La Torre di Bassano e le sue sorelle - Pag. 8



Scorcio della Costa del Gargano presso Vieste:
sul promontorio, in secondo piano,
i resti di torre S. Felice

 

 


Varianti tipologiche

Essendo, per quanto precisato, la definizione architettonica di ogni torre strettamente correlata all’armamento, a sua volta dipendente dal contesto ambientale, ne consegue che per tratte costiere morfologicamente omogenee, prive di foci di fiumi o di preminenze antropiche, quelle che vi si susseguono appaiono sostanzialmente identiche. In particolare lungo le marine basse e sabbiose, lontane dagli abitati, abbastanza frequenti e lunghe nel meridione, se ne osserva anche una vistosa diradazione con interassi spesso di diversi chilometri. In tali contesti la scansione coincide quasi esattamente con gli estremi semaforici del sistema, non richiedendosi alla difesa anticorsara un significativo ruolo interdittivo. Discorso completamente diverso, invece, per le coste sinuose e convesse, specialmente se rocciose e frastagliate. Il continuo avvicendarsi di piccoli promontori, di calette, di anfratti e di brevi spiagge, segmentato da incisioni torrentizie e forre carsiche, costituiva lo scenario ideale per l’insidia corsara. La loro estensione, tuttavia, risulta una trascurabile frazione dell’intero perimetro litoraneo meridionale tranne due sole cospicue eccezioni: la penisola del Gargano e quella d’Amalfi. Emblematico che lungo il loro sviluppo gli interassi delle torri scadano da una media di km 4 a meno di m 500. L’equivalenza geomorfologica, però, ad un più attento approccio non trova identiche analogie nelle connotazioni insediative, ostentando al riguardo diversificazioni tali, peraltro nel passato ancora più stridenti, da rendere i rispettivi livelli di rischi assolutamente incomparabili. E’ interessante, per coglierne a pieno la conseguenzialità nell’ambito del torreggiamento, dedurle da precise memorie il cui sfalsamento cronologico ne accentua le differenze. Ancora agli inizi del nostro secolo il Gargano suscitava le seguenti impressioni nei rari turisti che osavano avventurarvisi: "...ieri i miei compagni di viaggio mi hanno riempito il capo di storie del brigantaggio sul Gargano; di aggressioni, di ferimenti, di assassini e di piccole bagatelle, come sarebbe il cannibalismo, ad esempio; la mobile e fervida fantasia di queste popolazioni ama certamente il colore, vi sarà molta esagerazione in tutto ciò che mi hanno raccontato, ma se debbo giudicare dall’aspetto dei luoghi e degli uomini che incontro, francamente, nulla mi meraviglia. D’altra parte un uomo che si avventuri in questa perfetta solitudine, può dirsi si dia in mano alla gente del paese. Un compiuto sistema stradale non esiste; il paese è corso in massima parte da vie mulattiere aspre e difficili che vanno fra rocce e selve e si disperdono in tutti i sensi... ciò che è certo si è molto hanno ancora di primitivo; e come  potrebbe essere differentemente se

molte famiglie vivono quassù allo stato selvaggio, entro caverne? Inoltre nelle regioni più deserte del centro del promontorio, vi sono pastori che non vedono faccia d’uomo per mesi e mesi...". Per completare la determinazione del rischio corsaro potenziale occorre aggiungere che il Gargano, ritrovandosi a nord delle pingui distese di grano del Tavoliere, non veniva lambito dai mercantili cabotanti verso Napoli.
Pochi anni prima dell’avvio della costruzione delle torri cosi veniva descritta, invece, la Costa d’Amalfi da Leandro Alberti: "...e di lunghezza di circa venti miglia, ove si veggono alti, difficili, aspri Monti, massimamente da quel lato ch’e sopra il mare... [Vi] sono belle fontane con altri sorgini di chiare acque, dalle quali escono laghi, dilettevoli ruscelletti, scendendo con gran murmurio... Sono questi ameni luoghi molto habitati... e tutta questa costa (come dicemmo) habitata, in guisa tale che pare a quelli che navigano il mare vicino a questi luoghi, ragguardandola, una continua città di lungo tratto più tosto, che separate habitationi…". Evidentissima dalle antitetiche descrizioni l’accennata diversa criticità delle due penisole. Come se non bastasse a rendere ulteriormente a rischio quella amalfitana contribuiva la vivacità del traffico navale antistante. Non diversamente da quanto attualmente avviene in prossimità delle barriere autostradali, la vicinanza del porto di Napoli moltiplicava i vettori lungo le sue acque, nelle apposite direzioni. Pertanto se in entrambe le penisole la continuità ottica, incessantemente cesurata dalla tormentata morfologia geologica, impose una identica fitta scansione di torri, non altrettanto avvenne per le loro connotazioni funzionali. L’assenza di obiettivi a terra unitamente alla inconsistenza del cabotaggio, permise lungo il contorno della prima uno schieramento eminentemente semaforico con modeste potenzialità offensive, mentre costrinse lungo quello della seconda ad una ridondante maggiorazione del dispositivo adottando tutte le varianti tipologiche delle torri, alcune peraltro esclusive, per meglio esaltarne il ruolo interdittivo.
La singolare, ed unica, circostanza consente ancora oggi visionando questa sorta di esaustivo campione di appena una quarantina di chilometri, di ricavare una dettagliata interpretazione degli oltre 2.000 dell’intero sistema, in ogni sua articolazione architettonica- operativa, in uno scenario di
incomparabile suggestione. La ricognizione permette un ulteriore approfondimento in materia, rintracciandosi lungo il suo dipanarsi alcune superstiti torri delle precedenti realizzazioni anticorsare risalenti al medioevo, per lo più integrate nella linea vicereale quali raccordi semaforici, previe marginali modifiche, esemplificazione a loro volta dell’accennata cooptazione ed estreme testimonianze della ultrasecolare preesistenza della tragedia. Il che giustificherà delle brevi digressioni circa le varianti tipologiche.



Portici (Napoli):
ultimi resti del Fortino
del Granatello.

Fino a qualche decennio or sono resti di un fortino simile erano visibili pure a Torre del Greco zona Calastro.