La Torre di Bassano e le sue sorelle - Pag. 19


 

 

Agropoli: torre S. Marco, vista
da una cannoniera del castello.

 


Funzione di
avvistamento
e segnalazione

Esaurita la breve esposizione delle varianti tipologiche imposte dalla funzione autodifensiva, passiamo ad esaminare le implicanze architettoniche connesse con la guardia. Ma, curiosamente, forse per la preminenza del ruolo interdittivo attivo, di quella che sembra la ragion d’essere precipua di tali torri non si ravvisa un significativo riscontro strutturale o ubicativo. Si spiega così la intervesibilità multipla che molte torri mantengono con le successive, o antecedenti, non altrimenti giustificabile. In prima approssimazione, tuttavia, sembrerebbe coerente presumere una correlazione tra l’avvistamento e l’altezza. La scoperta, infatti, del naviglio incursore, premessa per l’allarme alle popolazioni limitrofe e per l’allertamento delle forze miliziane e militari di contrasto, risultava tanto più efficace quanto più tempestiva. Ma la massima entità del margine di preavviso soltanto in una modestissima frazione di allertamenti derivava dall’ampiezza dell’orizzonte scrutabile, ovvero dalla quota della piazza sul mare, che comunque, per ovvie limitazioni ottiche, non poteva eccedere un breve intervallo cronometrico. Nei restanti casi, quasi la totalità, sopperiva il collegamento semaforico che forniva con anticipi incomparabilmente maggiori quelli che potrebbero definirsi ’avvistamenti virtuali’. Per semplicità d’ora innanzi riterremo avvistamento diretto quello effettuato dagli uomini di una torre al profilarsi delle imbarcazioni corsare, ed indiretto, invece, quello trasmesso dalle torri vicine.
Al riguardo occorre aprire una breve parentesi esplicativa, poiché nella trattatistica corrente il lancio

ottico, con fuoco o con fumo, di un avvistamento è seguito immediatamente dalla sua riproposizione inalterata dalle torri contigue e via cosi senza alcun termine. Ma la procedura non solo si dimostra facilmente impraticabile ma persino idiota. Supponendo, infatti, che la torre di Pizzo Calabro appena scorta una flottiglia barbaresca accenda il falò prescritto, in pochi ore il segnale, rimbalzando di torre in torre, avrebbe raggiunto S. Benedetto del Tronto da una parte e Fondi dall’altra: ed almeno una delle due sterminate costiere non avrebbe avuto assolutamente nulla da temere. Ne peraltro in quel brulichio di segnali sarebbe stato possibile coglierne l’origine ed eventualmente dirigervi i soccorsi. Ma non è tutto: da dove sarebbe dovuto scaturire il cessato allarme e come si sarebbe distinta quella segnalazione da una di poco successiva emessa da un’altra torre? E se ogni allarme lanciato da una qualsiasi delle quasi 400 torri avrebbe coinvolto tutte le altre quando il sistema sarebbe rimasto quiescente? Ed allora di quale tonnellaggio di legna avrebbe dovuto disporre ciascuna torre? Senza dilungarci in ulteriori ironici paradossi è evidente che quanto semplicisticamente supposto a proposito della trasmissione semaforica è privo di definizione vettoriale. Molti antichi memorialisti siciliani afferma- vano nelle loro opere che il torreggiamento dell’isola era in grado di far compiere ad un singolo segnale l’intero periplo in circa un’ora: il che necessariamente presume, onde poter eseguire se non altro la misurazione, un verso concordato. In altri termini soltanto la torre di destra, o di sinistra, avrebbe dovuto ripetere il segnale, e cosi via, ma mai contemporaneamente la destra e la sinistra! L’osservazione è forse la prima parte della soluzione del problema. La seconda, invece, dovrebbe supporre degli ambiti settoriali all’interno dei quali la trasmissione si sarebbe anche conclusa. In un documento settecentesco inerente allo stato delle torri ed alle loro suddivisioni


 


 

 

Capaccio (Paestum):
torre Tusciano