L'ultimo puparo torrese pag. 13

PULICENELLE

MADRE - VEDEVA - ZETIELLO - MARITATO

Commedia in due atti dal teatro comico napoletano - 1945

Il soggetto:

Don Pasquale Bombardone, per concedere la mano di Carolina sua figlia al giovane Felice vuole che porta conoscere i genitori, il giovane a detto di avere solo la mamma, don Pasquale li va bene vedere la mamma è vedovo anche lui è chi sa se da cose nasce cosa e saranno due i matrimoni e insiste col giovane; Felice non ha mamma e veste Pulcinella da donna: la prima scena comica è la conoscenza di Pasquale e la finte mamma, don Pasquale fa il cascamorto s'innamora della falsa vedova li da un appuntamento a tarda sera nel giardino; arriva il sarto Vincenzo anche lui fa la stessa scena che a fatto Bombardone, Pulcinella accettato l'appuntamento dei due. I giovani fidanzati anch'essi decidano di vedersi in serata nel giardino.

La seconda parte la scena è il giardino: c’è poca luce, arriva Pulcinella da donna e poi i due corteggiatori uno per volta; in un lato ci sarà la coppia giovane è con battute comiche e lazzi ridicoli Pulcinella declama il finale. Fine

 

 

NU NAPOLETANO
A LIVORNO

Farsa con Pulcinella, scritta e rappresentata a Livorno nel 1996 in occasione di EFFETTO VENEZIA una festa d'estate che si perpetua da anni.

Il soggetto:

L’epoca ha l'inizio del XX secolo quando tanti Meridionali emigrano all'estero: da Napoli partivano bastimenti con uomini in cerca di fortuna. sulla banchina c'era tante persone per l'imbarco; Pulcinella s'aggira in mezzo a tutta la folla per curioso e domandava a questo e a quello il perché di tanta falla, qualcuno li dice parte per l'America vado dove c’è il facile guadagno, i dollari si trovano per terra, questo lo incuriosisce e vuole partire pure lui, cerca chi l'aiuta, si avvicina un vecchio navigante e li dice vuoi partire per l’America?.. Ti ci porta io, questa sera fatti trovare vicino a quel bastimento salirai con me a bordo ti nasconderò nella stiva, arrivati in America ti farò sbarcare; il bastimento parte da Napoli e dopo quarantott'ore di navigazione arrivano a Livorno, Pulcinella sbarca convinto d'essere sbarcato in America, è l'alba fuori sorte dal porto commina e guarda a terra per trovare i dollari come l'anno detto, trova cinque lire li calpesta è va più avanti, s’incontra con l’uomo che spegne i lampioni a gas: ed è un primo duetto comico tra un napoletano e livornese. Le botteghe sono chiuse, fuori l'uscio del vinaio c’è un uomo che dorme su una sedia angora ubriaco per la sbornia della sera prima, si sveglia e fa scena con il nuovo venuto; vengono moglie e suocera di quest'uomo fanno ha botte e risposta incompressibile per il vernacolo Livornese e quello napoletano, l’emigrante "nuove arrivato" e ben venuto e fanno di tutto pur di aiutarlo. In mezzo a tanta brava gente della nuova terra Pulcinella ne scopra uno cattivo, un portoghese procaccia di scaricanti nel porto, si crede d’essere guappo, per nulla minaccia e prende il coltello, sfrutta, abusa e mette le corna ai scaricanti suoi dipendenti, mette gli occhio sulla moglie dell’ubriacone la vuole possedere lei non sta al gioco, lui per vendetta licenzia il marito e rimane dissoccupato. Pulcinella che non è fesso visto gli abusi di questo mal vivendo s'improvvisa malandrino l’affronta e gli daun sacco di legnate… In serata sono tutti fuori la fiaschetteria a divertirsi, Beppe scaricante di carboni canta gli stornelli livornesi accompagnato con la chitarra da barbiere della bottega accanto, il canto e il suono mette allegria e nostalgia al napoletano è dice “ me facete 'a vutà 'o stommeca cu sta lagna”, uno della comitiva dice "canti tu se ti riesce", un altro "che napoletano sei se non sai cantare!" Pulcinella preso dalla nostalgia dice: “ me ’avite mitate 'a carne 'e maccarune, so napulitano 'e si nun canto more, (al suonatore)maestro musichiate!.. (canta)

Purteteme ‘a casa mie.
Me ne viglì ra ccà.
So asciute l'autr'iere
Nu saccio chiu ha do sta
Ma fatto male credo
Chill’urdimo bicchiere, ..
Faciteme 'a cortesia
Purtateme ‘a casa mia.
Col canto si chiude il sipario.

