L'ultimo puparo torrese  pag. 6


                               Nobildonna nel castello

N O T E

1) Le serenate: venivano fatte dopo le ore 21, sotto le finestre con strumenti a corda, si cantava una canzone melodica indirizzata a una ragazza dall'innamorato, dall’amico, un parente, un conoscente in occasione del compleanno o dell’onomastico e a chi sposava la prima sera che la giovane coppia rimanevano soli. Quasi sempre chi riceveva la serenata "il festeggiato" con la musica e il canto si affacciava dalla finestra per ringraziare e mandava giù una bottiglia di vino o di liquore.

2) ‘O Pazzariello: il “banditore” possiamo pure chiamarlo l’uomo della pubblicità, vestito con una vecchia divisa da ufficiale Borbonico tutta gallonato il cappello a faluga, bastone con il grosso pomo d’oro se ne serviva per portare le battute ai musici che portava dietro per danzare, lo seguiva un gruppo di scugnizzi (ragazzi senza scarpe, con abiti strappati), giravano per i vicoli e strade facendo la pubblicità a un nuovo esercizio commerciale, o per reclamizzare merce a basso costo; in questo ruolo abbiamo visto Totò nel film di Vittorio De Sica “L’ORO DI NAPOLI” tratto dal libro omonimo di Giuseppe Marotta.

3)Pradicabbile: un piano più alto del palcoscenico dove si ci camminava sopra per operare con i Pupi.

4) Il nome marionetta viene dalla festa delle Maria, che si celebra ancora a Venezia: fu istituita per un fatto di cronaca nell’anno 944, 12 ragazze riccamente abbigliate stavano andando a sposarsi nella chiesa di S. Maria della Salute con altrettanti giovanotti, la cerimonia fu interrotta dai pirati barbari venuti dalla rata di Trieste, rapirono le ragazze che furono liberate dalla gioventù veneziana, d’allora incominciano a sposare 12 coppie di giovani del popolo con la dota fatta con il danaro pubblico, allungo andare la spesa divenne troppo e difficile la scelta delle ragazze li sostituirono con 12 statue giganti di legno “le Marie” venivano portate in processione per 8 giorni, le statue erano più grandi di una donna normale le chiamarono le Marione: i venditori di giocattoli in quei giorno di festa vendevano le piccole miniature che chiamavano “marionette”. Da qui pare che li fu dato il nome che conosciamo.

5) Burattino: la cui etimologia è la più semplice fu presa da ciò che si adoperava per vestire le figurine per tenere insieme la testa e le mani, era una stoffa resistente a colori vivaci; una specie di tela che in Toscana era chiamata “buratto” , forse per la somiglianza al tessuto destinato ai telai del frullone per “abburattare” le farine. I fantocci vestiti di buratto furono chiamati “Burattini”. L’uso del nome e affermato in tutto la Toscana si chiarisce il perché Carlo Lorenzini “Collodi”, chiama Burattino il suo eroe, in effetti Pinocchio è una Marionetta anche se non ha fili ha gambe, corpo e braccia.

6) Yorick “Pietro Coccoluto Ferrigni” letterato livornese di origine napoletana (1836 - 1895) è stato uno dei primi a scrivere “LA STORIA DEI BURATTINI” edito da Bemporad & figli, Firenze 1902, ripresa in stampa anastatica da Anardo Forni s.p.a. Bologna 1982. La sua storia è la fonte di tutti gli scrittori che trattano l’argomento.

7) EDITIONS: Traduttore Italiano “Laura Sarvaglio” Lucarini editore S.R.I. Roma 1980.

8) Burattini Marionette Pupi: Silva Milano 1980.

9) Enciclopedia dello Spettacolo edito U.N.A.E, Roma - in distribuzione da la S.I.A.E..

10) Trieste: nel 1979 aprirono un scuola per addestrare i giovani a continuare l’opera inviato da Vittorio Podrecca nel 1914 con il “TEATRO DEI PICCOLI”: la scuola è il Teatro stabile a Trieste ed è patrocinato dalla Regione Friuli Venezia Giulia per il defunto corregionale Vittorio Podrecca di Civitale del Friuli n. 1889, morto a Ginevra nel 1959.

11) Racconto di un Pupante Quinci Editore Livorno 1992.

12) Totò Siamo Uomini ‘o Caporali?.. Tascabili economici NWTON Editore S.R.L.

13) Enciclopedia dello Spettacolo - U.N.I. - in distribuzione da la S.I.A.E.

