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Argomento presente: « Via Vittorio Veneto »
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ID: 789  Discussione: Via Vittorio Veneto

Autore: Antonio Abbagnano  - Email: usn123@fastwebnet.it  - Scritto o aggiornato: venerdì 28 gennaio 2005 Ore: 20:07

Dopo quasi cent'anni !
I palazzi di via Vittorio Veneto e di via Cesare Battisti hanno mantenuto quanto fu stabilito dalla giunta del Sindaco Palomba, 1920-1926, che prevedeva palazzi di altezza massima di 10-15 m e che dovevano avere un giardinetto "sempre ben curato" sul lato marciapiede. Così è ancora oggi (sia lode ai proprietari e amministratori) e capisco ancora di più l'importanza di una buona amministrazione comunale.
 
 
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ID: 808  Intervento da: Antonio Abbagnano  - Email: usn123@fastwebnet.it  - Data: venerdì 28 gennaio 2005 Ore: 00:33

Buona notte a tutti, a domani..Antonio

ID: 807  Intervento da: luigi mari  - Email: gigiomari@libero.it  - Data: venerdì 28 gennaio 2005 Ore: 00:23

Benvenuti a tutti.

QUESTA RISPOSTA E' RIVOLTA A CIRO ADRIAN CIAVOLINO.
Primo identificativo della discussione: 790

(...) Qui ci vorrebbe la sapienza di qualcuno che ci spiegasse (...)

La leggenda dei tre giorni della merla si perde nell’onda del tempo. Sappiamo solo che erano gli ultimi tre giorni di gennaio, il 29, 30 e 31, e in quei dì capitò a Milano un inverno molto rigido. La neve aveva steso un candido tappeto su tutte le strade e i tetti della città. I protagonisti di questa storia sono un merlo, una merla e i loro tre figlioletti. Erano venuti in città sul finire dell’estate e avevano sistemato il loro rifugio su un alto albero nel cortile di un palazzo situato in Porta Nuova. Poi, per l’inverno, avevano trovato casa sotto una gronda al riparo dalla neve che in quell’anno era particolarmente abbondante. Il gelo rendeva difficile trovare le provvigioni per sfamarsi; il merlo volava da mattina a sera in cerca di becchime per la sua famiglia e perlustrava invano tutti i giardini, i cortili e i balconi dei dintorni. La neve copriva ogni briciola. Un giorno il merlo decise di volare ai confini di quella nevicata, per trovare un rifugio più mite per la sua famiglia. Intanto continuava a nevicare. La merla, per proteggere i merlottini intirizziti dal freddo, spostò il nido su un tetto vicino, dove fumava un comignolo da cui proveniva un po’ di tepore. Tre giorni durò il freddo. E tre giorni stette via il merlo. Quando tornò indietro, quasi non riconosceva più la consorte e i figlioletti: erano diventati tutti neri per il fumo che emanava il camino. Nel primo dì di febbraio comparve finalmente un pallido sole e uscirono tutti dal nido invernale; anche il capofamiglia si era scurito a contatto con la fuliggine. Da allora i merli nacquero tutti neri; i merli bianchi diventarono un’eccezione di favola. Gli ultimi tre giorni di gennaio, di solito i più freddi, furono detti i "trii dì de la merla" per ricordare l’avventura di questa famigliola di merli.

Luigi Mari


ID: 806  Intervento da: Antonio Abbagnano  - Email: usn123@fastwebnet.it  - Data: venerdì 28 gennaio 2005 Ore: 00:19

I pini dei viali sono gli stessi perchè sono vecchi e hanno scassato tutto il manto stradale

ID: 805  Intervento da: Antonio Abbagnano  - Email: usn123@fastwebnet.it  - Data: venerdì 28 gennaio 2005 Ore: 00:17

Nello, non c'hai detto se hai fatto mai scarpetta-faro. Ribadisco "futtetenne".
Salvatore, ho dormito sul finiello ma non sapevo che era fieno, anche perchè da uomo di città di mare non conosco tanto bene manco il fieno, grazie


ID: 804  Intervento da: Salvatore Argenziano  - Email: salvatore.argenziano@fastwebnet.it  - Data: venerdì 28 gennaio 2005 Ore: 00:12

Caro Antonio
ecquecquà chello ca vulive sapé. Ma non ci credo che tu non abbia conosciuto feniello e sbreglie. Io ci ho dormito sopra, prima della gommapiuma milanese.
f(e)niéll(o): s. m.
Crine vegetale, materiale fibroso per imbottiture, per lo più ricavato da alcune specie di palma. etim. Latino tardo “fenucülum”, variante di “foenicülum”, dim. di “foenum”, fieno
sbréglia: s. f.
Foglia della pannocchia utilizzata per riempire il saccone. etim. Dal longobardo “brekhan”, rompere, fare a pezzi, . Confronta l’italiano “sbrego”, il francese “broyer”, e l’italiano “brillare” nel senso di sgusciare.
Oggi sul settimanale torrese TuttoÈ ho visto la mia scuola media di via Cristoforo Colombo. Ci sono ancora i pini che erano nani negli anni quaranta. Ma sono gli stessi?
Salvatore


ID: 803  Intervento da: Salvatore Argenziano  - Email: salvatore.argenziano@fastwebnet.it  - Data: venerdì 28 gennaio 2005 Ore: 00:12

Caro Antonio
ecquecquà chello ca vulive sapé. Ma non ci credo che tu non abbia conosciuto feniello e sbreglie. Io ci ho dormito sopra, prima della gommapiuma milanese.
f(e)niéll(o): s. m.
Crine vegetale, materiale fibroso per imbottiture, per lo più ricavato da alcune specie di palma. etim. Latino tardo “fenucülum”, variante di “foenicülum”, dim. di “foenum”, fieno
sbréglia: s. f.
Foglia della pannocchia utilizzata per riempire il saccone. etim. Dal longobardo “brekhan”, rompere, fare a pezzi, . Confronta l’italiano “sbrego”, il francese “broyer”, e l’italiano “brillare” nel senso di sgusciare.
Oggi sul settimanale torrese TuttoÈ ho visto la mia scuola media di via Cristoforo Colombo. Ci sono ancora i pini che erano nani negli anni quaranta. Ma sono gli stessi?
Salvatore


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