Pag. 2 SPECIALE
VESUVIO
Le cronache dell’epoca, narrano anche di rassicurazioni che arrivavano
dall’Osservatorio Vesuviano. “Il vulcano è sotto controllo”
diceva la direttrice, che pare si chiamasse Civetta. Peccato che allora
non esisteva nella tradizione partenopea, il fatto che la civetta (il
volatile) porta un po’ male. Con ogni probabilità, questa usanza
sarà nata dopo quei tragici giorni. “Ugo - ripiombo nella realtà con
la voce del direttore - cerca di realizzare un bel servizio, ti giochi
la promozione”. Il tempo di rifocillarmi, di clonare per la dodicesima
volta mia moglie, di fare gli auguri al mio bisnonno che proprio oggi
compie 230 anni, ed eccomi proiettato nel teletrasporto che mi porterà
sul pianeta Terra.
Il viaggio è tormentato, è in atto una tempesta di asteroidi: arrivo
dopo 32 secondi, con ben 17 secondi di ritardo. Cerchiamo di recuperare
il tempo perduto, partiamo dalla zona degli Scavi chiamata “Torre alta”.
Sempre le notizie dell’epoca, ci dicono che qui abitava la parte-bene
della cittadina corallina. Perché la chiamassero parte bene, dopo che
avevano costruito abusivamente a due passi dalla bocca del Vesuvio, e
non parte-scema non l’ho mai capito. Fatto sta che un corpo è stato
ritrovato da queste parti: Giovanni Esposito, gli hanno scritto nell’unico
spazio non occupato dagli sponsor che già si sono divisi la
scoperta.
Pensare che per un momento mi era venuta la tentazione di segnalare in
redazione che era stato ritrovato Coca Cola. Peccati derivanti anche
dalla stanchezza. Dicono che fosse stato sorpreso dalla lava mentre
aspettava una partner per “imboscarsi” dove vi erano all’epoca
tanti ristoranti. Gli andò male due volte: la ragazza, mia parente,
lasciò la città poche ore prima. E alla beffa della mancata notte
infuocata, si aggiunse anche il danno della lava, pronto invece a fargli
vivere la notte caliente sfuggitagli pochi istanti prima. E il terzo
corpo? Mi dicono che è stato trovato nella parte opposta, “Scavi giù
a mare”.
Rispetto alla parte prima visitata, in questa zona vivevano le famiglie
meno fortunate, che avevano come unica grande soddisfazione quella
relativa ad una struttura che veniva costruita una volta all’anno e
per pochi giorni. Pare venisse chiamata l’altare ‘e fraveca.
Ho letto il Piano di Evacuazione nel lungo viaggio sostenuto per
arrivare a Torre del Greco, è questo faceva capire che la gente da
queste parti era tra le più sicure, vista la vicinanza col porto. “Fuga
via mare, dove la lava non può arrivare”. Peccato che nemmeno le navi
potessero attraccare, e i due capitani dei traghetti per albanesi che
dovevano salvare le migliaia di abitanti della zona-mare, altro non
fecero che assistere impotenti allo “spettacolo pirotecnico”.
A questo corpo è stato dato il nome di Antonio Borriello. La mia visita
è finita, il tempo per comprare la cartolina ricordo degli scavi e
faccio ritorno a casa. Prima però vado a trovare un amico: lo chiamano
lo “speculatore”, avendo costruito tre villaggi-vacanza a duecento
metri dal cratere del Vesuvio che è sempre attivo.
Ma lui non ha paura: il direttore dell’Osservatorio Vesuviano, Gennaro
Gatto Nero, ha detto che la situazione è sotto controllo. Ottimisti.
Lucia Civetta appare tranquilla circa l’attuale stato del Vesuvio,
anche se tende a sottolineare: “È pur sempre attivo” “Situazione
sotto controllo, ma…” È passato un anno dall’inizio di quello che
anche Lucia Civetta, direttore dell’Osservatorio Vesuviano, chiama “autunno
caldo”. Un anno da quella scossa del 9 ottobre 1999, di magnitudo pari
al 3.6 della scala Richter, che sconvolse - forse solo psicologicamente
- la routine delle popolazioni che vivono all’ombra del Vesuvio.
Bastò che la terra tremasse per pochi secondi, per ricordare alla gente
che conviviamo con un vulcano attivo. Se qualcuno se lo fosse
dimenticato, mercoledì 27 settembre il Vesuvio ha dato un altro “segnale
di vita”.
Una scossa, che i sismografi dell’Osservatorio hanno valutato pari al
2.8 della scala Richter. Da Ercolano però non arrivano allarmi.
Professoressa Civetta, possiamo definirla una scossa normale? “ Sotto
tanti aspetti, direi di sì. Prima di questo evento, ne avevamo
registrati altri, di magnitudo anche leggermente superiore. Solo che, a
dispetto di queste scosse, quella di mercoledì è stata avvertita da
una parte della popolazione.
Essenzialmente su questo fattore ha giocato l’orario: erano le 9.01,
le città erano in movimento ma non ancora immersi nella vita caotica.
Se fosse accaduta di notte, quasi nessuno l’avrebbe sentita.
La scossa del 27 settembre, rientra nella normale sismicità vesuviana.
Attorno al cratere di registrano centinaia di questi eventi all’anno.
Per il momento la situazione è sotto controllo”. Siamo distanti,
quindi, dalla sismicità dell’ottobre scorso? “Non vi sono dubbi.
Rispetto all’autunno caldo vissuto lo scorso anno, questi eventi
rientrano in una normalissima attività sismica.
Non siamo ancora entrati in
un’alta sismicità.