 

LE STORIE
RAPPRESENTATE

Le storie che rappresentavano già dal 1800 venivano elaborate dai romanzi dell’epopea Francese l’ORLANDO INAMMORATO di Matteo Maria Boiardo: l’ORLANDO FURIOSO dell’Ariosto LA CANZONE DI ROLANDO del Turaldo I REALI DI FRANCIA di Andrea da Barberino dai POEMI DEL PUCCI è dalle CRONACHE DI TULPINO: erano diverse le storie che venivano rappresentate ciascuno a sé per più di mezzo secolo, GIUSTO LODICO (maestro di scuole elementare di Messina) riunì le trame di un gran numero di poemetti in un unico romanzo con il titolo I PALADINI DI FRANCIA e negli anni trenta fu pubblicato “LA STORIA COMPLETA DEI PALADINI DI FRANCIA” in tre volumi dall'editore Bietti, Milano 1933 e d’allora si ammodernarono e venne messo in scena con il titolo di: “I PALADINI DI FRANCIA”, dovettero pagare i diritti d’autore, una gabella che non avevano mai pagata (un’altro frutto del progresso): i vecchi copioni “scritti a mano non si sapeva chi li scriveva” si è sempre ignorato il traduttore dei romanzi; me ne sono passati copioni sotto le mani, più volte li o letti e riletti prima di andare in scena, un ripasso come prova era d’obbligo, la sera arrivato in teatro prima di iniziare a lavorare si doveva leggere il libro per avere un’idea di come si doveva fare lo spettacolo, in fondo alla prima pagina di tutti i copioni c’era scritto “leggere primo il libro per una buona rappresentazione” nessuna firma nemmeno all’ultima pagina del copione. In fondo alla copertina firmava chi l’avevo copiato e il proprietario dello stesso.
C’era una collaborazione per i testi se li scambiavano se li prestavano chi era interessato se li copiava nessuno lo proibiva, avevano un rispetto reciproco per la piazza, dove c’era già un collega a lavorare un’altro non andava ad aprire un teatro, anche se lo teneva chiuso per una stagione, per non stangare il suo pubblico; questo rispetto l’avevano quelli del secolo passato non gli ultimi rimasti. Ricordo nel 1946 a Napoli in Piazza Cavour venne aperto il “teatro del Popolo” a trenta metri dal San Carlino a Resina (oggi Ercolano) ne aprirono due nello stesso paese li divideva cinquanta metri circa uno dall'altro e si facevano concorrenza per il costo del biglietto e per la durata dello spettacolo.


                            Orlando e Gano

Se non pagavano i diritti d’autore nell’ottocento era giustificato non c’era ancora chi incassava i proventi, la società E.I.D.A per la riscossione dei diritti d’autore nasce nel 1920 e dopo la liberazione degli Alleati nel 1945 la società E.I.D.A. cambia volto e nome e si chiama S.I.A.E. (so che questo e fuori della materia trattata, ma è una notizia e va data): c’erano pure altre storie di cappa e spada come “IL GUERIN MESCHINO” di Barberino e altre come vi sono anche in Sicilia. I napoletani avevano in repertorio la STORIA DI NAPOLI dalle origini all’unità d’Italia, iniziava con il mito delle Sirene, la leggenda di Apollo, la lotte per la conquista dei castelli, dei villaggi, per il potere religioso, sempre in questa storia c’era la leggenda di Montevergine, con il sommo poeta Virgilio, quella del Pesce Nicolò, il martirio di San Gennaro, la capitolazione di Corradino di Svezia, la rivoluzione di Masaniello, la Repubblica Partenopea del 1799 e tutto il resto della lunga storia napoletana fino all’arrivo di G. Garibaldi. Nel repertorio non mancavano fatti di Briganti, storie dei Santi, LA CANDATA DEI PASTOSI per il Natale e la PASSIONE DI CRISTO per la Pasqua: il piatto forte per i napoletani che li fruttava di più e li faceva vivere bene erano i fatti di sangue e di cronaca nera, tutte cose inventate dagli stessi pupanti.
L’idea di mettere in scena la storia della camorra nasce dopo che il celeberrimo attore napoletano Federico Stella (1835 - 1930) con la sua compagnia nel teatro San Ferdinando nel 1886 rappresenta “VERMI DELLE OMBRE” di Meneghini. Stella all’epoca andava per la maggiore per i romanzi d’appendice del basso romanticismo Mastriani Meneghini, Verga, Capuano, Ferdinando Russo , Roberto Bracco ed altri, era l’epoca che al teatro andavano solo le famiglie borghesi, per gli uomini del popolino c’era l’opera dei pupi che andava a gonfie vele, gli operatori vivevano bene e cercavano di rappresentare storie nuove, sceneggiare i fatti malavitosi elaborando la cronaca locale e i racconti di ex detenuti narravano la propria storia avventurosa o per aver sentito dire dai compagni di pena nel carcere, le cose messe in scena sembravano vere il pubblico ci credeva come se fossero fatti successi veramente, era l’epoca del verismo anche gli scrittori attingevano dalle stesse fonti li romanzavano: i nomi dei personaggi erano fittizi inventati e non veri, passavano per veri come uomini vissuti ragione per cui erano sempre in cerca di nomi nuovi e strani che facevano richiamo alla storia.