La Città: 4 zone (zona 4)
Itinerario 4: zona periferica
29 pagine di testo e 70 immagini

 Pag. 24 di 29 

Scendendo per Via A. De Gasperi, su un roccione, affacciata sul mare, si erge la

TORRE  DI  BASSANO



Cento e cento torri cilindriche e quadrangolari roccate, isolate o circondate da altre costruzioni, sorgono ancora oggi qua e la lungo le coste della Sicilia, rimaste a narrare i secoli delle lotte sostenute dai paesi rivieraschi, contro i pirati e i corsari nordafricani e turchi.

Nel territorio di Torre del Greco esiste ancora, in contrada Sora, in buono stato di conservazione, la Torre di Bassano; vi è inoltre, più a sud-est la Torre delle Mortelle detta poi "Scassata" perché in parte diruta; esisteva anche, agli inizi del nostro secolo, il fortino di Calastro che fu demolito quando sulla sua area si costruì il Molino ”Feola” poi ”Marzoli”.
La Torre di Bassano, così. chiamata dalla località in cui si trova, fu fatta costruire dall’Universita torrese, nel quadro generale di difesa disposto dal viceré de Ribera (1559-1571. Fu imposto un contributo straordinario secondo il numero dei ”fuochi”, cioè delle famiglie esistenti nel territorio.

I lavori di costruzione furono diretti dall’ingegnere regio Marco Altobello. P Posta in posizione dominante su uno sperone roccioso affacciantesi sul mare, essa ha forma quadrangolare, muraglie spesse e scarpate all’esterno; all’interno il piano terreno con i magazzini, il, secondo con gli alloggi delle guardie, il terzo, che e una terrazza scoperta, con le postazioni per artiglierie consistenti, in colubrine e petriere e con una fornacella per le segnalazioni con fumate di giorno e fuochi di notte.
Le vedette erano in guardia costantemente o almeno nei periodi di maggior pericolo e segnalavano l’arrivo all’orizzonte di navi corsare; uomini a cavallo, detti ”cavallari” accorrevano poi a spron battuto nell’abitato e, al suono di trombe o di corni, esortavano tutti ad abbandonare le case e fuggire fra le campagne.

LE VILLE
Buona parte della zona costiera vesuviana fino al secolo XV rimase una landa con rari abituri inframmezzata da alberi annosi.
Fu dall’epoca del viceregno spagnolo che questa cominciò ad accogliere ville. La politica accentratrice del viceré don Pedro De Toledo fra il 1532-53 costrinse i feudatari di Puglia, Calabria e Basilicata a prendere casa nella capitale Napoli che si popolò di nuovi grandi palazzi. I nobili volsero l’attenzione alla zona vesuviana perché prossima alla Città e agevolmente raggiungibile e perché prodiga di frutti e favorevole agli investimenti di natura agricola.

Agli inizi sorsero ville di tipo rustico destinate alla gestione dei poderi, poi man mano più signorili per una vera villeggiatura piacevole fuori città. Intorno al I530 sorse a Portici, su un lato della Strada Regia, la rinascimentale Villa Leucòpetra appartenente a Bernardino Martirano, segretario del viceregno, la quale fu celebre, oltre che per i suoi pregi d’arte, anche come cenacolo dei maggiori letterati e artisti presenti in quel tempo a Napoli; ospitò l’Imperatore Carlo V d’Asburgo reduce dall’impresa antibarbaresca di Tunisi nel 1535.
Nel seicento, prima e dopo l’eruzione del 1631 e nella prima metà del Settecento numerose furono le ville fino a quando nel 1740 il re Carlo di Borbone volle per se la Reggia di Portici, un po' per raccogliere le opere d’arte che venivano alla luce dagli Scavi di Ercolano e un po' per soddisfare la sua passione per la caccia e la pesca. Nobili e cortigiani presero ad imitarlo e in pochi decenni tutta la zona vesuviana, fra Barra, S. Giorgio a Cremano, Portici, Resina, Torre del Greco, si arricchì ancora di ville allineate lungo la Strada Regia o nelle sue immediate vicinanze in modo da consentire il contatto diretto con la vita locale, queste erano concepite soprattutto come luoghi di delizie e perciò in stile fastosamente barocco o rococò, con un moltilicarsi di portali, cortili, scale dalle rampe complesse, balconi e terrazze, di sale e saloni affrescati scenograficamente, di parchi e giardini con belvederi ed esedre, ove operarono celebri architetti quali il Vanvitelli, il Sanfelice, il Vaccaro, il Fuga, il Nauclerio, lo Schiantarelli, il Gioffredo. Caduta la dinastia dei Borboni nel 1860 e mancando perciò la corte e i nobili, le ville cominciarono ad essere trascurate o furono vendute a privati poco riopettosi che le danneggiarono.

Sulla Via Nazionale al N.279 e la

VILLA MENNELLA
La facciata ottocentesca (che ingloba il gia citato Eyitaffio seicentesco) presenta una finestra centrale incorniciata da una nicchia e quattro paraste ioniche inquad.ranti tre finestre timpanate e due terrazzini laterali. Il piccolo androne, sul sui lato destro si apre la scala; dà accesso ad un cortile ad esedra sormontato da terrazza che, aprendosi verso il giardino, inquadra una veduta di Capri.

Scendendo a destra in Via Lava Troia:

VILLA VACCARO,
ORA MENNELLA


Lorenzo Vaccaro, ben noto scultore, architetto e pittore napoletano del Seicento (l655-1706), padre dell’altrettanto noto Domenieo Antonio, possedette questa villetta posta a valle della Strada Regia, in campagna. A Torre eresse nella parrocchiale di S.Croce il gran cappellone di S. Gennaro, ornandolo ai bellissimi stucchi. Uomo piissimo egli nella sua villa morì. ucciso da sicari prezzolati per l"invidia e il maltalento di alcuni” e fuori onorevolmente sepolto nella stessa S. Croce. La costruzione e stata del tutto trasformata agli inizi del secolo e si articola su una pianta a L ed è preceduta dal cortile su cui si apre la scala a giorno.