6. Torri a cinque troniere
E’ subito dopo
quella a tre, la tipologia più frequente e con un rilevante
numero di esempi pervenutici in discrete condizioni. Tranne che
lungo la Costa racchiudeva le torri più grandi, caratteristica
che ne rende agevole l’interpretazione di difesa eminentemente
attiva. Ad essa, infatti, che vanta costantemente ingenti cubature
e larghe piazze vanno ascritte tutte le torri dalle spiccate
finalità militari interdittive. Furono erette ovviamente nelle
località ad alto rischio di sbarchi ed a forte densità
abitativa, o nei paraggi di porticcioli di intenso traffico. In
alcune di esse, proprio per il rilevante ruolo dissuasivo e l’eccezionale
volumetria si ricavarono delle piccole stalle per i cavalli dei
sorveglianti montati, più noti come ’cavallari’,
indispensabili per la diuturna ispezione della tratte fortemente
accidentate e non altrimenti controllabili. Si definirono ’torri
cavallare’, ma non sembrano riscontrarsi lungo la Costa, a
differenza delle normali. Tra queste uno dei migliori esempi è
senza dubbio quella cosiddetta di Vito Bianchi, l’unica peraltro
che conserva ancora una destinazione militare connessa con il
mare e con i suoi tradizionali reati, essendo adibita a casermetta
della Guardia di Finanza. Fu eretta a fianco della foce del
torrente ad una estremità della spiaggia di Vietri, praticamente
sulla battigia. E’ deturpata da una orrenda sopraelevazione, che
in quanto indispensabile al riuso, può considerarsi la ragione
non ultima del suo ottimo stato di conservazione. Verso ponente,
inoltre, l’originaria piccola feritoia si è trasformata in una
vistosa balconata insistente su di un monumentale basamento ad
arco di trionfo, che fortunatamente non compromette la
leggibilità della torre facilmente riconducibile alla
connotazione canonica. La spiegazione tattica alle spalle del suo
impianto deve individuarsi nella concomitanza
del corso d’acqua con spiaggia, ottima opportunità per il
rifornimento idrico di più unità e quindi di improba
dissuasione.
Rappresentano un espediente architettonico per garantire una
discreta sicurezza agli uomini sulla piazza nei contesti litoranei
fortemente scoscesi.
In quanto tale è precipua della Costa non
incontrandosene di similari in nessun altro ambito regnicolo,
anche di affini connotazioni morfologiche.
Il perché potrebbe dipendere dalla grave
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7.
Torri a doppia altezza
decurtazione
funzionale inflitta dallo ’scudo’ alle artiglierie e dalla
rilevante complicazione strutturale a fronte dei modesti vantaggi.
Sono in definitiva un ripiego che consentiva di evitare una
eccessiva altezza alla torre, garantendola parimenti alle spalle.
Non rappresentano una singolarità vicereale, come accennato,
riscontrandosi torri scudate anche nello Stato Pontificio e sempre
per la medesima ragione. Data la sostanziale contemporaneità
delle due realizzazioni è impossibile stabilirne la paternità
inventiva. Lungo la Costa se ne incontrano almeno tre esemplari
perfettamente definiti. Il primo è la torre di Cetara, di maestosa
imponenza e di articolatissima compartimentazione, derivatale
tra l’altro dall’intima connessione con una torre cilindrica
scarpata antistante, di epoca angioina. La straordinaria fusione
costituisce una ennesima riprova del prioritario valore assegnato
all’ubicazione precisa di ogni torre vicereale, da cui la
necessita, non potendosi rinunciare nemmeno temporaneamente alla
prestazione difensiva, di mantenere le preesistenti sino all’ultimazione
della nuova, finendo in alcuni casi, che tra breve esamineremo,
alla compenetrazione tra le due. A Cetara la torre vicereale
propriamente detta consta di una corpo di fabbrica
tronco piramidale quadrato, indifferenziato fino alla piazza. Da
lì soltanto la sezione a monte si innalza di altri m. 3
schermandola, e dando origine ad una seconda piazza, più elevata
è più piccola. Entrambe però sono dotate di coronamento in
controscarpa sul perimetro esterno, rispettivamente con tre troniere quella inferiore e due la superiore, e con cinque
entrambi i lati in costa.
Strutturalmente simile anche la torre d’Albori,
poco discosta da Vietri, sfigurata da una greve ristrutturazione
disgraziatamente nel solito stile castellano con ampi finestroni a
lato mare e con tanto di finti merli e di finte torrette-ciminiere e vistose bucature nella sezione basamentale. In
territorio di Ravello v'è un’altra torre del genere, quella dello Scarpariello, la meno stravolta e la meglio conservata, ma
purtroppo anche la meno avvicinabile per l’arroccata ubicazione.
Ad eccezione di alcuni vani ricavati per allargamento delle
originarie feritoie, prive comunque di orpelli fantasiosi, la
torre si mostra integra e pienamente leggibile.
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