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X X mi ha rilasciato questa intervista il 12 settembre 2002. Ha 35 anni
ed è un ragazzo molto colto. Malgrado l'argomento scabroso che rivela
è un uomo sensibile e fondamentalmente umano.
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certi versi dualistiche ed irriducibili, all'unisono,
come durante l'evento della morte di un anziano ricco e avaro.
D: La morte di un anziano col Thanatos, che è l'istinto di morte,
va bene, ma, sempre secondo Freud, non vedo cosa c'entra l'Eros che è
l'istinto di vita?
R: Per lo stesso motivo, caro Luigi Mari, che l'odio e l'amore sono
lo stesso sentimento infermo, ma all'estremo opposto.
D: L'amore sarebbe un'infermità?
R: Certo, una dipendenza, L'amore "dare" non esiste è
un utopia, E' come l'idea pura di comunismo, di uguaglianza, legalità e
fraternità.
D: Sei sconcertante, mio piccolo genio X X. Come può stimolarti
così tanto l'epilogo funesto della vita di un anziano, se pur ricco,
cattivo e avaro?
R: Quel rantolo, quella impotenza totale, quel suo capire in
un'attimo di aver lottato, sopraffatto, prevaricato, per nulla, per "Il
resto di niente", come dice Enzo Striano nel romanzo omonimo.
Dopo tanto malfatto sentire la sua carcassa avviarsi nella macabra
dimora dei vermi-pirana nel loro mirmicolante e lungo pasto, dissetati
dai liquami settici della decomposizione.
N: Saltai in piedi visibilmente turbato. X X sorrise perché si
aspettava quella mia naturale reazione. Era una provocazione, uno
spianare il terreno alle sue inquietanti rivelazioni. Provai un leggero
senso di nausea, ma ero troppo incuriosito per interrompere
l'intervista.
D: Qua... quale è stato il primo moribondo che... come dire...
che hai assistito?
R: Il primo evento avvenne per caso, ero ancora pargolo. Il
parroco della parrocchia dove facevo il chierichetto era così anziano e
distratto che dimenticò il buonsenso di non condurre con se un
dodicenne per somministrare l'estrema unzione ad un moribondo.
Già brofonchiava per le scale lamentando due cose: l'assenza
dell'ascensore e la vita disonesta, dissoluta ed egoista dell'uomo a cui
si apprestava a compiere il tentativo di salvarlo dalle pene
dell'inferno. "S'accattato 'a famma d''a ggente" - ansimava
salendo i gradini lentamente - usuraio, cattivo, fetente e tutto co
isso!
Quando guadagnammo l'uscio il medico che gli stava al capezzale
scosse la testa come per dire. è finita. Il mio turbamento di bambino
era conflittuale tra la pietà e l'odio per quell'uomo descritto
cattivo.
D: Era cosciente il vecchio?
R: Lucidissimo. Inorridì alla vista delle tonache come conferma
nefasta. Era debole, ma il suo sguardo era penetrante come chi mette in
posta l'ultima energia. Ma il rantolo della morte prendeva sempre più
consistenza. Poi scuoteva il capo lentamente soccombendo nella disperata
rassegnazione del moribondo. Allungò la mano tremante come il naufrago
verso il tronco con un breve inequivocabile cenno del capo di resa, di
sconfitta, un predatore a sua volta vinto, sfinito, un vecchio vecchio
leone che in luogo di squassare la sua criniera sentiva finalmente
l'angoscia della preda. Non molto lontani i tempi in cui digrignava i
denti d'oro nell'effluvio della vendetta, dell'onnipotenza, con le sue
spietate rese dei conti inferte senza nessuna pietà alle sue prede
dell'usura. Ora, semplicemente, moriva.
(continua nella pagina successiva)
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La storia di questo signore è inquietante e
intrigante nello stesso tempo. Egli la racconta come tecnica terapeutica
liberatoria, io la pubblico perché, al di là dell'aspetto patologico,
si coglie una grande, profonda lezione morale.
Domanda: quando è sorta questa specie di mania?
Risposta: Perché la chiami mania?
D: Mania è, in pratica, un abitudine ripetitiva, tanto più
quando esce da canoni consueti e diffusi, dalla cosiddetta
"normalità".
R: E allora, caro Luigi, se la mettiamo su questo piano il mio è
un fenomeno, un sortilegio, come più ti piace. Ho deciso di rivelare
tutto come dici tu: come tecnica terapeutica, liberatoria: una sorta di
rimozione.
D: Dunque quando è iniziato?
R: Sin da piccolo fui suggestionato da fatti religiosi. Ero
spaventatissimo dalla scoperta della consapevolezza
dell'irreversibilità del nostro destino di mortali, in relazione
soprattutto alla probabile assenza salvifica. Altresì l'idea di peccato
fu devastante per i miei imberbi dodici anni. Se mi "toccavo", anche per
naturale, pura curiosità, così per conoscere il sesso, stavo male due
giorni per i sensi di colpa, senza contare il terrore di diventare cieco che veniva
sermonato dalla nonna paterna al minimo sospetto di pratiche onanistiche.
D: Perché parli come un libro stampato?
R: Un po' per la tendenza a romanzare la mia nevrosi. Aiuta, sai,
esorcizza la probabilità di cadere in depressione.
D: Cadi in depressione?
R: Raramente, per cause contingenti, come tutti, d'altra parte.
D: Dai pochi cenni telefonici di ier sera non ho focalizzato bene
in cosa consiste questa, come dire, ritualità di eventi desueti.
R: Lui', mo' sei tu a parlare come un libro stampato. Ho capito,
ti ho contagiato... Tuttavia ti sento fraterno e comprensivo, come chi
si trova nel gabinetto dello psicanalista; infatti la mia argomentazione
si dipana dall'Eros-Thanatos Freudiano. Non esiste droga che può
deliquiare, darti un orgasmo maggiore dell'assimilazione contemporanea
di queste due componenti per
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