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ID 4632
GUARINO, L'ITALO AMERICANO TORRESE MIGLIORE DEL
MONDO
Ho già accennato altrove che non ho avuto fortuna con i rapporti tra germani.
Ricordiamo Gesù dei sinottici: metterò padre contro figlio, fratello contro
sorella"...
Cosa avrei pagato per aver avuto un fratello come Te. Gesù avrebbe fatto
un'eccezione. Avrebbe rinunciato alla sua prova dolorosa come quella di Abramo.
Quando ho visto il filmato .avi (che ora sta in bacheca) è come se mi fosse
arrivato per posta un uovo di Pasqua gigante con dentro la statua della
Libertà. Perché queste gesta sono da uomini liberi, che non penano sotto il
giogo dell'amor proprio, (non ho detto dell'autostima, che è una cosa diversa).
Non so se mi riesce, ma sento un groppo alla gola solo a pensarlo. Ma devo
farcela, devo!. Amore con amore si paga. Ti è dovuto, Angelo Guarino. Devo,
entro Pasqua, spedirti in America un uovo gigante con dentro la sorpresa più
bella per i torresi al di là dell'oceano. Devo spedirTi un uovo alto cento
metri. Farò la questua, casa per casa, come quand'ero chierichetto. A chi
domanderò lo zucchero, a chi il cacao, a chi gli aromi. Devo.
Ti arriverà l'uovo gigante, Angelo, e Tu come un vero Angelo abbraccerai
quest'uovo di Pasqua alto cento metri, e lo adagerai sul grattacielo più alto
di Manatthan a 2 isolati da Time Square, e quando il Tuo soffio angelico
frantumerà il cioccolato apparirà la magnifica sorpresa: il Campanile di S.
Croce.
E si guarderanno negli occhi il Campanile di S. Croce e la Statua della
Libertà. Finalmente! E ci guarderemo negli occhi pure noi, e le nostre
coscienze si baceranno e si abbracceranno da una parte e l'altra dell'oceano; e
si terranno per mano, le nostre coscienze, nel carosello di Torreomnia.
Chiama, in quel di New York, Angelo, chiama: Gennaro della Gatta, chiama Antonio
Di Lecce; e ora chiama noi in Italia, chiama me, Ciro Adrian, Salvatore,
Aniello, Antonio, Marisa, Pina. Chiama. La Pace ti ascolterà, è dietro lo
stipite che origlia.
E' la domenica delle Palme. Credi sia stato un caso questo Tuo intervento. E' il
Signore che ha scelto il "suo Angelo torrese-americano". Come quando,
Gesù, fece il Suo ingresso a Gerusalemme ed il popolo agitava le palme e le
foglie d'ulivo per accoglierlo, per accettare la pace e l'amore.
Chiama, Angelo Guarino, batti le ali e chiama. Ma non gridare. Perché gridi
Angelo? La voce dell'amore arriva dappertutto anche col linguaggio del silenzio.
Quando c'è.
Luigi Mari
Caro Angelo,
rileggendo i tuoi messaggi mi sono reso conto della Tua sagacia, della tua
arguzia e della Tua intelligenza, pari ed allineata a quelle degli alri,
s'intende. Ma non vedo furbizia, scaltrezza, tipica del napoletano legato alla
lazzaronica atre dell'arrangiarsi. Non sto qui a fare i salamelecchi di
prammatica, specie adesso, nel clima infuocato del forum, ma credo sincerametnte
che potresti dare un valido contributo.
Un forum o s'infuoca sfavillando e rende, o langue nei convenevoli inerti e
infruttuosi. Nulla si costruisce senza le lotte (pacifiche s'intende).
Sono convinto che se scrivi Tu regolerai un po' il mio disequilibrio e le mie
intemperanze. E Tu, forse, ne guadagnerai in Libertà.
I Tuoi pochi messaggi sono un test-positivo. Non farTi scoraggiare dai
"fuochi d'artificio", durano il tempo che trovano.
Mi aspetto il Tuo regalo di Pasqua come sorpresa dall'Uovo di Torreomnia.
Parlaci degli italiani in America. Torre e la rete hanno bisogno anche di Te.
"Forum sito d'incontro". rispettiamo questa Tua proposizione.
