a dirlo, sempre solo in apprensione per la via
gastroenterica, tutt’al più si poteva interessare a delle ricette
culinarie. La scrittura, dalle origini, è stata un macchinismo di pochi
iniziati, che una volta si chiamavano
scribi, indi sacerdoti poi Padri della Chiesa, ed infine
teologi, filosofi ed intellettuali laici. Da sempre, come avviene
persino nella mia piccola bottega di Torre del Greco, tutti coloro non
addetti ai lavori, in pratica la grossa fetta di umanità che si trova,
per così dire, al di là della penna, avverte una sorta di fascino e
soggezione a cospetto di quel mucchietto di lettere dell’alfabeto,
posizionate in milioni di combinazioni, specie se nella
materializzazione di caratteri di piombo. Devo aggiungere, appunto, che
una sensazione singolare di rapimento si avverte solo in tipografia,
rispetto ad altri ambienti connessi all’alfabeto. Nella mia Torre del
Greco, purtroppo, non vi sono tipografie editoriali connesse alla
letteratura. Da noi l’edonismo cosiddetto reeganiano (siamo ai tempi
di Reegan N.d.r.) viene espresso sotto un simbolismo traslitterato in un
pittogramma di araldica suggestione, un carminio frascame, una |
|
branca vermiglia di calcare marino che ha più valore dell’oro. Che pregio può avere la carta stampata a
cospetto di si tanto valore, tangibile ed immediato? Fu proprio un caro
torrese corallaio che un giorno in quell’ironia socratica che lo
contraddistingueva mi disse: «...Ma se la carta è così utile
per gli incarti, perché vi stampate sopra? Che razza di matti,
ciarlatani e perditempo siete voi tipografi!». E già:
Carmina non dant panem. La letteratura non ha mai arricchito
nessuno, (tranne nei casi di superproduzione di un autore), specie in
passato, ai tempi degli
incunaboli, quando le tirature non superavano le duecento copie.
Oggi coi best sellers il
discorso cambia. E dal momento che sotto il mio Campanile non
attecchiscono elucubrazioni e transumanazioni, spesso faccio capolino
presso qualche tipografia editoriale del Capoluogo. Nelle librerie si
ravvisa l’importanza dell’alfabeto, nelle tipografie editoriali la
suggestione, l’incantesimo della copia fresca. L’atto
dell’impressione della prima copia costituisce un vero
orgasmo intellettuale per l’autore del testo ed il
parto professionale per il tipografo.
|