F I N E

 

NU SURDATO
 DINTA NU PUZZO

Un atto con Pulcinella dai canovacci della commedia dell’Arte - 1945.

La trama:

Nel XVIII secolo nel Casertano ci stava un usanza per reclutare i giovani alla leva militare una commissione capitanato da un Ufficiale andava paesi e casali.

Scena un casale di campagna: Scadubbo cognato di Pulcinella fa il guappo contro di lui lo fa tremare per amore di sua sorella; arriva la commissione guidata dal Capitano Alonsio un fratello di latte di Pulcinella, va subito a cercare il fratello non ce lo trova in casa si fa conoscere da sua cognata, lei lei lo fa entrare in casa e resta l'attendente del capitano fuori la porta col fucile a spalla va avanti e in dietro. Arriva Pulcinella non lo fa entrare in casa sua dicendogli “c’è sta 'o cummannante dinto e nun se po’ trasì", Pulcinella dubita della moglie e corre a chiamare il fratello guappo. Gli abitante del casale vedono arrivare i soldati per reclutare i giovani tutti uniti si ribellano armati di bastoni, vanga zappe e arnesi vari per gridano "non vogliamo fare i soldati" il soldato che aspetta il comandante fuori la porta casa (già detto) vede quelli armati ribelli venire verso di lui per paura scappa. Esce dalla casa il Capitano non trova l’attendente, sente il vociare dei rivoltosi si vuole nascondere a pochi passi ce una cisterna senza acqua se ne scende nella cisterna, arriva Pulcinella con il cognato non trovano ne soldato e ne comandante chiamano Smeraldina "moglie di Pulcinella" lei dice di non aver visto ne soldato e ne Capitano accusa il marito per calunnia, il guappo minaccia il cognato va via, Pulcinella rientra in casa e chiude la porta per punirla la lascia fuori al sereno del tramonto, lei protesta ripetutamente ma no lo commuove, minaccia di buttarsi nel pozzo lui li risponde "buttati" lei per dare segnale che se buttata prende un sasso consistente è lo butta nella cisterna e si nasconde, Pulcinella sente il tonfo esce di casa lei approfitta rientra in casa chiude la porta non vuole più aprire. Pulcinella protesta e la porta non s'apre, sento un lamenta venire dal pozzo si avvicina è vede un uomo malconcio che cerca aiuto li da una mano a tirarlo fuori, riconosce suo fratello si abbraccino chiamano Smeraldina, arriva anche Scadubbo si chiarisce ogni cosa, lei si lamento col cognato del marito che assai geloso, il Capitano avverte suo fratello che sia più “lasciavo e non pensare alla gelosia ma alla salute ha mangiare e a bere”.

Pulcinella: Aie ragione fratello di pensa lu magnà.

Mugliera mia bella la pace avimme fatte e nun ce resta aute di farce na buffate de maccarune?

È alli signure che cianne sendute le manno nu vase e ciente salute!!!

- F I N E -

PASCA’ SI PUORCO

Oppure
PITTO’ FORE !

Anche questa è un canovaccio della commedia dell’Arte - è stata rappresentata dai più qualificati attori napoletani e romani con alcune varianti: ricostruita nel 1945.

La trama:
Pasquale, anziano contadino conosce l’erba medica la vende a caro prezzo si è arricchisce e vuole essere chiamato don Pasquale e non più Pasquale si reputa un guaritore superiore al medico: per la sua superbia licenza il servo per averlo chiamato Pasquale e senza il don; li si presenta il giovane Florindo con il discepolo Pulcinella, chiede in sposa la figlia. Pasquale rifiuta la richiesta non è l’uomo giusto per sua figlia, ci mette bocca Pulcinella e dice “nu ci à vuò dà Pascà si puorco ?..