Gigi Mari
ID. 4545
BREVE SAGGIO SUI RAPPORTI DI COPPIA NELLA
PLAGA VESUVIANA
Non vi é unione monogamica autentica, a mio avviso, se non caratterizzata, già
nella fase prematrimoniale, dal noto dualismo odio-amore tradotto in bene-male,
cioè mono-sentimento positivo-negativo. Potrei calare qui 1’esempio
emblematico del famoso film ”Duello al sole”, di King Vidor con Jennifer
Jones, Gregory Peck, Joseph Cotten, Lionel Barrymore, laddove, a conclusione
della storia, i partener della coppia di amanti “si ammazzano vicendevolmente”
in un delirio maniacale di odio-amore struggente. Ma vado oltre.
Nella fase prematrimoniale il mono-sentimento dualistico amore-odio, cioè
bene-male (negativo-positivo) si trova nella sfera sensitiva di entrambi i
partners e paradossalmente: “contemporaneamente”. In questa fase prevale in
entrambi i soggetti, vicendevolmente, il desiderio di emulazione del modello
sociale ortodosso: “completezza nell’unione”, modello subdolo e
pseudo-etico dei mass-media rotti persino alla commercializzazione dei
sentimenti. Qui l’influenza materna e l’amor proprio patologico sono
affievoliti. Il dualismo bene-male e quindi mixato e ritrasmesso dai partners
vicendevolmente, in una sorta di illusorio “pseudo-dialogo”.
In seguito, pero, vuoi per l’insorgenza di squilibri relativi al richiamo di
fonti sessuali esterne, vuoi per l’influenza del suocerato (che risveglia l’amor
proprio difensivo originario), vuoi per l’ingerenza affettiva della prole
monoaccaparrato, il dualismo bene-male, comune e armonioso, si riscinde nelle
due entità separate. Una sorta di mantice di variabile sdoppiamento di
personalità, quindi di ruoli.
Ha voglia di ripetere Antoine De Saint- Exuperi ”Amare non significa guardarsi
incantati l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”.
Nella fase di rottura interiore del rapporto monogamico coatto, dunque, il
dialogo trasmissivo riconciliante si biforca in due monologhi unilaterali,
generalmente di uguale forza, che rimbalzano vicendevolmente sui partners, non
già solo in fase emissiva, ma anche in quella ricettiva, perché ciascun
coniuge viene assorbito, a cospetto dell’altro, dal proprio vortice
monologante logorroico, solo di tanto in tanto in pausa per deficienza di
vigore. Un meccanismo incontrollabile dalla ragione e dalla logica comune
perché crudamente istintuale, animale nel senso di antietico e
anticonvenzionale.
Cosicché il male, come negatività del dualistico sentimento bene-male, viene
attribuito solo al coniuge; il bene, come positività, solo a se stessi, e
viceversa, soggiogati dall’istinto di conservazione anomalo dell’amor
proprio patologico illimitato, quale, chiaramente, carenza, quindi difesa.
Questa negatività, vista tra l’altro anche come assenza di corresponsione
affettiva, non è altro che la parte negativa di se stessi (disistima)
proiettata sul partner per motivi di esorcismo dipanati dai sensi di colpa
inconsci.
Negatività, quindi, come disamore a causa della presenza soffocante dell’amor
proprio patologico illimitato, (disistima e non autostima) inibitrice della ”conoscenza”
come “amore”. Amor proprio patologico smisurato, abisso incolmabile, fissato
in ”cantina” dall’assenza di svezzamento dei timori istintuali di origine
prenatale fisici di finibilità, rincruditi nel complesso rapporto infantile
dell’età evolutiva per la consapevolezza dell’impotenza sul proprio destino
di annullamento finale con probabile assenza salvifica.
Insisto nel chiarire che per “amor proprio” non s’intende qui “l’autostima”
che è il legittimo propulsore della personalità. Equilibratore psichico che
consente di amare ed essere amati. Ci si riferisce, invece, all’amor proprio
ante litteram come egoismo ed egotismo istintuale pre-cultura fuori dalla
scienza e dalla storia, che comunque si dipanano da insidiose problematiche
esistenziali.
Nei rapporti affettivi spesso assolutistici e possessivi come quello
monogamico-legale, i dualismi amore-odio, bene-male fanno leva, dunque, su di un
unico perno: l’amor proprio patologico illimitato derivante, dicevo,
paradossalmente dalla conflittualità disistima-sedicenza, che sopprime ogni
transitività dare-avere affettiva e preclude qualsiasi positività di
messaggio.
