Scendendo per Via A. De Gasperi, su un roccione,
affacciata sul mare, si erge la
TORRE DI BASSANO
Cento e cento torri cilindriche e quadrangolari roccate, isolate o
circondate da altre costruzioni, sorgono ancora oggi qua e la lungo le
coste della Sicilia, rimaste a narrare i secoli delle lotte sostenute dai
paesi rivieraschi, contro i pirati e i corsari nordafricani e turchi.
Nel territorio di Torre del Greco esiste ancora, in contrada Sora, in
buono stato di conservazione, la Torre di Bassano; vi è inoltre, più a
sud-est la Torre delle Mortelle detta poi "Scassata" perché in
parte diruta; esisteva anche, agli inizi del nostro secolo, il fortino di
Calastro che fu demolito quando sulla sua area si costruì il Molino ”Feola”
poi ”Marzoli”.
La Torre di Bassano, così. chiamata dalla località in cui si trova, fu
fatta costruire dall’Universita torrese, nel quadro generale di difesa
disposto dal viceré de Ribera (1559-1571. Fu imposto un contributo
straordinario secondo il numero dei ”fuochi”, cioè delle famiglie
esistenti nel territorio.
I lavori di costruzione furono diretti dall’ingegnere regio Marco
Altobello. P Posta in posizione dominante su uno sperone roccioso
affacciantesi sul mare, essa ha forma quadrangolare, muraglie spesse e
scarpate all’esterno; all’interno il piano terreno con i magazzini,
il, secondo con gli alloggi delle guardie, il terzo, che e una terrazza
scoperta, con le postazioni per artiglierie consistenti, in colubrine e
petriere e con una fornacella per le segnalazioni con fumate di giorno e
fuochi di notte.
Le vedette erano in guardia costantemente o almeno nei periodi di maggior
pericolo e segnalavano l’arrivo all’orizzonte di navi corsare; uomini
a cavallo, detti ”cavallari” accorrevano poi a spron battuto nell’abitato
e, al suono di trombe o di corni, esortavano tutti ad abbandonare le case
e fuggire fra le campagne. LE
VILLE
Buona parte della zona costiera vesuviana fino al secolo XV rimase una
landa con rari abituri inframmezzata da alberi annosi.
Fu dall’epoca del viceregno spagnolo che questa cominciò ad accogliere
ville. La politica accentratrice del viceré don Pedro De Toledo fra il
1532-53 costrinse i feudatari di Puglia, Calabria e Basilicata a prendere
casa nella capitale Napoli che si popolò di nuovi grandi palazzi. I
nobili volsero l’attenzione alla zona vesuviana perché prossima alla
Città e agevolmente raggiungibile e perché prodiga di frutti e
favorevole agli investimenti di natura agricola.
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Agli inizi sorsero ville di tipo rustico destinate alla
gestione dei poderi, poi man mano più signorili per una vera
villeggiatura piacevole fuori città. Intorno al I530 sorse a Portici, su
un lato della Strada Regia, la rinascimentale Villa Leucòpetra
appartenente a Bernardino Martirano, segretario del viceregno, la quale fu
celebre, oltre che per i suoi pregi d’arte, anche come cenacolo dei
maggiori letterati e artisti presenti in quel tempo a Napoli; ospitò l’Imperatore
Carlo V d’Asburgo reduce dall’impresa antibarbaresca di Tunisi nel
1535.
Nel seicento, prima e dopo l’eruzione del 1631 e nella prima metà del
Settecento numerose furono le ville fino a quando nel 1740 il re Carlo di
Borbone volle per se la Reggia di Portici, un po' per raccogliere le opere
d’arte che venivano alla luce dagli Scavi di Ercolano e un po' per
soddisfare la sua passione per la caccia e la pesca. Nobili e cortigiani
presero ad imitarlo e in pochi decenni tutta la zona vesuviana, fra Barra,
S. Giorgio a Cremano, Portici, Resina, Torre del Greco, si arricchì
ancora di ville allineate lungo la Strada Regia o nelle sue immediate
vicinanze in modo da consentire il contatto diretto con la vita locale,
queste erano concepite soprattutto come luoghi di delizie e perciò in
stile fastosamente barocco o rococò, con un moltilicarsi di portali,
cortili, scale dalle rampe complesse, balconi e terrazze, di sale e saloni
affrescati scenograficamente, di parchi e giardini con belvederi ed
esedre, ove operarono celebri architetti quali il Vanvitelli, il Sanfelice,
il Vaccaro, il Fuga, il Nauclerio, lo Schiantarelli, il Gioffredo. Caduta
la dinastia dei Borboni nel 1860 e mancando perciò la corte e i nobili,
le ville cominciarono ad essere trascurate o furono vendute a privati poco
riopettosi che le danneggiarono.
Sulla Via Nazionale al N.279 e la
VILLA MENNELLA
La facciata ottocentesca (che ingloba il gia citato Eyitaffio
seicentesco) presenta una finestra centrale incorniciata da una nicchia e
quattro paraste ioniche inquad.ranti tre finestre timpanate e due
terrazzini laterali. Il piccolo androne, sul sui lato destro si apre la
scala; dà accesso ad un cortile ad esedra sormontato da terrazza che,
aprendosi verso il giardino, inquadra una veduta di Capri.
Scendendo a destra in Via Lava Troia:
VILLA VACCARO,
ORA MENNELLA
Lorenzo Vaccaro, ben noto scultore, architetto e pittore napoletano del
Seicento (l655-1706), padre dell’altrettanto noto Domenieo Antonio,
possedette questa villetta posta a valle della Strada Regia, in campagna.
A Torre eresse nella parrocchiale di S.Croce il gran cappellone di S.
Gennaro, ornandolo ai bellissimi stucchi. Uomo piissimo egli nella sua
villa morì. ucciso da sicari prezzolati per l"invidia e il
maltalento di alcuni” e fuori onorevolmente sepolto nella stessa S.
Croce. La costruzione e stata del tutto trasformata agli inizi del secolo
e si articola su una pianta a L ed è preceduta dal cortile su cui si apre
la scala a giorno.
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