"Steminator vesevo"

6 pagine di testo e 15 immagini
 Pag. 3 di 6 

          Tavola di Guglielmo Morghen - Veduta scenografica della Città di Torre del Greco che contava
   diciottomila abitanti prima di essere  in gran parte distrutta dal corso della lava dell'eruzione del 1794
 
           (Stampa da "Quaderni de la città" S. Polese e G. Sbarra - Cons. Com. Torre del Greco - 1987).

ERUZIONE
DEL GIUGNO 1794

Pietro Colletta, napoletano, testimone oculare, avendo in tale anno l'età di 19 anni, nella "Storia del Reame di Napoli" dal 1734 al 1825", capitolo III, 14. (1834) scrisse:

"...Alle male venture, guerra, fame, povertà, discordie... si aggiunse nel 1794 l'altra più fiera perché inevitabile. Nella notte del 12 giugno forte tremuoto scosse la Città e rombo cupo e grave pareva indizio di imminente eruzione di fuoco del Vesuvio.
Gli abitanti della città e terre sottoposte al monte fuggirono dalle case, aspettando allo scoperto il nuovo giorno, il quale spuntò sereno; ma in cima al Vulcano nugolo denso e scuro copriva l'azzurro e lo splendore del cielo: e come il giorno avanzava, così crescevano il rumore, l'oscurità e la paura.
Passarono 2 dì, la notte del quarto, quindici a sedici giugno scoppio che diresti di cento artiglierie chiamò a guardare il Vesuvio, e fu vista nella costa del monte colonna di foco alzarsi in alto, aprirsi e per proprio peso cadere e rotolate sulla pendice: saette lucentissime e lunghe uscenti dal Vulcano si perdevano in cielo, globi ardenti andavano balestrati a gran distanza; il rombo sprigionato in tuono.
Foco a foco sovrapposto, perciocché lo sbocco era perenne, formò due lave, le quali, con moto prima rapido poi lento si incamminarono verso le città di Resina e Torre del Greco. Stavano gli abitanti in tutti 32.000 uomini, mesti e attiniti a riguardare. La città di Resina cuopre l'antica Ercolano; la Torre del Greco fu in origine fondata al piede del monte, dove le ultime pendici si confondono con la marina. Eruzione antica ne coprì metà e tanta materia vi trasportò che fece promontorio sulla città rimasta. In quell'altura fabbricarono nuove case, e però le due città, l'alta e la bassa, comunicavano per erte strade e scaglioni, essendo di ottanta braccia almeno l'una sull'altra.
L'eruzione del '94 le adeguò, lasciando dell'altra segnali della sventura, le punte di pochi edefizi e coprendo della bassa e soperchiando le umili casa, le sublimi, le stesse torri delle Chiese.

In Resina bruciarono molti campi e pochi edifizi più vicini al monte, fermandosi l'esterminio quasi al limitare della città. La prima lava, quella che sotterrò Torre del Greco, entrò nel mare, spinse indietro le acque e vi lasciò masso di basalto sì grande che fece un molo e una cala dove le piccole navi riparano dalle tempeste.
Spesso le due lave, docili alle pendenze o curvità del terreno, si univano; e spesso si spartivano in rivoli ne' quali rigiri fu circondato un convento dove tre persone, impedite dal fuggire, soffocate dal grande ardore perirono. Il cammino della maggior lava quattro, fu corso in tre ore; le materie vomitate erano tante che parevano maggior volume del monte intero
Ciò nella notte. Batteva l'ora, ma non spuntava la luce del giorno trattenuta dalla cenere che, densa e bruna, dirottamente pioveva molte miglio in giro della città...
Al dì vegnente che fa il terzo scemò l'oscurità, ma per luce sì scarsa che il sole appariva, come al tramonto, pallido e fosco. Diradarono le piove delle ceneri, cessò il fuoco ed il tuono del volcano. Quello aspetto di sicurtà per le patite fatiche, la stanchezza invitarono gli abitanti a tornare a casa; ma nella notte nuovo tremuoto li destò ed impaurì. Mentre la terra tremava, udito uno scroscio come di mille rovine, temeva ogni città che la città vicina fosse caduta.
Il nuovo giorno palesò il vero, perché fu visto il monte troncato dalla cime, e quella inghiottita nelle voragini volcno. Ese prima il monte Vesuvio torreggiava su la montagna di Somma che gli siede appresso, oggi, mutate le veci, questa si estolle...