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Con questo non voglio
allarmare nessuno circa gli eventi di dodici mesi fa, ne però mi sento
di affermare che non si ripeteranno.
È impossibile prevedere se ciò accadrà tra mesi o anni, ma accadrà.
Il Vesuvio è pur sempre un vulcano attivo, questo non va dimenticato.
Per fortuna, gli eventi dello scorso anno, hanno creato nelle
popolazioni coscienza circa questo problema.
Prima si pensava al Vesuvio come ad una bella montagna innocua. Anche
miei colleghi non conoscevano la reale pericolosità del nostro vulcano.
Ora, grazie al nostro lavoro, a quello delle amministrazioni, dei
volontari e dei mass media, la gente sa di convivere con un pericolo”.
Ma pare che i cittadini che vivono nell’area vesuviana, si ricordino
del “problema” solo quando la terra trema… “Sono all’Osservatorio
Vesuviano da sette anni, e questo capita sempre. La gente tende a
rimuovere dalla propria mente l’eventualità di un’eruzione. In
parte è anche giusto, altrimenti sarebbe impossibile vivere. Ma gran
parte degli abitanti in queste zone, sa che il Vesuvio prima o poi
erutterà, e quasi sicuramente questa eruzione sarà esplosiva.
La gente vuole informarsi, conoscere, sapere. Anche se alla fine prevale
un atteggiamento fatalista: quando accadrà, accadrà”. Una cosa è
certa però, quando accadrà sarà drammatico prevedere la realizzazione
del Piano di Evacuazione… “Purtroppo il nostro territorio è stato
deturpato. Si è costruito con una facilità sconcertante. Dire che
siamo in una situazione ottimale, sarebbe da incoscienti. Diciamo però
che le amministrazioni adesso sono più sensibili all’intera
questione. Si cerca di evitare altri scempi, in attesa di adottare piani
di recupero. Ecco, in questo le amministrazioni devono predisporre piani
di recupero territoriale decennali”. Decennali? Non Le pare un tempo
troppo lungo? “È impensabile prevedere piani con scadenza più
ridotta. I guai perpetrati in trent’anni di malgoverno, non possono
essere cancellati con un semplice colpo di spugna. A dire il vero, già
qualcosa è stata fatta. Ma tanto, davvero tanto resta ancora da fare”.
Ma abbiamo il tempo per aspettare che questi lavori vengano ultimati?
“Non è possibile lavorare su lassi di tempo tanto lunghi. Il Vesuvio
è pericoloso, come è pericolosa l’area dei Campi Flegrei. Ho però
la ferma convinzione che in tempi brevi non c’è alcun rischio”.
Cosa significa “in tempi brevi”? “Questione di settimane, qualche
mese”. Torniamo al Piano di Evacuazione. Come lo giudica? “Si tratta
di uno strumento fornito alle amministrazioni locali, che prevede per
grandi linee la mobilità della popolazione in caso di ripresa delle
attività eruttive. Non posso entrare nel merito, anche perché non mi
compete, ma credo che siano state valutate tutte le situazioni affinché
venga applicato con la viabilità esistente in queste zone.
Perché abbia successo serve però la piena collaborazione delle
popolazioni”. Che forse non lo conoscono appieno? “Qualche
amministrazione (Somma Vesuviana) ha predisposto un’esercitazione. In
altri comuni, come a Trecase, nei prossimi mesi sarà fatto un
esperimento simile. Sono esercitazioni che servono, occorrono per
testare la risposta del territorio ad un’eventuale emergenza. È
assolutamente indispensabile che lo si faccia in tutti gli altri comuni”.
Quale ritiene possa essere il ruolo della Protezione Civile in caso di
un allarme? “Un ruolo fondamentale.
La Protezione Civile, di concerto con la Prefettura, ha realizzato il
Piano. Non si può pensare però che a questa sia affidato il compito di
gestire in toto un’eventuale evacuazione. Serve un’organizzazione
più ampia”. Pessimisti. Giuseppe Luongo lancia pesanti accuse al modo
di gestire i dati da parte dell’Osservatorio “Non ci dicono tutta la
verità” Nemico giurato numero uno dell’Osservatorio Vesuviano,
Giuseppe Luongo, ex direttore dell’Osservatorio stesso e docente di
vulcanologia, non si lascia sfuggire occasione per puntare l’indice
contro quella che lui definisce “la cattiva gestione” dei dati
relativi all’attività del vulcano. E dalle sue parole emerge chiara
la preoccupazione relativa alla possibile ripresa delle eruzioni del
Vesuvio. Mercoledì 27 settembre, la terra è tornata a tremare. Cosa ne
pensa? “Bisogna fare una doverosa premessa. Rispetto alla scossa del 9
ottobre del 1999, quella registrata la settimana scorsa è stata
nettamente inferiore. Solo per fare una proporzione per profani, posso
dire che l’ultima era dieci volte inferiore come energia sprigionata.
Insomma, al momento siamo lontani dalla fase critica. Ma se questo deve
tranquillizzare la popolazione, deve invece allertare gli addetti ai
lavori. Chi controlla il Vesuvio non può sottovalutare questi segnali”.
Si può spiegare meglio? “In generale, osservo questo: le crisi del
Vesuvio non hanno più periodi definiti, segnale classico che si rischia
di andare fuori dall’equilibrio. Non è nulla di certo, ben inteso. Ma
non si può comunque sottovalutare questo aspetto che ritengo
fondamentale. Senza dimenticare che rispetto alle tesi portate avanti
dall’Osservatorio Vesuviano, io parto da uno scenario previsionale.
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