Funzione autodifensiva
Più appariscente
architettonicamente la seconda funzione che essendo esclusivamente
auto difensiva, si avvaleva maggiormente degli espedienti
architettonici, riesumandone anche di giubilati da secoli. L’inviolabilità
della torre, ad esempio, si conseguì facilmente, come ricordava il Serbelloni, attraverso l’altezza della stessa, in particolare
innalzandone l’unico accesso al piano agibile, a circa 6 m sulla
campagna, ed interdicendolo o tramite una scala retrattile
volante, o nel caso di rampa fissa attraverso un minuscolo ponte
levatoio, estrema reminiscenza dei masti medievali. Ovviamente l’anacronistico
dispositivo avrebbe protetto la guarnigione, in assenza di
reazione attiva, appena per qualche ora. Tuttavia quanto quella
elementare precauzione tornasse preziosa lo dimostra un singolare,
ed involontariamente farsesco episodio accaduto nella notte del
giugno del 1575 alla torre di Fiuminica presso Cariati,
dove:
"...essendo stata
presa la Regia Torre de Fiuminicha da due galeotte de Turchi... fo
preso lo compagno che stava dormendo con la porta aperta...
e disgraziatamente con
il ponte abbassato. In condizioni di servizio normale, però, i
tentativi di assalto venivano rintuzzati dall’armamento
secondario.
Il cannoncino petriero
che, come ricordato, dopo i primi anni divenne una dotazione di
prammatica di ciascuna torre, era in grado di proiettare in
verticale, a ritmo serrato, micidiali scariche di mitraglia,
dilaniando tutti gli incauti aggressori. Allo scopo, lungo il
coronamento, minacciosamente aggettante in controscarpa dalla
sommità della piazza e fungente da parapetto balisticamente
profilato, si praticarono delle originali troniere oblique, a ’spatola’,
che rappresentano incontestabilmente la più spiccata connotazione
della torre vicereale. Per la già rimarcata approssimazione
interpretativa nella pubblicistica specializzata sono ricordate
come ’caditoie’, supponendone implicitamente la finalizzazione
a lanci piombanti, tipica della castellologia alto medievale, ma
impraticabile nel nostro caso per l’inclinazione delle pareti.
Secondo la prassi, il dimensionamento di queste funzionali troniere a trapezio isoscele, peraltro appropriatamente chiamate
in un capitolato d’appalto del 1570 ’buttafochi’, od
anche in altri ’gettarole di fuoco’, era pedantemente
prescritto in questi termini:
"...item detti
buttafochi quanti si principieranno sopra della cinta (all’innesto
dei barbacani in controscarpa del coronamentoJ habbiano ad essere
sete o otto palmi de larghezza... (cioè di bocca esterna, mentre
quella superiore internaJ che uscirà dentro della barba de detta
torre... (sia diJ due palmi de lunghezza ed uno semplice de
larghezza... /ed inoltre tra J... uno buttafoco et l’altro si ha
da fare una archibusiera...
In pratica però si
constata una più discrezionale determinazione architettonica dei
’buttafuochi’, dipendendo la strombatura, e quindi ogni loro
dimensione, dall’altezza della torre. Si può generalizzare
affermando che la loro divaricazione e inversamente proporzionale
alla quota della piazza sulla campagna. Lo stesso capitolato, del
resto, ne illustrava la finalità, precisando appunto che:
"...i buttafochi...
havranno da frustare tutta la torre da bascio talmente che...
(mediante] la difesa de detti buttafochi... non vi si possa
reparare... nissuni homo sotto...".
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Assurda e
fuorviante, pertanto, l’accennata equiparazione corrente di
queste modernissime troniere con arcaiche caditoie: assurdo del
resto immaginare che una sparuta guarnigione, di due o tre uomini
al massimo, potesse difendere, contemporaneamente i quattro lati
della torre con incessanti lanci. Trattandosi, in conclusione, di
troniere a ’tramoggia’, sia pure oblique, vengono
correntemente definite ’fondo’ la faccia inferiore, ’cielo’
quella superiore e ’guance’ quelle laterali, nomenclatura a
cui ci atterremo per descriverle più compiutamente.
Dal punto di
vista costruttivo le troniere in questione non appaiono affatto
identiche, ulteriore conferma della precisa funzione balistica. In
alcune, infatti, il ’fondo’ e la prosecuzione della parete
esterna della torre, con invariata inclinazione, senza alcuna
soluzione di continuità, con le ’guance’ ed il ’cielo’ in
controscarpa. In altre ancora vi si riscontra invece un incremento
dell’inclinazione del fondo, mentre l’estradosso del barbacane
sorreggente il ’cielo’ è formante le guance diviene la
prosecuzione della parete esterna. In altre, infine, si osserva
una impostazione intermedia tra
le due esposte: è presumibile perciò che la
prima sia stata la configurazione
prescelta mentre le altre due inadeguati tentativi, essendo l’unica
in grado di eliminare completamente il minimo settore defilato
alla base della torre. Non può escludersi, tuttavia, che nelle
deficitarie impostazioni si sia invece perseguita una logica
ostativa attualmente non più ravvisabile per le mutate condizioni
ambientali: tale sarebbe stata il concentrare la rosata più
lontano dall’immediato piede della torre, per l’esistenza di
un ormai scomparso fossato, come pure al di la di un piccolo muro
di cinta, altrettanto radicalmente spianato, esemplificato invece
ancora in alcune torri dello Stato dei Presidi. In entrambe le
supposizioni la configurazione canonica avrebbe consentito il tiro
a mitraglia soltanto dopo il superamento di siffatte barriere,
cioè per molti versi troppo tardi.
Una seconda
diversificazione architettonica ravvisabile nelle troniere
riguarda il settore murario che raccorda superiormente i barbacani
contigui sorreggendo il parapetto. In alcune consiste in un
archetto a sesto ribassato, in altre in una piattabanda: non si
coglie alcun vantaggio a favore dell’una o dell’altra
soluzione. Quanto poi al parapetto stesso il suo estradosso è
sempre a profilo sfuggente, balistico, capace perciò di deviare
eventuali, quand’anche improbabili, traiettorie offensive
dirette radente la piazza. Fattor comune in tutte le torri
vicereali l’incongruità del coronamento descritto alla difesa
piombante. Poiché la divaricazione dei barbacani, sebbene
variabile non poteva eccedere l’angolo retto senza compromettere
la funzionalità della troniera e la sua solidità, ne derivò che
quest’ultime al crescere della piazza dovevano necessariamente
aumentare di numero per garantire il medesimo dominio attivo
del perimetro basamentale. Divennero pertanto se non la principale
diversificazione architettonica delle torri vicereali, certamente
la più appariscente ed immediata. Per cui assursero a facile
parametro di classificazione indiretta, non sempre attendibile
però, che consentiva una facile valutazione della rilevanza della
torre. Anche il nostro saggio si atterrà a questa linea
interpretativa per tracciare una schematica definizione delle
varianti tipologiche della torre costiera vicereale napoletana.
Nella sua compilazione non si è tenuto conto delle tante piccole
singolarità, proprie dell’approssimazione coeva, che in caso
contrario renderebbero ciascuna di esse un prototipo: si è
piuttosto cercato di accentuarne la comune concezione. Il numero
delle troniere è riferito ad un solo lato ed è, nella stragrande
maggioranza dei casi uguale anche sugli altri.
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