Dietro un cambiamento lento ma radicale (come d’altra parte gia sta avvenendo)
si potrebbe veder sconfitto l’amor proprio patologico, per la prima volta
nella storia. Individuandolo si può debellare. L’amor proprio patologico,
nella sua poliedricità, detto anche: egoismo, egocentrismo, egotismo,
assolutismo, possessivismo, ecc., sconfitto a favore di una convivenza umana
finalmente armoniosa (atomica, e Vesuvio permettendo) soprattutto a beneficio
dei rapporti di coppia sia regolamentate che libere da vincoli legali.
Il celibato ed il nubilato coatto fanno ugualmente perno su questa
estremizzazione dell’amor proprio patologico, spesso compensato o sostituito
da sublimazioni parallele: lavoro, successo, danaro, beni materiali.
"L’amor proprio è il più potente ed il solo movente di tutte le azioni
degli uomini”, (dalla raccolta di Annarosa Selene).
Nella fase monogamica dell’unione matrimoniale l’amor proprio patologico
come difesa si amplifica in molti individui tramite il movente dell’azione
coatta relativa agli affetti-desideri sensuali, in quella dimensione ortodossa
di mono-direzionalità imposta. Il rischiamo esterno psico-fisico sessuale, come
tutti gli appetiti animali, viene sottoposto dalle leggi etiche ad una sorta di
strozzatura embolica cosi il vecchio detto ”il matrimonio e la tomba dell’amore”
denuncia in maniera esplicita lo squilibrio causato da culture millenarie all’uomo,
con la monogamia imposta. E non solo per il maschio. La donna ha solo sostituito
la propria sessualità (in quanto a pulsioni indiscriminate) con la maternità
come contrapposizione alla virilità esistente o presunta.
Rilke disse: ”Un buon matrimonio è quello in cui ciascuno dei due nomina l’altro
custode della sua solitudine”. E a questa solitudine il single antepone “Chi
non ha il partner coniugale e prole ha un dispiacere solo” ma senza successo.
Il celibato, intanto, non rappresenta la soluzione alternativa al problema,
prima perché esso assume carattere di eterodossia, in secondo luogo, perché
rinunciando alla sessualità ”omologata”, l’amor proprio patologico viene
sottoposto a tensioni negative diverse, sempre inconsce, prima di tutto la
trasgressione di una legge divina, poi la rinuncia mutilante della forma di
ortodossia affettiva più diffusa universalmente, quindi una scelta emarginante
che presumerebbe agli occhi del mondo libertinaggio e dissolutezza; che
prevederebbe solitudine senile ed assenza salvifica post-mortale per
trasgressione al concetto divino del matrimonio per una sessualità contro i
fini procreativi.
La quasi totalità delle culture occidentali concede di amare molti figli,
diversi parenti, disparati amici, ma un solo soggetto sessuale eticamente
legale. Sotto la consapevolezza dell’osservanza e dell’adempimento, relativa
al vincolo collettivo familiare, nel suo principio irriducibile di
indissolubilità, i coniugi si vedono costretti a strozzare, dalla censura
inconscia, i loro istinti stimolati dall’esterno, naturali e congeniali alla
natura umana (desideri spesso ipersentiti perché proibiti). Voglie istintuali
precluse, laddove, nel loro soddisfacimento libero da vincoli drastici,
avverrebbe la catarsi fisio-psichica; cosi come si manifesta funzionale 1’equilibrio
metabolico di un organismo sano (nel processo gastroenterico) non turbato da
diete dimagranti restrittive, alteranti l’efficienza fisiologica a causa della
parzialità delle sostanze nutritive assunte.
La soppressione, anche parziale, di qualsivoglia appetito animale, ostacola la
catarsi psichica relativa allo scarico di tensioni inconsce di natura
esistenziale, e di quelle relative al ritmo spasmodico della vita sociale
moderna. L’uomo, più che la donna, regola il suo equilibrio psico-fisico
attraverso la sua valvola sessuale virile, la donna spesso ripiega con la
maternità sublimata come alternativa dato il ruolo gregario assunto nei secoli
rispetto all’uomo.
La donna, come accennavo prima, avverte un po’ meno la pressione dei desideri
sensuali esterni, in primo luogo perché le culture millenarie l’hanno voluta
fin’ora oggetto passivo della sessualità; in secondo luogo perché il suo
equilibrio erotico viene anche “regolamentato” dal ciclo mestruale e
soprattutto dalla maternità. Ma la sessualità femminile è gregaria e dipende
da quella maschile in fatto di scala di valori solo per una componente culturale
e non fisiologica. Pulsioni, orgasmo, drenaggi biologici, contrazioni avvengono
ugualmente nell'organismo e nella psiche femminile.
