Anno IV
Gennaio-Marzo 2004 
n. 1- 3

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Luci ed ombre di Capri
La voce di un isolano e la sua terra   di Daniele Vuotto

naturalistico e ambientale, di cui andiamo o dovremmo andare tanto fieri, e ha generato una grande anomia sociale. Senza considerare, poi, la quasi totale carenza di spazi di aggregazione e di confronto, fatta eccezione per un “centro polifunzionale” giovanile ed un “forum” dei giovani, pur importanti, ma non certo sufficienti. Sono inoltre lodevoli gli sforzi di animare una certa vita culturale attraverso lo sviluppo e il potenziamento dell’offerta della locale Biblioteca Comunale. Sono anche da sottolineare alcune sacche di povertà, disagio sociale ed emarginazione, che rappresentano il risvolto della medaglia di un benessere ormai diventato per molti solo un luogo comune.
Anche il vistoso divario che viviamo tra una frenetica e “piena” vita estiva (a volte iperattiva) e il lento sonnolento “vuoto” invernale costituisce, anche secondo il senso comune, una fonte di disagio peculiare, rimanendo molto tempo libero, che non sempre è impiegato in modo salutare.
Insomma, il vero problema è che la “destrutturazione” dei valori del vecchio mondo non è affrontata in maniera sistematica e progettuale, ma solo con iniziative sporadiche ed isolate, non integrate e senza un respiro generale: palliativi, non soluzioni serie.
Capri, in realtà, presenta anche una vivace attività associativa che, a mio parere, testimonia di una decisa e positiva volontà di partecipazione ed appartenenza, oltreché di stare insieme per progettare. Ma questa manca del necessario e concreto appoggio di finanziamenti indispensabili a sovvenzionare le proprie attività (basti pensare al costo del fitto di una sala del Centro Congressi).
Sulla vivace e multiforme realtà del volontariato, piena di potenzialità ancora in larga parte inespresse, non si può ancora purtroppo contare completamente.
So che mi si potrebbe rivolgere lo scontato e trito rilievo di aver mosso solo critiche “distruttive”, ma io credo che una buona critica contenga già insite, per contrasto, le soluzioni creative e politiche, che essa si auspica sinceramente quando è avanzata in buona fede e con volontà di progettare e di costruire realmente. Con una folle speranza.

Sono un paziente seguito dal Servizio di Salute Mentale di Sorrento, e mi permetto di suggerire una sintetica analisi del contesto territoriale ed ambientale caprese e di delineare un quadro della realtà sociale attuale, senza pretese di esaustività e di competenza scientifica.
Capri vive le incertezze di questo periodo storico in una duplice prospettiva: quella della realtà globalizzata e quella circoscritta di una provincia dagli orizzonti ristretti e mediocri, con vista corta e di breve respiro.
La prima affonda le sue radici in cause -per così dire - “generali”, riconducibili alla struttura socio economica e politica delle società occidentali e al loro travaglio attuale, dal quale sembra stia nascendo un nuovo mondo con nuovi valori, sui quali cerchiamo di non dare un giudizio morale, né solo razionale: valori egoistici ed individuali, ma paradossalmente accompagnati ed intrecciati anche ad una maggiore sensibilità sociale e ad una maggiore solidarietà (si pensi alla grande realtà rappresentata in Italia dal volontariato). Tuttavia, assistiamo ad un aggravarsi di quella che a parere di molti è la vera grande malattia dell’Occidente: la solitudine, ossia l’incapacità di amarsi e di amare, di 

comunicare. Posta questa premessa, è evidente che oggi tutta la società, non solo quella giovanile, prova “disagio”.
L’altra prospettiva è quella legata alla nostra particolare realtà isolana, che offre modelli di vita, stereotipi del gran lusso, della “vacanza” perenne, del “divino” denaro: insomma, valori materiali e edonistici. Risposte mediocri e insoddisfacenti per una domanda ed una ricerca di senso, che non può essere elusa o soffocata.
Su un simile substrato, falso e vacuo, che tende a presentare il benessere fisico come obiettivo fondamentale dell’esistenza, non è facile coltivare ideali più elevati, interessarsi dell’interiorità propria e altrui.
Alla classe politica va attribuito in larga parte un profondo mutamento “strutturale” dell’economia caprese, responsabile di un radicale sovvertimento della gerarchia dei valori sociali e della rimozione di una “memoria contadina”, perciò ad esempio, la terra “ha” un valore, ma non “è” più un valore. Alludo alla sostituzione dell’edilizia, quale attività più redditizia dell’isola, al turismo, tradizionalmente considerato il suo motore occupazionale: ciò che le ha fatto dimenticare i nessi con la sua storia e il patrimonio archeologico,