La parte troncata del monte era di figura conica; l'asse tremila metri (circa palmi napoletani 9.200); la base, ellittica, cinque miglia in giro, la grossezza maggiore della lava undici metri (quaranta palmi); la terra coperta di fuoco 5.000 moggia; il molo, largo la quarta parte di un miglio, sporgente in mare 24 metri, elevato sull'acqua 6 metri; gli uomini morti 33, gli animali 4.200.
Furono le cure del governo solamente pietose, impedita la liberalità delle strettezze dell'erario. In breve tempo, sopra il suolo caldo , videsi alzar nuova città sopraponendo le case alle distrutte e le strade alle strade, i templi ai templi. Possente amor di patria che dopo tanti casi di sterminio si direbbe cieco e ostinato, se in lui potesse capir difetto!".
                                  * * *
La stessa eruzione nel racconto del sacerdote torrese Antonio Guida, rettore della Chiesa di S. Maria del Principio, segretario del clero, testimone oculare degli avvenimenti, che scrisse a proposito una monografia dal titolo "Ricordo ai posteri".
"Ai 15 giugno, giorno in cui ricorreva la Festa della SS. Trinità, s'intese all'1 e un quarto della notte seguente una scossa di tremuoto; ma alle ore due e un quarto replicò con maggiore vigore, ed incontamente si vide il Vesuvio crepato in un punto da levante e da ponente, con un sol divario che l'apertura a levante era unica e mandava fuori una lava bituminosa la quale in poche ore fece un lungo cammino; l'apertura poi verso ponente, che dalla metà del monte sin nella prossima vigna formata era e consisteva in tredici bocche di fuoco, l’una sotto l’altra, buttava in aria fiamme, cenere e lapilli infocati che devastarono tutti i frutti pendenti, anche delle terre distanti, e formava nella pianura un torrente di fuoco il quale da prima si diresse verso Resina, ma circa le sei e mezza (2,30) della stessa notte girò il suo corso verso la nostra sventurata patria con velocità, tale che alle ore sette era prossima ad atterrare le prime abitazioni.
Gli abitanti sin dal principio della. crepatura, sbigottiti dal tremuoto, coi loro fardelli in testa e i bambini. in braccio cominciarono a sfilare chi verso Napoli e chi verso Castellammare, Molti pezo, più intrepidi stettero ad attendere l’esito o felice o infelice della cosa. Vedendo finalment:e che in diverse parti del paese il fuoco, cominciato avea sbruciare e diroccare le case, pensarono sottrarsi all’imminente pericolo... In questo mentre, nel luogo detto ”La lava” il ’fuoco principiato aveva ad atterrare le case e, avanzandosi rapidamente, alle sette e un terzo (3’,26) diroccò la tanto rinomata regia estaurita parrocchiale di S. Croce di modo che l’orologio che stava apposto al campanile avendo battuto le ore sette e un quarto (3,15) non arrivò a suonare le sette e mezza (3,30) essendo oramai preda del fuoco e così d'un edificio sì magnifico non rimase altro che la metà del campanile che sporge fuori la lava betuminosa essendo essendo l'altra metà restata circondata e sotterrata dal bitume....
Restò inoltre totalmente preda del fuoco una cappelletta intitolata la Madonna. del Principio di sopra eretta fuori la Porta della Torre, sulla strada consolare propriamente dirimpetto al convento della Madonna delle Grazie dei Padri Minori la chiesa dei quali fu per metà, piena di. lava bituminosa sin dietro al coro. Di detta chiesa restarono occupati quattro altari laterali, ed, essendo rimasti in piedi, un anno dopo dai religiosi fu riattata, più bassa, però, di prima.
Avanti a questa chiesa e convento eravi una strada la quale, in pendio calando, concluceva ad un'alltra cappella intitolata alla Madonna del Principio di sotto la quale era più grande.
Di questa, non essendo rimasto vestigio alcuno, eccetto un pezzo di muro che sporgeva fuori li lava bituminosa, da questo cominciò a scavarsi e, dopo tre mesi di continua fatica sotto il gravissimo peso della distruggitirice lava, prodigiosamente se ne trovò intatta la nicchia nella quale a fresco era dipinta 1’effigie della Madre di Dio, come ora si vede”...