soffermeremo via via nel lavoro, il popolo
partenopeo, sin dalle letterature romanze, non ha mai avuto molta
dimestichezza con l’alfabeto. Apprendeva la storia e l’arte
attraverso il teatrino dei pupi, fino alle rappresentazioni popolari
della Commedia dell’Arte e il melodramma. Il popolo vesuviano era in
cuor suo poeta ed artista e non ha mai attinto direttamente dai canoni
della letteratura classica, in primo luogo perché l’analfabetismo, è
inutile reiterarlo, nel meridione era quasi totale, in secondo luogo
perché il benedetto clima non induce a concentrarsi sulle sudate
carte, per dirla col pallido Giacomo che, nel suo soggiorno a Torre
del Greco, preferiva l’ombra alla verzura. Il popolo napoletano, più
d’ogni altro in Italia, specie in passato è quello che più ha
marinato la scuola, forse per l’atavica influenza epicurea delle
origini. Proprio i compaesani hanno fatto orecchi da mercante
alla estetica crociana. Dalla Serao fino al De Crescenzo attuale la
forma non avrà mai priorità sul contenuto. Vedi la canzone napoletana
condannata per retorica. Il potere gerarchico dell’espressione
letteraria si trincera dietro i virtuosismi dei capiscuola o si
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arrende, tutt’al più, agli sperimentatori
avanguardisti, i quali, se hanno fama possono permettersi anche ciò che,
fatto da un povero cristo, sarebbe quanto meno oggetto di dileggio. Senza
generalizzare, naturalmente, e con tutto il rispetto per i milioni di
grandi autori della letteratura. Dice bene il proverbio: Fatti buon
nome e piscia a letto, diranno che hai sudato? L’espressione
adottrinaria sincera, ma colorita, semplicistica, ma palpitante, è,
secondo la letteratura bene, solo zavorra da dopolavoro rionale. Come
esistono le classi gerarchiche inferiori cosi si classifica una
letteratura non già minore, ma da scandalo. Ma il mio popolo non si lascia
condizionare dall’intellighentzia, con buona pace di Croce e De
Sanctis, e continua con i premi letterari aziendali o ad alimentare un
mercato discografico dove il testo e la musica attingono da moduli frusti
e rancidi, ma immortali per chi, per una ragione o per l’altra, non
diventa dottrinario e la cui sfera sensitiva risente solo dei canoni
impartiti dall’educazione domestica o quella della strada che, in alcuni
casi, è l’anticamera della casa, fucina, talvolta, di candidati all’eslege.
Sta ’ncopp’ ’a ’na mala strada, oppure:
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