                         Ballerina e violinista

” Florindo non avrebbe voluto che s'intromettesse il servo e lo licenzia, Pulcinella non avendo più padrone si presenta a Pasquale è danneggia di più Florindo si arruffiana chiamandolo col don se lo prende come domestico ha licenziato Brighella, i servitori si cambiano il padrone; Brighella e passato a servire Florindo si presenta a Pasquale li dice di correre al riparo hanno appiccato il fuoco alla sua masseria i suoi contadini perché vogliono l’aumento di paga, Pasquale deve correre alla masseria, da ordine a Pulcinella di guardare la casa e la figlia, doveva stare attento che non entrasse nessuno in casa fino al suo ritorno. Pulcinella con il fucile in spalla fa la guardia alla casa, viene Florindo vuole andare dalla fidanzata dietro compenso, Pulcinella si fa un po’ pregare e poi cede; il segnale convenzionato per avvertirlo se ritorna Pasquale è “pittò fore”; il giovane va in casa, Pulcinella passeggia ritorna Pasquale affannato per la rincorsa fatta, non bruciava niente era una bugia inventata per vendetta da Brighella vuole entrare in casa per cambiarsi, Pulcinella non lo fa entrare lo trattiene urlando con il segnale convenzionato “pittò fore!…dopo di averlo ripetuto più volte lui e Pasquale escono di casa i giovani chiedendo perdono. Pasquale e costretto a concederlo, si parla di matrimonio è del banchetto per le nozze. Pulcinella prenda la parola e fa il fatidico finale.

Ha tavole ‘e tavulelle nu manghe maie Pulicenelle.
All’ore vulimme dicere iamme ca songhe leste,
Piglià voglie na pella cu ciente iacuvelle.
Na briacate ma già fa!...
Si stu belle pubbliche me fa nu battimane?..
Ha mo fine ‘a dimane,…le sto ‘a rringrazià!!!

F I N E

1943 - LA RESISTENZA
A NAPOLI

Oppure

SIMME ‘E NAPOLE PAISA’

Per non dimenticare le quattro giornate di Napoli, sceneggiata in tre atti - scritta il 1948.

L’azione si svolge all’alba del giorno 29 Settembre 1943 in una rione popolare napoletano, sulla quinta de lato sinistra del pubblico ci sarà scritta AL RICOVERO il rifugio per la popolazione.

All’apertura del sipario suona la sirena per il cessato allarme, vengono fuori dal rifugio attori e comparse lamentandosi per la lunga nottata passata nel ricovero e per aver dormito male per terra ecc…ecc. uno dice d’aver sentito dire che i tedeschi battono ritirata rastrellano uomini per portarseli in Germania, un altro suggerisce di scappare in montagna o nascondersi in qualche grotta fin quando non è passato quel brutto momento: sono in tanti è ciascuno dice la sua: dall’altro lato viene fuori Antonio un giovane che vive di espedienti, racconta di aver sentito dire che stanno organizzando la resistenza per cacciare dalla città i tedeschi se qualcuno vuole partecipare alla lotta lo può fare che vada in piazza Cavour in casa del pittore Garigliano dove si riunisce il comitato di notte, a questo racconto ce chi crede e chi no, questo e il tema della scena: al termine del dialogo vanno via tutti. Nel quel quartiere sta di casa un federale fascista collabora con i tedeschi è una carogna, vive di abusi e sopraffazioni sui deboli, (è 'o malamente da sceneggiata) a messo l’occhio su Maria la giovane moglie di Ciccillo l’orologiaio vive in un basso e fa casa e bottega, ‘O malamente per arrivare al suo intento si serve di una mediatrice “ 'a ruffiana” si chiama Rosa e anziana non lavora per guadagnarsi qualche lira noleggia il suo letto alle coppie di amanti, questa poco di buona ha più volte parlato del gerarca a Maria e non solo non a ceduto no ne vuole che si nomina proprio ha troppa paura del marito e non lo tradisce. È tempo del rastrellamento di uomini il federale approfitta del momento e fa una soffiata al S/S dicendoli dove si nascondano gli uomini i Nazisti vanno ha prenderli e catturano anche Ciccillo.