Una zitella non sarà acida perché non ha avuto marito, ma perché non ha
beneficiato della sessualità e del surrogato della maternità sostitutiva.
Insomma, paradossalmente, la zitella conserva una intensità sensuale superiore
ad un partner di coppia. Molte donne sono cromosomicamente frigide, perché la
maternità sostituisce, rimpiazza la realizzazione del ruolo come riscatto al
grerarismo subito lungo la storia. Altro che frigidità dovuta solo all’ignoranza
sessuale del maschio.
Ma la parità dei diritti predicata, a torto o a ragione, dai movimenti
femministi di vario indirizzo, offusca oggi 1’importanza del rilassamento
psichico derivante dalla efficienza della funzione ovarica, non solo alterandone
la già compromessa varietà di umore per un a sessualità storicamente
gregaria, ma provocando, tramite il rapporto monogamico della coppia, guasti in
base alle nuove tendenze di parità, traumatizzanti ed equivalenti a quelli
maschili.
A soffocare molte trasgressioni extra-coniugali è anche la gelosia (riflesso
dell’amor proprio patologico), vale a dire non trasgredire per il timore di
venir pagati con la stessa moneta, di essere feriti mortalmente, di annichilare
la propria cara persona, e a ragione, laddove si è dato il cattivo esempio.
Nel meridione d’Italia, vi è pero una ulteriore deformazione del concetto di
trasgressione monogamica. Al maschio vengono consentiti se non privilegi
libertinari, certamente una sufficiente tolleranza alla violazione. Solo la
donna adotta come deterrente la trasgressione potenziale, la potenzialità della
trasgressione. ”Si ll’omme guarda ’e zzizze e ’o culo e pe’ nnatura;
si ’a femmena guarda ’nda vrachetta e pe’ ddifetto”. Vecchio detto
vesuviano.
L’amor proprio patologico illimitato è instaurato anche nelle madri che lo
trasmettono ai figli durante il rapporto possessivo della crescita e varia nel
corso degli anni modificando di volta in volta la logica comune. (Vedi varietà
di ruoli, ad esempio, nella donna: bimba, ragazza, sposa, madre, suocera). Una
volta adulti lo si sprigiona ad estuario nell’oceano umano, in maniera
vicendevole e riproduttiva, come una guerra batteriologica. L’essere adulto,
assorbito dall’amor proprio patologico illimitato e dalla repressione
monogamica, sente soffocata 1’energia necessaria sufficiente a dare parte di
se agli altri, e soprattutto alla consorte, durante la lunga fase coniugale che,
nella maggior parte dei casi interessa i tre quarti della vita di un individuo.
L’amor proprio, come istinto di conservazione inconscio, oppresso dalle
minacce terrene e post-mortali, si forma nella fase fetale ed è simboleggiato
dalla funzione nutritiva del cordone ombelicale (poiché il feto ha istinto e
non coscienza), quindi persiste sotto il bisogno protettivo della gabbana
materna nella fase infantile, fino allo svezzamento intorno alla fase puberale,
mai totale, a seconda dei costumi dei vari gruppi etnici, ma che raggiunge alti
livelli nelle società dove le norme civilizzatrici, contraddittorie ed
ipocrite, favoriscono il disadattamento nevrotico.
L’amor proprio patologico strepita a livello inconscio in difesa di tutte le
potenziali minacce punitive, specie post-mortali. Tutti i tipi di trasgressioni
sociali, che attingono da alcuni canoni religiosi pluriconfessioni vanno contro
la natura dell’uomo, con al centro l’amor proprio patologico, sempre
propenso, ma contrastato per ogni tipo di soddisfacimento, di appetito
psico-fisico. Perché il Dio del Vecchio Testamento castiga l'uomo col sudore
della fatica e la donna col dolore del parto, ma tiene fede all'
"etichetta" della sua prova di fedeltà: "il sesso da non
trasgredire perché scoperto", quindi mperpetuato nel suo insoddisfacimento,
laddove la fisiologia rimane "erotica" ma solo per consentore la
continuazione della specie, ma non per goderne i benefici dell'amplesso.
Benefici non più stimolati nel tempo dall'unione monogamica soprattutto perché
in alcune etnie il gregarismo sessuale della donna fa da scudo e ostacolo nel
contempo.
