Pupi torresi           pag. 6

            
                           Angelo Buonandi

Nel 1958 una mattina andai a fargli  visita come era mia abitudine, lo trovai che copiava il mano scritto di Raffaele Perillo "IL RISCATTO  BARONALE", mettevano in scena l'evento del 1699, fatto che  conosciamo  tutti a Torre perché se ne sempre  parlato. La rappresentazione fu fatta da un gruppo di amatori locali nel  Metropolitan.  Ritornando al discorso che  avevo cominciato, quella mattina parlavamo dello spettacolo che stavano allestendo, quando bussarono alla porta, andai ad aprire li feci entrare erano  tre  giovani una era donna,  si avvicinarono al tavolo  dove il Maestro scriveva e domandò loro: "Che chiedete?" uno di  loro disse: "Stiamo raccogliendo firme per una petizione contro la televisione che porta i  filmus nelle case,  così  facendo farà morire  il cinema!" Lui gli rispose: "Chi se ne frega! Andate via che io non aderisco a questa vostra iniziativa, il cinema ha danneggiato me  che ho  sempre vissuto  con  il teatro  da quando sono  nato, ed è  bene che oggi  la televisione faccia morire il cinematografo, viene pagato con la stessa moneta, spero che finiranno  presto quegli speculatori  che hanno combattuto i teatranti, andate!" i ragazzi mogi se ne andarono senza fiatare. 
I pupi non servivano più con altri tipi  di spettacoli, tutti  d'accordo  in famiglia decisero di venderli, erano trecento  pupi armature d'ottone e di rame, e tanto vestiario.
I compratori erano interessati solo ai pupi e offrirono  6,000 lire cadauno, fecero un accordo verbale e fissarono la data per ritirare la merce, naturalmente  solo i pupi  perché non dovevano servire per  fare  teatro ma come oggetti da museo. Anche questa pillola fu amara per il vecchio mastro, si confidò con me che se anche l'acquirente fosse  stato uno del mestiere lui li avrebbe ceduto per meno sodi: a me l'aveva offerto per  solo 300.000 lire tutto, anche con pagamento rateale. Me ne parlava spesso diceva: "Vorrei  che  quella  roba  l'acquistasse uno appassionato come te, prendili, apri il teatro e mi darai un  tanto  per  sera  a  scontare  la cifra  che  fisseremo.  Non accettai questa offerta avevo una famiglia da mantenere, erano tempi brutti e non avevo un  entrata sicuro sufficiente per potermi permettere investimenti.

I rigattieri furono puntuali, il giorno fissato si presentarono con due camion,  caricarono quello  che  gli interessava  lasciando scene e copioni (manoscritti che avevano più di cent'anni) questi  ultimi  furono distrutti dal  fruttivendolo  Ciro Palomba  conosciuto come  "Ciro Cannellino". Finito l'operazione di carico  i due compratori  salirono in  casa del  Buonandi per legalizzare la compravendita, lui  era a letto quella mattina non si sentiva  tanto bene, i rigattieri consegnarono il danaro e  chiesero  la firma di quietanza, la moglie  portò il foglio per farlo firmare al maestro  non dava più segni di vita. Urla, lacrime scompiglio in  quella casa,  i compratori  avevano fretta di  andarsene e fecero  firmare al figlio Pasquale. Fu un colpo troppo forte per il  maestro, non si rassegnava a una realtà che camminava con grande sviluppo dell'elettronica,  dove i pupi non servano più.  Forse la nostalgia o il dispiacere gli avevano accorciato la vita. Il giorno 20 Settembre 1961 si calava per sempre il sipario dell'opera dei pupi a Torre  del Greco. Alfredo Buonandi era l'ultimo di una dinastia tra i più bravi di quei tempi,  è si può dire che con lui muore l'opera di pupi napoletani.

