|
||||||
Cap. 4 - Pag. 132 |
Cap. 4 - Pag.133 | |||||
mattinata guadagnò l’uscio. Mi balenò l’ipotesi di una settimana supercorta, ma l’uomo dissipò subito le mie congetture. «Caro Mari, tu sei giovane, certe cose le puoi e non le puoi capire. Ciccillo non lavora qui... Insomma... lavora e non lavora... Oggi l’apprendista prende la paga di un operaio, tanto vale metto a lavorare mio genero che si puzza dalla santa fame. Il ragazzo... sì Ciccillo, viene qui tre o quattro volte la settimana, giusto un’oretta. A me la nostalgia mi uccide, figlio mio: rimpiango i miei bei tempi, malgrado le due guerre e gli anni ruggenti... Ero un piccolo signore, mi mangerei le mani a morsi. Mannaggia a Garibaldi e gli americani, mannaggia! ...Ciccillo sta qui giusto il tempo per potergli fare una cazziata, che so: una tirata d’orecchi, qualche volta pure un calcio nel sedere, senza cattiveria, però, in buona fede. Alla fine prende diecimila lire e se ne va. Così restiamo soddisfatti tutti e due. La mattina, fuori la bottega, faccio folla folla di scugnizzi. E chi mi chiede tremila lire per uno schiaffo, chi quattromila lire per una carocchia. |
Uno ieri mattina mi ha chiesto centomila lire per una
mazziata generale, dicette: vi concedo pure la lavarella
di sangue. Io, prima che mi arrestano per sadicità
prendo la mazza di scopa e li caccio, così
abbuscano lo stesso, ma senza una lira». |