La condizione monogamica per unioni legali o meno è pertanto conflittuale. Se
si favorisse, non. solo con la tolleranza, la liberta sessuale in seno al
matrimonio, a prescindere dalla poliandria e dalla poliginia, è probabile che i
matrimoni sarebbero più solidi. Sembra un paradosso. Le regole comportamentali
sono comunque sempre infruttuose perché non si possono generalizzare modellare
addosso individualmente.
Ma agire a monte si può. Togliere, cioè, dalla galassia sesso l'idea ossessiva
di peccato, poi ciascuno agire secondo i suoi parametri mentali, secondo la
propria cultura, secondo la propria morale. decisioni che rientrano nella logica
delle scelte personali e non vanno generalizzate.
Peccato che le madri non si possano sostituire, almeno per una generazione, con
dei computers programmati con l’assenza totale dell’amore materno
possessivo. Il sesso, valvola primaria del ”metabolismo” psichico,
rivisitato e condizionato alle sue leggi biologiche, sarebbe, finalmente, nella
sua efficienza totale, il movente della gioia di vivere, alieno da minacce
punitive, libero di galoppare indomito nelle praterie della psiche, librante nel
cosmo infinito dell’eterosessualità incondizionata.
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E' chiaro che non postulo assolutamente qui amplessi promiscui e incondizionati
o canoni erotici
lontani dalle norme etico-morali, che causerebbero, come dicevo, tensioni
diverse di inappagamento, ma soprattutto di colpa, come quelle che nutre l'idea
di poter spegnere il fuoco con la benzina. Sottolineo solo di
"asportare" dalla galassia sesso, come accennavo, l'idea di peccato.
L’amor proprio patologico illimitato, soggiogato dalla colpa atavica della
trasgressione, produce, in alternativa, soprattutto desideri sconfinati di
potere, quindi ricchezza (avarizia). Protagonismo e perbenismo, ipocrisia,
sopraffazione, prevaricazione. Tradimenti, gelosie ecc., rappresentano poi le
reazioni incontrollabili dell’appetito egoistico. L’amor proprio patologico
nato già sul grembo delle madri dei trogloditi, rimane, al secolo, l’unico
vero movente delle tragedie umane, da sempre.
La cultura e la civiltà. hanno solo modificato l’aspetto di questo ”pozzo
senza fondo” dell’amor proprio patologico. Da bramosia di potere, espressa
in passato da esplicite, feroci barbarie a cupidigia di possesso, manifestata
poi dagli opprimenti regimi totalitari, spesso sostenuti da ideologie ipocrite,
camuffate nel migliore dei casi, come oggi, da false democrazie.
L’amore e conoscenza, ebbene, l’amor proprio illimitato non la consente! Nei
rapporti assolutistici e possessivi l’amor proprio vive di illogicità. Quando
Romeo si accendeva di fiamma per Giulietta, fino allo spasimo, tanto da
sopportare le angherie e le minacce della famiglia di lei, era persuaso di amare
alla follia colei che credeva fosse l’oggetto del suo amore. In realtà, da
buon nobile viziato, egli amava se stesso attraverso lo specchio di lei, facendo
dell’amor proprio illimitato il vero soggetto della vicenda. Altrettanto
Giulietta.
Nel caso di Renzo e Lucia, invece, il grande amore faceva perno sull’ostacolo:
”non s’ha da fare”. Onore, quindi amor proprio ferito a morte. L’affievolimento
delle tensioni sensitive dei due innamorati viene sottolineato dal Manzoni alla
fine della storia, a rapporto monogamico legale avvenuto. Persino la bellezza
angelica di Lucia si ridimensiona agli occhi di Renzo. L’avvento della prole,
infine, innaffia di banalità e mediocrità quell’amore cosi intenso e
sublimato. Qui, forse, si identifica una importante componente autobiografica
del grande scrittore.
Ho ipotizzato, in sintesi, che l’amor proprio smisurato, come istinto
patologico di difesa-offesa, causa della maggior parte dei mali sociali, dopo la
sua fase di incubazione prenatale si rafforza nella fase neonatale con i primi
impulsi sessuali. Sessualità, poi, vista a livello inconscio, legittima solo se
monogamica e proliferante, come suo fine precipuo. Nell’essere adulto tutto
ciò che trasgredisce questi canoni etico-religiosi implica traviamento, quindi
demerito. Ma se si antepone il principio che la vita è una prova irta e spinosa
con ostacoli difficili da superare, allora ogni tessera del mosaico prende il
suo posto.