         
 
Nato a Napoli il 3 Gennaio 1892, fu portato a Torre ch'era ancora un ragazzino, e qui trascorse l'infanzia, l'adolescenza e si creò famiglia. Figlio d'arte, appassionato e attaccatissimo al suo  lavoro, un teatrante a tutti livelli, era bravo per il teatro coni pupi e  con quello con i personaggi, recitava correttamente in italiano e in dialetto napoletano, era un'abilissima spalla  per  il  comico,  inventava sempre nuove  battute, elaborava lui stesso i copioni che aveva ereditato dal padre con taglio di  scene che riteneva noiose ai spettatori con modifica a suo piacimento. Scriveva commedie e sceneggiate, va ricordate "LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI"  rappresentammo nell'Arena Tino Di Lorenzo nel 1945 con successo. L'idea di mettere in scena l'avvenimento bellico consumatosi nella Cità Partenopea prima che arrivassero gli Americani, l'ebbe per aver letto su i Giornali la sortita imminente del filmus di Nanni Loy, il soggetto era di attualità, la resistenza del  popolo  contro i tedeschi, e fu fatto tutto in fretta prima che uscisse in circolazione il famoso film di un professionista di quella levatura  "Nanni Loy". Ci riuscimmo, fu un trionfo.   I partecipanti alla rappresentazione tutti Torresi, ecco l'elenco dei partecipanti.  Giuseppe Raiola (raimir) -  Giuseppe Crispino (Totonno Crispino) - Pasquale Romito ( Pascale e Feleppiello) - Pasquale Sorrentino - Alfredo Buonandi (attore e regista) - Raffaele Di Maio (padre) Michele Izzo - Antonio Perillo e comparse. Le  donne erano professioniste scritturate in Galleria a Napoli.
        LA DINASTIA DEI BUONANDI
         Solo quelli che sapevano lavorare con i pupi"

L'arte dei pupi era condotta a carattere famigliare, quasi tutte le compagnie esistenti erano così. La  famiglia Buonandi era la  più numerosa, sei capostipite tra fratelli e cugini, (non ricordo il grado di parentela tra loro), non ho conosciuto  i  capostipite, ma quelli  con cui ho lavorato e da  loro  ho  saputo  i nomi  dei  genitori, eccovi l'elenco generale, (per gli spostamenti e le destinazione "vidi Pagine Dell'opera dei Pupi Napoletani). I capostipiti, Domenico, Filippo, Salvatore, Gennaro, Pasquale. Attivi della metà del 1800 ai primi del 900. I "figli",  Giovanni, figlio di Domenico, aveva il cognome errato un errore all'anagrafe (quando scriveva con la penna inzuppata nel calamaio) gli avevano attribuito una vocale in più, quindi si chiamava Abuonandi e non Buonandi. In famiglia lo sapevano tutti, Giovanni (Zi Giuvanni) continuò l'arte di suo  padre con il teatro viaggiante, si spostava  per le  regioni,  alla fine si stabilì a Taranto, era pupante pittore, scenografo e cartellonista. Maria figlia di Filippo sposò a  Francesco Verbale (costui s'insegnò l'arte dei pupi per amore) un l'oro figlio "Ciro" continuò l'attività dei Genitori. Alberto, Angelo e Salvatore, figli di Gennaro si  stabilirono a Portici (NA) dalla fine del XIX secolo. Il teatro era ubicato al Corso Umberto I a Portici, fino agli anni trenta, ricordo bene quel teatro perché insieme ad un altro ragazzo  portavamo e prendevamo i cartelloni che si scambiavano  tra cugini, tutto  questo si eseguiva con il carico sulle spalle andata e ritorto a  piedi da  Torre del Greco a Portici, due tre volti  alla settimana. Salvatore, Giuseppe, Angela, figli di Salvatore, rimasero a Napoli. Giuseppina, Salvatore, Pasquale, Alfredo figli di Pasquale, già detto come e quanto  vennero a Torre del Greco.