ERUZIONE
DEL GIUGNO 1794
Pietro Colletta, napoletano, testimone oculare, avendo in tale
anno l'età di 19 anni, nella "Storia del
Reame di Napoli" dal 1734 al 1825", capitolo III,
14. (1834) scrisse:
"...Alle male venture, guerra, fame, povertà, discordie... si
aggiunse nel 1794 l'altra più fiera perché inevitabile. Nella notte
del 12 giugno forte tremuoto scosse la Città e rombo cupo e grave
pareva indizio di imminente eruzione di fuoco del Vesuvio.
Gli abitanti della città e terre sottoposte al monte fuggirono dalle
case, aspettando allo scoperto il nuovo giorno, il quale spuntò sereno;
ma in cima al Vulcano nugolo denso e scuro copriva l'azzurro e lo
splendore del cielo: e come il giorno avanzava, così crescevano il
rumore, l'oscurità e la paura.
Passarono 2 dì, la notte del quarto, quindici a sedici giugno scoppio
che diresti di cento artiglierie chiamò a guardare il Vesuvio, e fu
vista nella costa del monte colonna di foco alzarsi in alto, aprirsi e
per proprio peso cadere e rotolate sulla pendice: saette lucentissime e
lunghe uscenti dal Vulcano si perdevano in cielo, globi ardenti andavano
balestrati a gran distanza; il rombo sprigionato in tuono.
Foco a foco sovrapposto, perciocché lo sbocco era perenne, formò due
lave, le quali, con moto prima rapido poi lento si incamminarono verso
le città di Resina e Torre del Greco. Stavano gli abitanti in tutti
32.000 uomini, mesti e attiniti a riguardare. La città di Resina cuopre
l'antica Ercolano; la Torre del Greco fu in origine fondata al piede del
monte, dove le ultime pendici si confondono con la marina. Eruzione
antica ne coprì metà e tanta materia vi trasportò che fece
promontorio sulla città rimasta. In quell'altura fabbricarono nuove
case, e però le due città, l'alta e la bassa, comunicavano per erte
strade e scaglioni, essendo di ottanta braccia almeno l'una sull'altra.
L'eruzione del '94 le adeguò, lasciando dell'altra segnali della
sventura, le punte di pochi edefizi e coprendo della bassa e
soperchiando le umili casa, le sublimi, le stesse torri delle Chiese.
In Resina bruciarono molti campi e pochi edifizi più vicini al monte,
fermandosi l'esterminio quasi al limitare della città. La prima lava,
quella che sotterrò Torre del Greco, entrò nel mare, spinse indietro
le acque e vi lasciò masso di basalto sì grande che fece un molo e una
cala dove le piccole navi riparano dalle tempeste.
Spesso le due lave, docili alle pendenze o curvità del terreno, si
univano; e spesso si spartivano in rivoli ne' quali rigiri fu circondato
un convento dove tre persone, impedite dal fuggire, soffocate dal grande
ardore perirono. Il cammino della maggior lava quattro, fu corso in tre
ore; le materie vomitate erano tante che parevano maggior volume del
monte intero
Ciò nella notte. Batteva l'ora, ma non spuntava la luce del giorno
trattenuta dalla cenere che, densa e bruna, dirottamente pioveva molte
miglio in giro della città...
Al dì vegnente che fa il terzo scemò l'oscurità, ma per luce sì
scarsa che il sole appariva, come al tramonto, pallido e fosco.
Diradarono le piove delle ceneri, cessò il fuoco ed il tuono del
volcano. Quello aspetto di sicurtà per le patite fatiche, la stanchezza
invitarono gli abitanti a tornare a casa; ma nella notte nuovo tremuoto
li destò ed impaurì. Mentre la terra tremava, udito uno scroscio come
di mille rovine, temeva ogni città che la città vicina fosse caduta.
Il nuovo giorno palesò il vero, perché fu visto il monte troncato
dalla cime, e quella inghiottita nelle voragini volcno. Ese prima il
monte Vesuvio torreggiava su la montagna di Somma che gli siede
appresso, oggi, mutate le veci, questa si estolle...