Potrei dire che il matrimonio è contro natura perché la coppia con ordinamento
legale coatto non lascia alternative. Ma l'avvento delle separazioni legali e
dei divorzi in quasi tutto il mondo o lo stesso celibato rivela che il problema
sta a monte, perché la fuoriuscita dal vincolo coatto dell'unione legale non
limita né affievolisce i problemi sessuali a monte che si riallacciano
all'archetipo di trasgressione divina usando il sesso impropriamente come
piacere e non come atto procreativo. Come, ad esempio, la pena doi morte non fa
diminuire i delitti perché agisce a valle.
Liberando la sessualità dall’idea di peccato, la si spoglia da tutti quei
vincoli distorti da una cultura millenaria e stagnante. Persino Lutero che ha
liberato la cristianità dalla castità la tiene sempre legata all'ideo di
peccato, quindi di stampo demoniaco.
L’idea assiomatica del legame collettivo domestico indissolubile, suggerisce
insufficienti, inconsciamente, i palliativi partitici eterodossi ed eretici,
come dicevo, anche le separazioni legali ed i divorzi, anche perché, quest’ultimi,
lasciano poi i postumi e gli strascici a tempo indeterminato di diversità e
mutilazione morale.
Oggi, alla luce della scienza molte contrapposizioni vengono viste sotto una
ottica di sincretismo. Il sesso, uno dei maggiori imputati del peccato,
rivisitato da pionieri come Freud, viene visto soprattutto come uno dei maggiori
bisogni naturali dell’animale uomo, come una pura componente dell’equilibrio
naturale umano e non già più come ”ferri del mestiere del demonio”, per
dirla anche con gli accesi sostenitori della ”Teoria della Grazia”.
Non vedo il caso di scomodare ancora personaggi di grande levatura culturale
come Agostino o Lutero che però fanno troppo leva su questo binomio ossessivo:
demonio e sesso, ne sostengo i pensieri blasfemi di un Gide, disgustato di certe
considerazioni di annichilimento ed autocastrazione verso l'
"assolutismo-Dio" di S. Agostino. Personaggi come Wilde, Gide,
Nietzsche, ecc. fino al nostro Pasolini, in qualche modo vittime di queste
insistenze di stampo religioso, (teoria, però, che oggi si affianca a quella
dei "geni difettosi" causa dell’omosessualità) si sono votati alla
dissidenza, come, sebbene parzialmente, lo stesso Lutero per le palesi
motivazioni di dissidenza. Non risparmiava Lutero l’associazion e del sesso al
diavolo e ad una concezione scatologica di peccato. (Vedi il dialogo demoniaco
dove il peto sarebbe la vocalità del maligno, ecc).
Vecchi canoni mistici, a torto o a ragione, swe non sono stati rovesciati,
almeno vengono messi in discussione fino al paradosso. Anatole France disse: ”La
castità e la peggiore di tutte le aberrazioni sessuali”, perché la castità
cela una sessualità interiore senza sbocchi, contorta e repressa,
caratterizzata se non dalla pratica onanistica, da un erotismo platonico
sublimato nell’esaltazione artistica, nel fanatismo religioso, nella
sublimazione della professione.
La conflittualità: bisogno-corporale contrapposta al bisogno-spirituale, vista
in chiave psicanalitica sembra apparentemente conciliata. Vacillando, pero, ai
tempi nostri, il dogma religioso, quindi il sostegno salvifico post-mortale (a
causa della celerità con cui la scienza ha fatto traballare molte verità da
secoli assiomatiche) atte, se non altro a narcotizzare la paura dell’al di
là, l’uomo sente maggiore, a livello inconscio, il baratro post-mortale,
reagendo, in superficie, con atteggiamenti di apparente dissolutezza, una, sorta
di liberatorio scetticismo cinico ridimensionato anche in umorismo diplomatico o
clawnesco che attinge nella politica e nel sesso peccaminoso, i due bersagli di
dissidenza più in voga. Ma è solo una incerta reazione.
L’uomo solo, avvinghiato dalla piovra del suo sconfinato amor proprio
patologico, spesso incapace di amare, bersagliato di teorie e dottrinarismi
agnostici, senza più nessun appiglio salvifico (la vita, per lo inconscio non e
che u |