Funzione di
avvistamento
e segnalazione
Esaurita la breve
esposizione delle varianti tipologiche imposte dalla funzione
autodifensiva, passiamo ad esaminare le implicanze architettoniche
connesse con la guardia. Ma, curiosamente, forse per la preminenza
del ruolo interdittivo attivo, di quella che sembra la ragion d’essere
precipua di tali torri non si ravvisa un significativo riscontro
strutturale o ubicativo. Si spiega così la intervesibilità
multipla che molte torri mantengono con le successive, o
antecedenti, non altrimenti giustificabile. In prima
approssimazione, tuttavia, sembrerebbe coerente presumere una
correlazione tra l’avvistamento e l’altezza. La scoperta,
infatti, del naviglio incursore, premessa per l’allarme alle
popolazioni limitrofe e per l’allertamento delle forze miliziane
e militari di contrasto, risultava tanto più efficace quanto più
tempestiva. Ma la massima entità del margine di preavviso
soltanto in una modestissima frazione di allertamenti derivava
dall’ampiezza dell’orizzonte scrutabile, ovvero dalla quota
della piazza sul mare, che comunque, per ovvie limitazioni
ottiche, non poteva eccedere un breve intervallo cronometrico. Nei
restanti casi, quasi la totalità, sopperiva il collegamento
semaforico che forniva con anticipi incomparabilmente maggiori
quelli che potrebbero definirsi ’avvistamenti virtuali’. Per
semplicità d’ora innanzi riterremo avvistamento diretto quello
effettuato dagli uomini di una torre al profilarsi delle
imbarcazioni corsare, ed indiretto, invece, quello trasmesso dalle
torri vicine.
Al riguardo occorre aprire una
breve parentesi esplicativa, poiché nella trattatistica corrente
il lancio
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ottico,
con fuoco o con
fumo, di un avvistamento è seguito immediatamente dalla sua
riproposizione inalterata dalle torri contigue e via cosi senza
alcun termine. Ma la procedura non solo si dimostra facilmente
impraticabile ma persino idiota. Supponendo, infatti, che la torre
di Pizzo Calabro appena scorta una flottiglia barbaresca accenda
il falò prescritto, in pochi ore il segnale, rimbalzando di torre
in torre, avrebbe raggiunto S. Benedetto del Tronto da una parte e
Fondi dall’altra: ed almeno una delle due sterminate costiere
non avrebbe avuto assolutamente nulla da temere. Ne peraltro in
quel brulichio di segnali sarebbe stato possibile coglierne l’origine
ed eventualmente dirigervi i soccorsi. Ma non è tutto: da dove
sarebbe dovuto scaturire il cessato allarme e come si sarebbe
distinta quella segnalazione da una di poco successiva emessa da
un’altra torre? E se ogni allarme lanciato da una qualsiasi
delle quasi 400 torri avrebbe coinvolto tutte le altre quando il
sistema sarebbe rimasto quiescente? Ed allora di quale
tonnellaggio di legna avrebbe dovuto disporre ciascuna torre?
Senza dilungarci in ulteriori ironici paradossi è evidente che
quanto semplicisticamente supposto a proposito della trasmissione
semaforica è privo di definizione vettoriale. Molti antichi
memorialisti siciliani afferma- vano nelle loro opere che il torreggiamento dell’isola era in grado di far compiere ad un
singolo segnale l’intero periplo in circa un’ora: il che
necessariamente presume, onde poter eseguire se non altro la
misurazione, un verso concordato. In altri termini soltanto la
torre di destra, o di sinistra, avrebbe dovuto ripetere il
segnale, e cosi via, ma mai contemporaneamente la destra e la
sinistra! L’osservazione è forse la prima parte della soluzione
del problema. La seconda, invece, dovrebbe supporre degli ambiti
settoriali all’interno dei quali la trasmissione si sarebbe
anche conclusa. In un documento settecentesco inerente allo stato
delle torri ed alle loro suddivisioni
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