oppure da
/m/, smafarare, oppure da /v/, sventuliare.
*Molti termini inizianti con /sci/ hanno derivazione
etimologica dal latino /fl/., Flos-floris, sciore,
flumen, sciummo,
flatus, sciato. |
t |
Nessuna
particolarità fonetica per la /t/. |
u |
La vocale /u/ ha il suono più
chiuso tra le vocali. In molte parole contenenti una /o/, la /u/ si
antepone alla /o/, chiudendo maggiormente la pronuncia della /o/. Pôrco
diventa puôrco, raffiôlo diventa raffiuôlo.
Nella parlata torrese, la /u/ sostituisce spesso la /o/ della lingua
napoletana. L’articolo /'o/ diventa /u/: 'o polliere, u pulliere u
panzaròtt(o).
Il singolare maschile
e neutro -u-,
(u figlio, u ppane), aferesi
della forma antica "lu", derivante dal latino "illum",
maschile e
"illud" neutro. |
v |
La consonante /v/, come già
visto, sostituisce spesso la /b/, da balanza a valanza,
da breccillo a vreccillo. Oppure la /g/ da gulio
a vulio e da guzzo a vuzzo. |
z |
La pronuncia della
/z/ può essere di due tipi.
*Pronuncia sorda, derivante da /ts/, come in zelluso, zampano
ecc.
*Pronuncia sibilante, derivante da /ds/, come in i llazzarola, a
panza. Contrariamente a quanto avviene nella lingua italiana,
molto spesso la /z/ che precede i dittonghi /ia, /ie, /io/ e /iu/
risulta dolce e sibilante. U spezialo, grazie assaje,
l’orazione, u viziuso. |