L'ultimo puparo torrese  pag. 4

MICHELE IZZO

PAGINE DELL'OPERA DEI PUPI NAPOLETANI

LA STUTTURA DEI TEATRINI

Parlare di una cosa che da anni non c'è più non è facile per il fatto ché non ci sono diari degli operatori dell’epoca dove attingere le notizie qualcuno in questi ultimi anni ha provato a parlarne dicendo cose fasulle e distorte non avendo fonti attendibili e ha inventato come meglio ha potuto.
La cosa che mi ha incuriosito è che chi ne parla è giovane non ha vissuto quel tempo quando c’era l’opera dei pupi nel napoletano, mi hanno deluso le cose che hanno scritto in questi ultimi anni, non è corretto dire che quei ritrovi d'allora erano covi di cimiciai dove volavano pulci e pidocchi, come se fosse un porcili addirittura, non è esatto, si è vero che quando si spazzava la sala la mattina si raccattavano mucchi di gusci di lupini e di semi di zucca e non solo in quei locali ma in tutti i ritrovi pubblici di prima era la stessa cosa, anche nel cinematografo di prima che non erano belle sale accoglienti lussuose arredata con poltrone vellutate come quelli di oggi, prima di dire certe cose si ci dovrebbe documentare.
Non è corretto affossare per sotterrare una cosa già morta, va ricordato che prima c’era più sporco in tutti locali dove si recava tanta gente popolare, ancora oggi raccolgono i gusci di semi, carte di caramelle, lattine di bibite vuote ed altro quando puliscono lo stadio il giorno dopo la partita o dopo il concerto di un divo, di una rock star lo si sa dove ci va tanta gente succede la stessa cosa.

          
                                   Ferraù

Com’erano i teatri dei pupi nel napoletano? Ne posso parlare io che sono della vecchia guardia e ne ho visti abbastanza, il primo che ho visto e ricordo era ancora un ragazzino potevo avere quattro o cinque anni, mio padre era socio con chi era di mestiere e in società gestivano l’opera dei pupi in piazza del popolo (oggi L. Palomba) a Torre del Greco. Gli altri li ho visti in tutti gli anni che ho esercitato la professione, ne ho pure decorati una decina nel dopo guerra: apro una parentesi per dire dell’altra attività che aveva imparato dal maestro Francesco Paolo Formisano, "pittore decoratore" all'ora era tutto un'altra tecnica s'impastavano le polvere per crearsi la tavolozza a tempera, un altro lavoro artigianale che non si fa più per le tinte già pronte all'uso; pitturavo scenari quinte e sipari, per i teatrini nel napoletano è sono in grado di dire le cose in merito; non posso parlare dei teatrini del XIX secolo che non era ancora nato ma di quelli degli ultimi anni sì, i teatrini non avevano una struttura creata tutta per loro come fanno per i teatri e i cinema, lo improvvisavano al momento, per aprire un teatrino prendevano in affitto un locale nella zona interessata, chi sovvenzionava per speculare oppure era uno del mestiere che aveva tutta la attrezzatura (il così detto capitale) nel locale veniva costruito un palcoscenico di quattro metri di profondità per tutto la larghezza del locale, sopra al palco si creava il ponte di comando chiamato “praticabile” (3) le quinte la bocca d’opera, col sipario che saliva su (a l’antica), le quinte al fondo scena.
Ha un metro di distanza dal palco incominciava la prima fila di panche di legno (era la platea) negli ultimi anni le panche furono sostituite da comune sedie, dietro la porta d’ingresso si creava 2 o 3 piani a forma di gradini (come la gradinata dello stadio) erano i secondi posti di legno per la piccionaia ch’era di “scugnizzi” ragazzi senza scarpe e qualche anziano per spendere poco, dopo istallato tutto, quanto si otteneva il permesso di agibilità dall’autorità locale si dava il via ha una storia guerresca ha puntate come le telenovela della televisione, con due spettacoli serali e tre nei giorni festivi.
Questi teatrini non duravano assai nella zona dove l’avevano aperto ma soli pochi mesi un anno due al massimo, restava lì fino ha quanto il pubblico seguiva tutte le sere se poi questi disertavano e la sera si contava poche presenze si smantellava tutto e si cambiava quartiere…
Nel 1800, le cose andavano meglio avevano più durata, era il secolo d’oro e del grande sviluppo per loro; incasso ce ne era ha sufficienza, non pagavano tasse, avevano poche spese levato l’affitto del locale, per le candele di cera (non c’era l'elettricità) qualche soldo lo davano ha chi l’aiutava se era di mestiere. 

