L'ultimo puparo torrese pag. 9 | ||
LA
FATA
PREMIO’
Oppure In
due atti - quattro quadri - 1988. Il
soggetto: Quadro 1°: Un ricco Mercante
padre di due figlie Zaira e Beatrice: per un investimento sbagliato
rimane povero, si trasferisce con la famiglia in un villaggio lontano
dalla marina, ritornando di notte a casa con il suo discepolo nel bosco
li colpisce un forte temporale e come in tutte le fiabe vedono da
lontano un lumicino si avvicinava e si trovarono di fronde a un castello
con il portone aperto entrano per ripararsi dal
temporale… Nel castello vi sono tante stanze e non ce padrone o
qualcuno della servitù, tin
una stanze c’è una tavolo apparecchiato a festa con tanto buon cibo
ancora caldo i due mangiarono, stanchi
del lungo camino si sdraiarono su di un letto e passarono la notte. QUADRO 2°: La mattina del
giorno dopo si svegliano con il sole alto riprendano a cercare il
padrone oppure un custode del castello niente non trovano nessuno
nemmeno nel parco tutto fiorito nonostante l’orrida stagione, il
Mercante resta stupefatto per le belle rose fiorite in quella stagione e
si ricorda della figlia Zaira che gli aveva chiesto le rose, lui ne
vuole prendere qualcuna, nel
mentre sta estirpando una pianta dal cespuglio sorte un uomo con la
testa di serpente e lo rimprovera per il cattivo gesto, il mercante
intimorito chiede perdono e pietà per le
figlie rimaste a casa, il mostro s’intenerisce li concede un
giorno di permesso ma deve ritornare con una delle figlie che sia
disposta a sostituirlo . Quadro 3°: Il mercante arrivato
a casa racconta la disavventura Zaira
la più piccola per non far morire il padre si offre ha sostituirlo
vanno insieme dal mostro. QUADRO 4°: Babbo e figlia dal
mostro lei come vede quella orribile figura
rimane perplessa
parola è indecisa alla richiesta del mostro, il padre parte la
lasciali, dal cielo appare una fata l'angelo custode li suggerisce di
accettare la richiesta del mostro, Zaira accetta d'essere sua sposa si
abbracciano per il primo
bacio, il mostro si
trasforma in un giovane Principe: (nell’aria apparirà scritto
luminosa) “E’ VISSERO FELICI E
CONTENTI”. Tutti in coro leggeranno a voce
alta, accompagnata da un sottofondo
musicale si calerà lento la tela.
L’UOMO
PESCE oppure E’ una antica leggenda
meridionale liberamente elaborata in quattro quadri nel 1985 - più
volte rappresentata in
questi ultimi anni.
Quadro 1°: il Narratore narra
l'epilogo della leggenda, sul fondale appare l'immagine istallato in
via Mezzocannone "d'avanti l'entrata laterale delle
Università di Napoli", nella cui immagine il popolo da sempre
l'additato come Nicolò Pesce. Tutto viene fatto con un sottofondo
musicale, dopo vengono
sulla scena i pupi. È tramontato il sole, sulla spiaggia, la mamma va
cercare il proprio figlio lo trovo lo vuole castigare, il ragazzo si
ribella è scappa, la mamma nel calore dello
sdegno li manda la maledizione che si trasformasse in pesce. Quadro secondo. Nel castello, il
re ha chiamato Nicolò l'ordine di tuffarsi nel mare che divide Scilla e
Cariddi per ricuperare un oggetto
prezioso della corona, Nicolò non se la sente di farlo perché
sa che in quel tratto di mare ci sono numerosi grossi pesci spada e l'impresa è assai e
pericolosa, ci va contro sua volontà.
Quadro terzo. Sotto l’acqua
del mare si fa il passaggio di pesci, dopo sorte Nicolò si batte con
due grossi pesci spada a la peggio muore. |
ERCOLE
E
I PIGMEI Oppure
Leggenda
in tre atti
- 1989 Il soggetto: Nel regno dei Pigmei arriva
ERCOLE (un gigante tutto legno) si accampa fuori le mura della città
con minaccia vuole le due figlie del Re; il piccolo Re spaventato manda
fuori le mura un araldo per trattare, il capitano ritorna spaventato per
aver visto quel Gigante, il Principe non se la sente di affrontarlo è
decidono di andare a pregare all'oro Dio, vanno nel bosco sacro con il
Sacerdote a pregare il Dio Mammone, la statua non risponde e non da
segnali, una Principessa vuole andare ha parlare con Ercole, il padre
non glielo permette la rinchiude. Si riunisce il consiglio reale
per studiare casa fare, ha un
ufficiale li è venuto un idea che viene accolto e messo in atto. Vanno
tutti fuori le mura. Il Gigante è a terra che dorme, in testa
che quello ufficiale che aveva l'idea porta nelle mani un
braciere che fuma, quel fumo dovrebbe
stordire il Gigante per dare tempo che lo incatenano, quel
fumo stuzzica il naso di Ercole è fa un forte starnuto che
cadono a terra re e tutto il seguito. Una voce dice: ”Larga la
foglia, stretta è la via lo starnuto d’Ercole finisce qui!…”
F
I N E
LE
STORIE Una serie di commedie e farse
dove il protagonista è sempre la gloriosa maschera Partenopea. Per scriverle mi sono frugato il
cervello dove ho accumulato le cose di quando era giovane e me ne sono
servito per questi testi, i lazzi le battute di quando recitavo a
braccio con il primo
maestro ed altri uomini più
vecchi di me figli d’arte facevamo “ la comica finale” dopo dei
tre atti fatti con i pupi una volta alla settimana per attirare più
pubblico e chi veniva si
divertiva e ci ritornava. Nei panni di Pulcinella c’era
sempre Alberto Buonandi, un
bravo attore capace di trattenere la scena con sempre nuove battute e lazzi era capace di trattenere la scena senza
stangare il pubblico per un’ora e più, gli spettatori lo acclamavano
per le belle risate che li faceva fare… Io era giovane appassionato m’insegnavo l’arte.
Sappiamo che Pulcinella è una maschera della commedia dell’arte e come tale se ne sono serviti facendolo sostenere vari ruoli, l’abbiamo visto da contadino rozzo ignorante, da furbo, finto tonto, onesto e disonesto da povero da signore e più di tutto da servitore, la stessa cosa ho fatto io nelle commedie che seguono.
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