Vincenzo Romano pag. 7 di 10

          
    Pagina autografa di una predica del Beato
                             ai sacerdoti

Il capitolo IX invece raccomanda di svolgere la lezione di catechismo in forma dialogica e suggerisce di premiare i migliori. Ma la più antica confraternita di Torre del Greco era quella dei Bianchi, sotto il titolo di Santa Maria della Misericordia e San Giovanni Battista Decollato, fondata nel 1574 con 1’unica finalità di «prestare al prossimo le opere della misericordia spirituale e temporale». Don Ferrante Bucca d’Aragona, che aveva fatto erigere a Torre 1’ospedale degli Incurabili nel 1586 e una chiesa dedicata a Santa Maria del Popolo, in cui tre sacerdoti assistevano i moribondi, dono alla compagnia una cappella contigua alla chiesa suddetta affinché i fratelli si esercitassero nelle opere di misericordia, specialmente verso gli infermi. 
In seguito i fratelli si dedicarono all’assistenza esterna agli infermi e si adoperarono soprattutto alla difficile opera di confortare i condannati a morte. Ma, avvenuta una lite tra la confraternita dei Bianchi di Torre del Greco e quella di Napoli a causa della stessa denominazione, la confraternita di Torre si separo da quella di Napoli di cui era promanazione diretta e si aggrego a quella di San Giovanni Decollato de’ Fiorentini in Roma, grazie a una speciale Bolla concessa alla compagnia dal papa Paolo V nel 1612, partecipando dei medesimi privilegi e delle prerogative di quella. In memoria di tale aggregazione al primo titolo di Santa Maria della Misericordia fu aggiunto 1’altro di San Giovanni Battista Decollato. 
I primi statuti dell’arciconfraternita furono in parte modificati quando si provvide a rinnovarli, secondo le esigenze dei tempi: le nuove Regole furono approvate prima dalla compagnia e poi dal re con decreto del 19 febbraio 1839. La confraternità fu in auge nel secolo XVIII. Vi appartennero i migliori sacerdoti e i laici più qualificati, non solo di Torre del Greco ma anche di Ercolano e di Napoli. Don Ignazio Sorrentino (1663-1737), sacerdote torrese e famoso vulcanologo, come superiore della Congrega dei Bianchi, compilo una Prattica per confortare i condannati a morte, pubblicata a Napoli nel 1712 e ancora osservata nel 1839. 
L’alta stima in cui la confraternita era tenuta comporto la buona manutenzione che poteva ammirarsi nell’interno fino agli inizi di questo secolo. Qui convenivano gli Eletti di Torre, Ercolano e Portici per la nomina del governatore da presentarsi alla Real Camera. 
Il compito primario della confraternita nel Settecento fu quello di assistere i carcerati e i condannati a morte. Essa ave- va 1’autorizzazione ad assisterli fino all’esecuzione della pena capitale in tutta la provincia di Terra di Lavoro e in qualsiasi altra parte del Regno di Napoli, come risulta dalla santa visita del cardinal Spinelli, che volle arricchire l’arciconfraternita di altri privilegi. 
Al tempo di Vincenzo Romano la confraternita, oltre al compito ordinario di erogare delle somme in favore dei carcerati e dei condannati a morte, assunse l’onere di pagare il riscatto dei corallini caduti nelle mani dei barbareschi. 

Infatti, al tempo della scoperta del banco di Galita (1783), molti furono i pescatori di corallo torresi catturati in schiavitù dai corsari barbareschi. Tale attività era cessata alla morte di Vincenzo Romano e non se ne fa più menzione nelle Regole del 1839, che fisso il numero dei fratelli a non più di cento, di cui sessanta ecclesiastici e quaranta laici, tutti nativi di Torre del Greco e non inferiori a ventun anni. 
Ad essa potevano appartenere ecclesiastici almeno suddiaconi, professori, impiegati e proprietari, insomma tutte persone altamente qualificate. I fratelli venivano ammessi il 23 giugno, vigilia di san Giovanni Battista, dopo i vespri, e il 2 novembre, commemorazione dei defunti, dopo 1’ufficio e la messa di requie. Indossavano un camice con cappuccio di tela bianca e fina, un cingolo bianco di lino o cotone, un cappello bianco che con un laccio veniva attaccato al cingolo nel fianco sinistro, e uno stemma che rappresentava
nella parte superiore santa Maria della Misericordia, nel mezzo la testa di san Giovanni Battista decollato e al di sotto un condannato assistito da due sacerdoti della compagnia. L’arciconfraternita e stata distrutta nel bombardamento del settembre 1943. A Torre del Greco nel secolo XVII, esisteva anche una confraternità francescana nella chiesa di Santa Maria delle Grazie, come risulta da una Cronaca inedita del padre Teofilo Testa da Nola (1631-1695), pubblicata recentemente. 
La congregazione nacque per opera del francescano torrese Damiano d’Ascione che, dopo aver costruito la chiesa della Ma- donna delle Grazie, diede una bella cappella ai marinai e ai pescatori, che la dedicarono all’Immacolata Concezione e vi fecero anche i loro loculi. Caduta la chiesa nell’anno 1650, ma non la cappella che divenne sacrestia, essi furono costretti a prendere un’altra cappella per loro sede, più piccola essendo la nuova chiesa ricostruita più piccola, e la dedicarono sempre all’Immacolata Concezione. 
Ma nel 1676 dovettero cambiar sede e trasferirsi temporaneamente in una cappella di Santa Croce a causa di un frate indegno che li mando via, ma poi si stabilirono definitivamente nella cappella di Santa Maria di Costantinopoli. La confraternita aveva un cappella- no e due inservienti a proprie spese; celebrava diverse festività durante 1’anno, fra le quali quella dell’8 settembre (Natività di Maria), trasferita all’ultima domenica del mese, trovandosi fuori i marinai per la pesca. Disponeva di un Pio Monte detto « dei Marinari », fondato nel 1639 per i loro propri vantaggi: in primo luogo pagare 1’intero riscatto di quanti fossero fatti preda dei « barbari corsari». 
Il Pio Monte era amministrato da sei persone, tre padroni di feluche e tre pescatori. Nel 1668 i confratelli, per incrementare il capitale del Pio Monte, decisero che ciascun aderente al sodalizio desse il quarto del guadagno al detto Monte, offrendo pero altri sussidii (come in caso di matrimonio delle figlie o di malattia), e perché non vi fossero frodi, supplicarono il cardinal Innico Caracciolo di pubblicare un editto per render noto a tutti il memoriale sopraddetto. Il cardinale 1’approvo, comminando pena di scomunica contro quelli che avessero defraudato la cappella del detto guadagno secondo 1’esposto. Nel 1674 il principe di Stigliano dono la cappella di Santa Maria di Costantinopoli, di sua proprietà al Pio Monte dei Marinai, che ebbe qui la sua sede definitiva. Essendo sempre più elevato il numero dei componenti e più forte il cespite d’entrata, il Pio Monte trasformo la cappella in chiesa; essa risulto completata nel 1700, come ancora si legge sull’arco della volta.
    

 
       Urna del Beato nella Basilica di S. Croce