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La parte troncata del monte era di figura conica;
l'asse tremila metri (circa palmi napoletani 9.200); la base, ellittica,
cinque miglia in giro, la grossezza maggiore della lava undici metri
(quaranta palmi); la terra coperta di fuoco 5.000 moggia; il molo, largo
la quarta parte di un miglio, sporgente in mare 24 metri, elevato
sull'acqua 6 metri; gli uomini morti 33, gli animali 4.200.
Furono le cure del governo solamente pietose, impedita la liberalità
delle strettezze dell'erario. In breve tempo, sopra il suolo caldo ,
videsi alzar nuova città sopraponendo le case alle distrutte e le
strade alle strade, i templi ai templi. Possente amor di patria che dopo
tanti casi di sterminio si direbbe cieco e ostinato, se in lui potesse
capir difetto!".
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La stessa eruzione nel racconto del sacerdote torrese Antonio Guida,
rettore della Chiesa di S. Maria del Principio, segretario del clero,
testimone oculare degli avvenimenti, che scrisse a proposito una
monografia dal titolo "Ricordo ai posteri".
"Ai 15 giugno, giorno in cui ricorreva la Festa della SS. Trinità,
s'intese all'1 e un quarto della notte seguente una scossa di tremuoto;
ma alle ore due e un quarto replicò con maggiore vigore, ed
incontamente si vide il Vesuvio crepato in un punto da levante e da
ponente, con un sol divario che l'apertura a levante era unica e mandava
fuori una lava bituminosa la quale in poche ore fece un lungo cammino;
l'apertura poi verso ponente, che dalla metà del monte sin nella
prossima vigna formata era e consisteva in tredici bocche di fuoco, l’una
sotto l’altra, buttava in aria fiamme, cenere e lapilli infocati che
devastarono tutti i frutti pendenti, anche delle terre distanti, e
formava nella pianura un torrente di fuoco il quale da prima si diresse
verso Resina, ma circa le sei e mezza (2,30) della stessa notte girò il
suo corso verso la nostra sventurata patria con velocità, tale che alle
ore sette era prossima ad atterrare le prime abitazioni.
Gli abitanti sin dal principio della. crepatura, sbigottiti dal tremuoto,
coi loro fardelli in testa e i bambini. in braccio cominciarono a
sfilare chi verso Napoli e chi verso Castellammare, Molti pezo, più
intrepidi stettero ad attendere l’esito o felice o infelice della
cosa. Vedendo finalment:e che in diverse parti del paese il fuoco,
cominciato avea sbruciare e diroccare le case, pensarono sottrarsi all’imminente
pericolo... In questo mentre, nel luogo detto ”La lava” il ’fuoco
principiato aveva ad atterrare le case e, avanzandosi rapidamente, alle
sette e un terzo (3’,26) diroccò la tanto rinomata regia estaurita
parrocchiale di S. Croce di modo che l’orologio che stava apposto al
campanile avendo battuto le ore sette e un quarto (3,15) non arrivò a
suonare le sette e mezza (3,30) essendo oramai preda del fuoco e così
d'un edificio sì magnifico non rimase altro che la metà del campanile
che sporge fuori la lava betuminosa essendo essendo l'altra metà
restata circondata e sotterrata dal bitume....
Restò inoltre totalmente preda del fuoco una cappelletta intitolata la
Madonna. del Principio di sopra eretta fuori la Porta della Torre, sulla
strada consolare propriamente dirimpetto al convento della Madonna delle
Grazie dei Padri Minori la chiesa dei quali fu per metà, piena di. lava
bituminosa sin dietro al coro. Di detta chiesa restarono occupati
quattro altari laterali, ed, essendo rimasti in piedi, un anno dopo dai
religiosi fu riattata, più bassa, però, di prima.
Avanti a questa chiesa e convento eravi una strada la quale, in pendio
calando, concluceva ad un'alltra cappella intitolata alla Madonna del
Principio di sotto la quale era più grande.
Di questa, non essendo rimasto vestigio alcuno, eccetto un pezzo di muro
che sporgeva fuori li lava bituminosa, da questo cominciò a scavarsi e,
dopo tre mesi di continua fatica sotto il gravissimo peso della
distruggitirice lava, prodigiosamente se ne trovò intatta la nicchia
nella quale a fresco era dipinta 1’effigie della Madre di Dio, come
ora si vede”...
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