     

                Operatori sul ponte d'animazione

L’apprendista, l’amatore non era pagato, (anch'io tutti gli anni di apprendistato gli feci senza avare una lira) chi esercitava questo mestiere erano quasi tutti di famiglia e la cassa veniva amministrata da uno solo: il "capo stipite”. So queste cose per averli sentito raccontare dal mio maestro ch'era figlio d’arte e mi diceva pure come si alimentavano per restare in forma facevano una sola colazione nell'ora di pranzo, poi la sera dopo lavorato, la andavano a casa e mangiavano ha crepa pelle con più di una portata.

Questo benessere li durò fino ha quando incominciò la prima guerra mondiale, gli anni dopo del conflitto incominciò la crisi del settore, non solo ma aumentarono le spese e pagare le tasse la luce ed altro; si affacciò il cinema che gli faceva concorrenza. Si avvia una discesa che si aggrava sempre di più portandoli alla chiusura dei locali e a cercarsi un’altro lavoro, i figli non accettavano l'arte del padre, avevano altre prospettive in orizzonte.
Ho detto che questi teatrini avevano poca durata nello stesso locale dove l’avevano aperto, uno solo rimase sempre nello stesso locale per più di mezzo secolo ubicato in piazza Cavour nella città capoluogo (vedi).
Il pubblico frequentatore dell’opera dei pupi era di soli uomini di età diversa, gente semplice popolare che dopo avere fatto una giornata di lavoro da manuale, d'artigiano contadino o bottegaio andava ha passare due ore seduto sul duro di una panca di legno e non su una comodissima poltrona morbida. Il costo del biglietto per l’ingresso era di poche lire e con quelli spiccioli un lavoratore si divertiva e passava la serata ridendo su le battute comiche del buffone, si arrabbiava quando il traditore tramava il tradimento contro il primo attore protagonista.

Chi erano i traditori? Gano di Magonza per ’Orlando e Rinaldo, Crotové per il Meschino e don Acalzio Baldieri per la camorra; ce n'erano altri ed erano di second’ordine i tre che ho detto erano i più importanti delle storie rappresentate e su di questi tre personaggi ci si giocava e s’accaniva l’appassionato ( il tifoso si direbbe oggi, allora venivo chiamato patito di Rinaldo); con questi traditori s’apriva il dialogo a braccio tra pupo e spettatore, era il pupo che stuzzicava il tifoso fino ha mandarlo su di giri, tanto che lo si caricava l'uomo si arrabbiava fino all’esasperazione e tirava sul palcoscenico quello che aveva ha portata di mano, il cappello, il cappotto, l’ombrello una scarpa che si levava dal piede, si sfocava per l’istigazione fattagli da colui che prestava la voce al pupo.
C’era anche quello che saliva sul palco e prendeva ha botte il pupo per sfogarsi, ma la peggio era sua, il pupo era di legno con l’armatura di metallo, quello che picchiava il pupo, che lo schiaffeggiava si faceva male anche con sgraffi alle mani che li colava sangue, tutti coloro che stavano seduti in sala ridevano divertiti, dopo lo spettacolo commentavano l’accaduto dentro e fuori del teatro, la sera dopo ci ritornavano.
Gli appassionati assidui sapevano a memoria la storia per averla vista più volte, succedeva che se qualche sera per mancanza di tempo o per altro si tagliava qualche scena o qualche battuta ha termine dello spettacolo il patito di Rinaldo richiamava il direttore dicendogli “ci avete imbrogliato, a tal punto doveva essere così….cosi …e ..così” era lui ha narrarci la storia filo e per segno si ricordava tutte le battute che avevano saltato. Da tutto questo possiamo dedurre che chi andava ha quel tipo di teatro non solo si divertiva ma apprendeva una lezione di storia letteraria era un insegnamento anche se gli operatori recitavano in un italiano poco corretto per la poca istruzione che avevano: la recitazione era un po’ dialettale come quelle che ancora fanno i pupari siciliani, con questo non voglio fare critica ai cugini dell’isola me ne riguarderei per carità non sono un critico, lo detto solo perché è una verità.

Gli Artisti “popolare” di solito non avevano un’istruzione artistica vera e proprio seguivano la tradizione della loro comunità, avevano fatto pochi anni di scuola, chi andava ha sentirli recitare ne sapeva ancora meno di loro non ci dobbiamo dimenticare ch'erano in tanti ha non sapere leggere e scrivere o per avere frequentato poco la scuola o per non esserci mai andati, c’è da stupirsi se quelli dell’opera dei pupi non hanno lasciato memorie scritte, non era d'uso scrivere diario, adesso dobbiamo ricostruire qualcosa noi gli ultimi rimasti, io sto facendo la mia parte.