La seconda parte si svolge sopra i ponti rossi: è notte le luci s'accendono un po per volta come si fosse l'alba. I personaggi dormano per terra sono armati alla meglio ci anno fazzoletti al collo e una bandiera rossa (per far capire che sono Partigiani) uno sveglia armato è di guardia, sento rumori di passi e da il chi va là, l’uomo risponde si fa conoscere ch'è Ferdinando il padre di Ciccillo cerca il figlio, i presenti non gli sanno indicare dove lo può trovare e fanno scena, si sentono altri rumori e si ripetente la storiella del chi va là e la risposta di chi arriva; viene fuori Domenico uno spazzino con la testa fasciata per scappare è stato colpito con il calcio del fucile d'un tedesco, anche lui racconta la sua sventura, Ferdinando domanda di suo figlio Domenico racconta era in assieme è non ce la fatto a scappare come affatto lui, Ciccillo se l'hanno portato in Germania, dice di sapere chi l'ha fatto la spia e se li viene a taglio la da pacà. Ce una lunga scena fatta da gli stessi per fare endrare la canzone delle di Pisano e Cioffi “Le Quatto Giornate di Napoli" (nel copione ci ho scritto i versi originali) finita la canzone si sentano rumori spari confusione uno dice “Figliù nge simmo,…’e dammece da fà, cacciamme ‘a chesta gente …'a nnomme 'e San Gennaro!… ( Spilla il fondale e si fa il passaggio di un carro armato, uomini da soldati americani, "per la liberazione"; in questo scena di festa 'O malamento attraversa il palcoscenico scappando, Domenico lo rincorre nelle quinte si sente uno sparo, Domenico ritorna sulla scena la pistola fumante, ( e lui che a sparato tutti domandano) “Rummì,…che ai fatto?”..
Domenico: Niente! - - Nce l’aveve premmise?… E’ nge l’aggio fatto!.

Parte terza: la stessa scena della prima parte più aggiornata con tavolini e sedi fuori del BAR dove sono seduti persone e sorbiscono una tazzina di caffè, dialogano tra loro i fatti del giorno, del benessere, del guadagno facile per il traffico illecite di sigarette e generi di prima necessità; si parla delle donne che si prostituiscono per vivere, ce il passaggio do Pazzariello, pulizza scarpe, venditori di merce varia e donna che vende sigarette Americane, nel dialogo non manca la novità degli alimenti in polvere è delle scatole, (è importanza perché non si avevano visti in circolazione prima di all'ora) si parla dei militari e degli uomini di coloro visti per la prima a Napoli, si nomina qualche nome di donne che approfitta d’assenza del marito prigioniere portato per morto o per disperso lei si è data alla pazza gioia come la vedova allegra, sono tante che vanno con i soldati stranieri in casa di Rosa, "l’anziana ruffiana". sorte sulla scena e vende sigarette americane. Domenico per avere fatto la resistenza e stato promosso caporale degli spazzini si dà aria da Generale corteggia Rosa e di comune sono accordo parlano di sposarsi.

Ritorna dalla deportazione Ciccillo viene accolto da tutti festoso “è un deportato sopravvissuto” non sa quello che fa sua moglie annusa qualcosa ma non e sicuro, domanda agli amici nessuno li dice la verità deviano il discorso e parlano di festeggiare il ritorno del prigioniero, arrivano i suonatori con strumenti si canto e al ballo: Rosa viene a chiamare Maria le parla sottovoce le dice del Sergente americano suo innamorato l’aspetta in casa per portarla in America lei non sa decidersi se parte con lui oppure resta col marito, dopo del martellamento di Rosa le va dietro, il marito non vede la moglie nella festa e domanda dove andata nessuno li dice niente e ripetono "pensa a te oggi e tutto cambiato divertirti”, lui sospettoso dice “voi mi nascondete qualcosa” poi guarda nelle quinte e vede la moglie baciarsi con l’americano si lancia per inveire è viene fermato dai compagni dicendolo “che fai ti metti nei guai?…Vuoi andare in galera? Lasciali stare, il destino ha voluto così, e tutta colpa della guerra capisci, la fame la miseria ci hanno portato a questo, lui si calma (pausa) dopo qualche minuto di silenzio Ciccillo dice:
"ma che rè stu silenzie? - - Nu se cante chiù?…(ai suonatori) maestro suonate nunè niante - alleramente - voglio cantà pur’io sta sera.
(canta il ritornello famoso ritornello.

Basta ca ce sta ‘o sole’
basta ca ce sta ‘o mare …
‘na nenna a core a core
‘na canzone pe cantà…
chi ha avuto, avuto, avuto,
chi ha dato, ha dato, ha dato…
Scurdammoce ‘o passato,
simme ‘e Napule, paisà!!!.

(Col ripetere il ritornello tutti in coro si chiude il sipario).

F I N E