Anno IV
Gennaio-Marzo 2004 
n. 1- 3

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 S e x   a n d   C i t y
La storia di uno schiaffo                            di Gianfranco Oliviero

Ho conosciuto Francesca ad un corso d’informatica. Come tutti gli architetti laureati negli anni ottanta non avevo avuto la possibilità di laurearmi con il computer, anzi dalle mie parti, in quella data storica, i disegni li elaboravamo con il graphos imbevuto nella china. Il primo pc lo utilizzai nell’86, quando ero entrato a lavorare come urbanista nella CGIL. Così pubblicai i miei primi due libri. Poi il pc l’ho utilizzato dal ‘92 al ’97 quando ero al TDM. Insomma un corso completo di informatica non l’avevo mai fatto. Mi è capitato nel ’99; sono riuscito a farmi pagare per imparare il linguaggio del computer. Francesca era lì con me che studiava il pc. Inizialmente intimorito dalla sua presenza, la sentivo parlare e chiacchierare con le amiche prima che entrassimo in classe a studiare ed esercitarci sul pc. Francesca fumava delle sigarette, non so di quale marca, e parlava dei problemi di suo padre e della sua famiglia con le altre colleghe del corso. Talvolta faceva riferimento a quelle sue avventure in discoteca del litorale domizio, quando con i suoi amici trascorreva le notti tra spiaggia e locali notturni. Lasciata alle spalle la propria città, andavano a far mattina con potenti auto, in genere le Golf e le Mercedes, attraversando a tavoletta 

la Tangenziale. Oramai l’immagine si confondeva con la realtà nella mia testolina, e Francesca mi sembrava ogni giorno più bella e spigliata, ma soprattutto disponibile a nuove avventure. 
Si deve sapere che io sul sesso sono sempre stato un timidone, almeno quando la conobbi e non osavo pensare a lei come una cosa concreta, che potessi avere a portata di mano. Ma tant’è! Francesca mi piaceva ed io ero cotto di lei. L’immagine delle autostrade, di lei che al volante guidava a piacimento verso luoghi sconosciuti della periferia urbana, dove nessuno ti conosce, ed io accanto a lei che la guidava e le suggerivo quale strada prendere una volta arrivati a destinazione si rincorrevano nella mente, mentre superavo i tests attitudinali e, alla fine del corso gli esami per la patente del pc. Parlai con alcune amiche psicologhe di Francesca ed entrambe mi consigliarono d’invitarla per un giro nella mia auto dove poi avrei potuto fare delle avances, lontano dai luoghi accesi della sua città. Non ce la feci. Nel mentre una delle tante lezioni di computers, Francesca mi superstrade che oramai collegavano la sua città con la periferia domizia. Cosa c’era di più bello se non riuscire a divertirsi? Chiamò per farsi spiegare un passaggio d’informatica ed io


avvicinandomi a lei, le allungai una mano sul seno. La nostra amicizia e la nostra cautela nell’annusarci si fermò lì. Francesca finì per odiarmi tanto che davanti a tutti i colleghi del corso mi diede un ceffoneche non me lo scorderò più. Il corso d’informatica stava per concludersi e la rividi seduta di fronte a me a chiedere suggerimenti solo nella mattina dell’esame finale. 
L’amore svanì. Così non frequentai più la sua città, né le autostrade che mi portavano vicino a lei. Dimenticai la mia automobile, che prendevo per correre da lei e quella “alcova” che le mie amiche psicologhe avevano immaginato con lei non si realizzò.