naturalmente, dall’allora Resina, e ambulava pacato
e monacale
puntando frequentemente lo sguardo sulle architetture ora di
Villa Favorita, ora dell’Istitato S. Geltrude, fino al Palazzo Vallelonga del Vavitelli, che egli scandagliava lentamente,
ponendo sulle costole a manca il viluppo di scartoffie nella cartella di
bazzana color porpora. Indi si impancava presso il famoso Caffè Palumbo
a centellinare una bibita, procacciandosi, intanto, il lavoro tra i
passanti. Lo scrivano ha avuto risonanza storica, anche se aneddotica
quando partivano i bastimenti, dove diecine di sensali di carne umana
trasferivano oltre oceano migliaia di italiani. Lo scrivano era il loro
tramite interiore, il loro poeta, colui che coglieva i sentimenti più
vivi e sanguinanti dal cuore delle madri, e forse un po’ vizzi e
annacquati dall’animo delle mogli, trasmigrandoli nelle Americhe,
immortalati sulla carta spesso olezzante, come si suol dire, di misteriose quintessenze. Lo
scrivano adoperava l’alfabeto come un ponte immenso
sull’oceano.
So
di ditirambeggiare i miei personaggi, ma opino che il tipografo
artigiano quello della bottega degli
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impresepiati
centri storici, sia un po’ lo scrivano delle arti grafiche. Una buona
parte del suo lavoro sfrutta l’alfabeto come un macchinismo
pro-socializzazione. Il bottegaio tipografo napoletano, chissà fino a
quando, sviolina i suoi caratteri nel compositoio, concretizzando
sentimenti ed emozioni franche ed inaffettate, ora gaudiose o
gongolanti, ora meste o austere. Forse nella mia provincia, oggi come
mai, tutt’altro che «addormentata», le vampe del sottosuolo igneo
ancora premono lo svisceramento dai precordi. Esuberanza, azione,
fremito eruttano dall’animo come reciticcio, proprio a mo’ di materiale
eruttivo. A questo gaudio spirituale si associa una spiccata tendenza
alla concezione epicurea della vita. Questo spiega il pluralismo di una
catena di piccoli ristoranti dalle falde del Vesuvio, giù giù lungo
tutta la Litoranea, purtroppo devastata dall’urbanistica della mia Torre del Greco, e poi di nuovo su verso le pendici
a sud-ovest del Vulcano, sulle abbarbicate pinete di Boscotrecase e
Boscoreale di prischiano ricordo. Nessun popolo al mondo sublima il
banchetto nuziale come quello
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